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Caso Pedofilia, la "passione" di Papa Francesco

Quella sulla "pedofilia" nella Chiesa (anche in Italia) è il caso più scottante della storia del Vaticano

Un cardinalearrestato in Australia con l’accusa di aver molestato un giovane. Un altro ridotto allo stato laicale a Washington per lo stesso motivo. Un terzo costretto a lasciare all’improvviso la più importante diocesi americana perché si ritiene sapesse delle molestie, ma non le avesse mai denunciate. Un arcivescovo, quello di Milano, sfiorato in un’aula di tribunale dal sospetto di aver coperto un predatore sessuale in tonaca. Il capo della conferenza episcopale scozzese privato delle prerogative della porpora per comportamenti «inappropriati» nei confronti di giovani seminaristi. E poi ben otto vescovi cileni rimossi all’improvviso per aver insabbiato violenze e molestie. Un terremoto.

Mai nella Chiesa si era assistito a nulla di simile. Nemmeno quando, nei primi anni Ottanta, scoppiò lo scandalo del Banco Ambrosiano e il Vaticano fu travolto dalle indagini per le operazioni spregiudicate di monsignor Paul Marcinkus. Al capo dello Ior, banca vaticana che operava come se fosse una società speculativa con base in un paradiso fiscale, furono risparmiate non solo le manette (nonostante la Procura di Milano ne avesse richiesto l’arresto), ma anche di dover rispondere alle domande della giustizia italiana. Con il tempo fu privato del ruolo di amministratore dei soldi della Santa sede e rimandato a Chicago, da cui proveniva, ma senza l’onta di essere ridotto allo stato laicale. Così finì le sue giornate giocando a golf.

Questa volta no, le cose sono diverse. L’arcivescovo George Gänswein, prefetto della Casa pontificia e soprattutto a lungo assistente di Benedetto XVI, ha parlato di «11 settembre della Chiesa», ricordando l’attentato alle Torri Gemelle che nel 2001 sconvolse l’America e il mondo. Il paragone all’inizio sembrò azzardato, ma man mano che passano le settimane e avanzano le inchieste, la citazione appare tutt’altro che forzata.

Negli Stati Uniti, dove risiede una delle più importanti comunità cattoliche, le indagini si moltiplicano. Dopo quella condotta in Pennsylvania, ora è il turno del Nebraska. Sul banco degli imputati centinaia di sacerdoti e insieme a loro i capi delle diocesi, spesso accusati non di essere loro stessi pedofili, ma di aver coperto gli abusi. Sarà per via del successo di un film che due anni fa vinse il premio Oscar sollevando il caso delle violenze sui minori nella diocesi di Boston (Il caso Spotlight), sarà perché gli uffici legali americani, quando fiutano l’odore dei soldi, si buttano sulla preda come pescicani, sta di fatto che la Chiesa statunitense, pur essendo una delle più ricche del mondo, ora rischia la bancarotta per via delle cause intentate dalle vittime degli abusi. Qualcuno ha calcolato che presto potrebbe essere chiamata a sborsare 3 miliardi di dollari e gli avvocati potrebbero non limitarsi a battere cassa negli Usa, ma rivolgersi direttamente in Vaticano. Del resto, che l’11 settembre della Chiesa non possa essere confinato in America, Australia, Cile e Irlanda, lo si è capito quando il Papa ha convocato la conferenza di tutti gli episcopati, dando la parola alle vittime.

Il pontefice è stato costretto a rimuovere in tutta fretta anche alcuni componenti del cosiddetto C9, una specie di governo della Chiesa: una decisione arrivata appena in tempo, prima che il cardinal George Pell, il ministro delle Finanze vaticane, cioè il numero tre della gerarchia cattolica, finisse agli arresti in Australia. Si poteva evitare tutto ciò? Forse sì. Quando nell’agosto dello scorso anno l’ex nunzio negli Stati Uniti, monsignor Carlo Maria Viganò, rese noto un dossier in cui si accusavano cardinali e vescovi di aver coperto gli abusi e si puntava l’indice addirittura su Bergoglio, forse si doveva comprendere che qualche cosa di grave stava per accadere. Un arcivescovo che arriva ad accusare il Papa non si era mai visto dai tempi degli scismi. Certo, questa è la più grave crisi che si registri all’interno delle mura vaticane, per lo meno nell’ultimo secolo.

Qualcuno la chiama già la Passione di Francesco, una via crucis a cui ogni giorno si aggiunge una nuova stazione. Di sicuro lo scandalo è destinato a segnare l’intero pontificato di Bergoglio, che cominciato sotto il segno di una Chiesa più vicina alla gente rischia di concludersi con una Chiesa da cui la gente fugge. È dei giorni scorsi la notizia della cattedrale di Utrecht, in Olanda, messa in vendita per un euro: i fedeli non ci sono più e il vescovo non ha soldi per mantenerla. Dicono che sia l’effetto della secolarizzazione. Ma forse anche l’11 settembre di cui parlava padre Gäenswein c’entra qualcosa.

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Maurizio Belpietro