Costa Concordia: le bugie di Schettino vengono a galla
ANSA /Angelo Carconi
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Costa Concordia: le bugie di Schettino vengono a galla

Oggi, davanti al giudice i periti hanno smentito alcune delle dichiarazioni dell'ex comandante - le foto del recupero della Concordia

E' in aula. Il comandante Francesco Schettino non manca neppure questa udienza, la prima dopo la pausa estiva. Il processo sul naufragio della Costa Concordia è ripreso e il capitano di Meta di Sorrento è puntualmente al fianco dei suoi avvocati. E' sereno, almeno così appare, ma non ha voluto rilasciare nessuna dichiarazione. Le uniche parole sono state quelle pronunciate davanti al giudice per difendersi e addossare la colpa del naufragio al timoniere indonesiano.
Secondo Schettino sarebbe tutta colpa del timoniere.

"Nel momento in cui ho chiesto al timoniere di mettere i timoni a sinistra, l'errore e' stato di non farlo, in quel momento la nave aveva un'accelerazione a destra - ha puntualizzato Schettino - se non ci fosse stato l'errore del timoniere, di non posizionare i timoni a sinistra, ovvero l'errore di scontrarsi, cioè di evitare la derapata, non ci sarebbe stato quello schiaffo".

 “Schiaffo” E' così che l'ex comandante della Concordia, quando ha preso la parola durante il dibattimento tra i periti i pm e gli avvocati,  ha definito l'impatto con gli scogli de Le Scole, davanti al Giglio. E che ha procurato allo scafo della nave uno squarcio di oltre 70 metri.

Poi ha continuato: ''Con l'effetto del timone a sinistra volevo far ridurre la velocità angolare della poppa, favorendo l'avanzo (della nave, ndr) rispetto alla rotazione. Ma il timoniere non esegui' correttamente l'ordine, mise il timone al contrario e urtammo”.

Il capitano che la notte del 13 gennaio 2012 si arrese immediatamente davanti all'inclinazione lenta ma inesorabile della “sua” nave, così ha definito più volte lui stesso la Concordia, oggi, davanti ai giudici, seduto comodamente sugli scranni del Teatro Moderno, non ha accennato alla resa. O meglio ad 'abbandonare' la nave della sua difesa.  

“Volevo ridurre la velocità angolare della poppa della Costa Concordia rispetto alla rotazione, ottenendo quindi una contro-rotazione, forse con un impatto più verso prua, certo con meno rotazione a destra. Addirittura se la nave si fosse fermata passava via liscia. Ma la manovra errata non lo permise''.
Una difesa tenace che sembra quasi aver dimenticato che non è stato il timoniere a decidere di avvicinarsi all'isola del Giglio, che non è stato il timoniere a volere l'inchino.

E il comandante ribadisce davanti al giudice: “Mettere il timone a sinistra  significava mettere velocità angolare della prua quindi l'avanzo sarebbe stato privilegiato rispetto al moto rotatorio''. Il moto rotatorio al quale fa riferimento il comandante napoletano è quello  verso destra, che la faceva scodare di poppa verso la prua.

Schettino, in sostanza,  ha voluto spiegare che tentò di allineare la nave agli scogli, cercando di rimetterla in parallelo, comunque attenuando il più possibile l'angolo di impatto che si stava delineando di li' a poco. Ma l'errore al timone, secondo l'ex comandante, vanifico' questo tentativo.

Ma i periti, oggi in sede dibattimentale hanno spiegato che l'impatto ci sarebbe stato lo stesso.
Ma quella notte il generatore d'emergenza della Costa Concordia non funzionò. Una avaria che, secondo gli esperti, non ha avuto influenza alcuna sull'evento. I timoni rimasero sempre a 35 gradi e la nave era comunque ingovernabile: non erano possibili manovre alternative.

Ma adesso, udienza dopo udienza, sembrano svelarsi anche nuove ed inquietanti bugie, o false verità, pronunciate quella terribile notte dal comandante Schettino. Dopo l'impatto contro gli scogli dall'esame del Vdr, ovvero della scatola nera, non risulta che siano stati dati ordini per correggere i timoni, che sono sempre stati virati a dritta con l'angolo massimo, appunto, di 35 gradi.

Ma Schettino non ha sempre sostenuto di aver compiuto una manovra da manuale per avvicinare la nave al porto?

Ed ecco che cosa hanno detto i periti: “I timoni erano ingovernabili e non ci furono manovre alternative". Dunque, quest'oggi, i periti lo hanno smentito smascherando un'altra delle innumerevoli bugie pronunciate dal comandante.

Ma è di questa mattina un'altra importante novità: la Procura generale di Firenze ha impugnato i cinque patteggiamenti di altrettanti ex imputati di Francesco Schettino per il naufragio della Costa Concordia: gli ufficiali di bordo Ciro Ambrosio e Silvia Coronica, il timoniere Jacob Rusli Bin, Roberto Ferrarini, capo dell'unita' di crisi di Costa, e Manrico Giampedroni, direttore dell'hotel di bordo. I cinque avevano patteggiato pene fino a due anni e 10 mesi. La pena più elevata è stata quella del manager di Costa Crociere.

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Nadia Francalacci