Renzi, il nuovo Bettino (più feroce)
Per il sondaggista Roberto Weber il decisionismo di Renzi ricorda Craxi. Con una differenza: il cinismo della generazione 2.0.
Roberto Weber è uno dei più quotati sondaggisti italiani. Per molti anni dirigente della Swg di Trieste, ora ha un istituto tutto suo, l’Ixè.
Giampaolo Pansa si chiede: ma che uomo è Matteo Renzi? Vuole rispondere?
È un uomo di questa stagione. E francamente non so dire se è proprio un bene.
Può definire l’«uomo di questa stagione»?
È uno che prende di petto le questioni, e anche con una buona dose di coraggio e sicurezza di sé. Promette discontinuità, cosa che molti italiani vorrebbero. E alla capacità di rottura, unisce quella del linguaggio: sa inverare il messaggio in una battuta.
«Li asfaltiamo», o «li rottamiamo»...
Esatto. Gli rimproverano di essere un democristiano. Ma non è vero. Semmai, è un craxiano. Non c’è mai stato un altro Bettino Craxi prima di Matteo Renzi.
Però non sa se è un bene, diceva. Perché?
Perché questo, che all’apparenza sembra un punto di forza, potrebbe essere proprio il suo punto debole. Non è vincolato in alcun modo al passato. Riproduce modelli e format decisionistici che sono quelli del «basta, si va». Ma dove? O del «basta, si fa». Ma che cosa?
Qualcosa che proprio non le piace di Renzi?
Non «si farà» senza partiti, perché i partiti sopravvivono ai leader.
Vuol dire che continua a sottovalutare l’importanza del partito?
Non la sottovaluta, ma costringe il partito alla congiuntura attuale, piegandolo al suo messaggio. Personaggi così alla fine lasciano il deserto alle proprie spalle. E poi ho un timore: la mancanza del fattore umano.
Fattore umano?
Sì, quella fragilità, quell’insicurezza che la gente comune ha per la situazione di profondo disagio in cui vive e che tende a proiettare nella figura del leader. Renzi ha rapidità, forza e intelligenza. Ma gli manca questa umanità che deriva dai problemi di tutti i giorni.
Perché, secondo lei?
Perché, come dicevo prima, è della generazione di questo tempo. Una generazione emersa attraverso meccanismi selettivi tra i più feroci. L’unica cosa che conta è la battaglia, quindi l’annientamento dell’altro.