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Plusvalenze Juventus: 6 domande dopo le motivazioni

La lettura del documento della Corte d'Appello Figc lascia aperti alcuni temi ineludibili per evitare un cortocircuito in cui si punisce solo un club (duramente) creando precedenti pericolosi - JUVENTUS, ECCO LE MOTIVAZIONI DELLA CONDANNA [DOCUMENTO]

La lettura delle motivazioni con cui i giudici della Corte Federale d’Appello hanno spiegato il percorso logico che ha condotto alla maxi penalizzazione per la Juventus (-15 punti immediatamente esecutivi) e a pesanti inibizioni per dirigenti ed ex dirigenti del club bianconero – salvando invece tutti gli altri con la formula dell’assoluzione – chiarisce al di fuori di ogni dubbio l’impostazione della Corte. Sono state accolte in toto le argomentazioni della Procura federale guidata da Giuseppe Chiné che, a sua volta, aveva recepito in pieno l’impostazione accusatoria della Procura di Torino ben dettagliata nelle 550 pagine della richiesta di misure cautelari presentate al Gip dai magistrati della Procura di Torino e (vale la pena ricordare) in larga parte considerate non sufficienti per determinarne l’accoglimento.

Non ci sono grandi sorprese perché l’impostazione che ha portato alla penalizzazione era stata in buona parte compresa nell’analisi del dispositivo. Era, però, fondamentale poter leggere nelle motivazioni il percorso argomentativo su cui si baserà anche il ricorso della Juventus davanti al Collegio di Garanzia del Coni, ultimo grado della giustizia sportiva prima di tentare la strada del Tar del Lazio ed eventualmente del Consiglio di Stato.

L’analisi delle 36 pagine firmate dal presidente Mario Luigi Torsello e dagli altri sei componenti la Corte Federale d’Appello, al di là delle questioni di legittimità su cui si giocherà buona parte del confronto al Coni, lasciano aperte almeno 6 domande centrali e ineludibili, soprattutto in considerazione di quanto accadrà nei prossimi mesi con gli altri filoni che derivano dalle stesse carte torinesi e che riguardano anche altre società e non solo la Juventus, anche se in larghissima parte saranno ancora un profluvio di intercettazioni, mail e pizzini riferiti ai vertici societari della Continassa. Ecco le riflessioni:

1 – La Corte ha chiarito che la differenza fondamentale tra la Juventus e gli altri club coinvolti, per i quali non è stata ipotizzata la falsificazione dei bilanci, risiede nei diversi principi contabili con cui i conti economici andavano redatti. Nel caso della Juventus, quotata in Borsa, si tratta di parametri internazionali molto più stringenti in materia di registrazione delle plusvalenze. Il caso della trattativa con il Marsiglia nello scambio Aké/Tongya è stato preso come paradigmatico della necessità dei bianconeri di evitare in ogni modo che apparisse evidente una compensazione (o permuta) mentre per i francesi non c’era questa urgenza.

Trattasi di materia contabile estremamente tecnica che sarà il cuore del dibattimento ordinario, tra perizie e controperizie contabili. Come è possibile che una corte sportiva possa aver liquidato tutto recependo unicamente la prima ricostruzione di una Procura, non ancora passata nemmeno al vaglio di un giudice per le udienze preliminari, sposando interamente una parte (quella accusatoria) senza sentire l’esigenza di un approfondimento anche partendo dalle evidenze contenute negli atti trasmessi da Torino a Roma?

2 – La Corte ha messo nero su bianco che gli altri club coinvolti in questo filone non sono stati ritenuti responsabili di illecito perché le operazioni indicate, seppure “sospette” non sono state provate (per le controparti dei bianconeri) e perché non può esserci sistematicità da contestare se si tratta di una singola operazione. La domanda è: dunque si afferma il principio di una sorta di “quantitativo minimo” di plusvalenze sospette all’interno del quale la giustizia sportiva non interviene? E se sì, di quale si tratta? Come viene determinato? Per valori assoluti o in relazione al fatturato di una società? E sulla base di quale norma federale, asserito che continua a non esistere come gli stesi giudici (ri)sottolineano?

3 – Dunque per la terza volta in un anno è stato sancito che le plusvalenze fittizie non sono perseguibili dal punto di vista della giustizia sportiva? E in questo caso, a che titolo saranno richiesti e istruiti i prossimi processi?

4 – Legato a questo ragionamento, c’è un’altra domanda che emerge: la Corte scrive che “non è noto se tutte le controparti della Juventus FC abbiano o meno registrato anch’esse una plusvalenza da scambio del loro giocatore ceduto o quale sia stato il trattamento contabile seguito”. In che senso? Pur nei propri limiti, la magistratura inquirente sportiva (che non può intercettare, sequestrare o disporre attività al pari di quella delle procure della Repubblica) avrebbe potuto tranquillamente cercare e trovare queste risposte semplicemente consultando i bilanci delle cosiddette controparti che sono pubblici e facilmente reperibili. In base a quale principio è stata accettato il mancato approfondimento su una acclarata “notizia di reato” sportiva, visto che la stessa Corte conferma il sospetto su tali operazioni? E come saranno trattati gli altri scambi, quelli che presumibilmente innerveranno il filone bis sulle plusvalenze? Sempre e solo facendo copia e incolla delle carte dell’inchiesta Prisma o provando, dovendosi ragionare di lealtà e slealtà, ad accendere un faro probatorio anche sugli altri?

5 – La Corte ha spiegato, utilizzando la sponda della Cassazione, che “la revocazione travolge completamente i capi della sentenza revocata”. Tradotto significa che è giustificata la scelta di procedere anche oltre i motivi di deferimento iniziali estendendo alla Juventus società l’ormai celebre articolo 4 che è il cappello sotto cui si perseguono tutti i comportamenti considerati sleali. Accettando questo passaggio e che, dunque, dalla revocazione nasca un nuovo processo interamente o parzialmente differente rispetto a quello la cui sentenza è stata revocata, come è possibile sostenere che sia stato rispettato il diritto dell’imputato di difendersi. La stessa ricostruzione dell’udienza del 20 gennaio che si trova nelle motivazioni, nonché la durata estremamente breve (7 ore) dimostrano che si è trattato sostanzialmente di un confronto senza contraddittorio sulla nuova impostazione accusatoria data dalla Procura federale. E senza la percezione che ci sia stato un giusto processo, come è credibile che ci sia accettazione di un verdetto così pesante e impattante sulla sopravvivenza stessa di una società e azienda?

6 – A pagina 31 delle motivazioni la Corte Figc scrive: “I bilanci della FC Juventus Spa (cui Consob si riferisce) semplicemente non sono attendibili”. Affermazione forte e definitiva nella sua nettezza. Ci si augura, per i giudici stessi, supportata in futuro anche dall’evidenza del processo penale. Ma considerato che tutto l’impianto che ha portato alla penalizzazione poggia su un sistema creato per eludere slealmente le norme, complessivamente utilizzato per alterare i bilanci e attraverso questi la competizione sportiva anche senza andando oltre l’onere di dover dimostrare la violazione di una singola norma, quante volte la Juventus potrà essere processata con lo stesso capo di imputazione? E basandosi su carte che fanno parte di un’inchiesta unica e che, per questioni di scadenze di termini, la giustizia sportiva sta spezzettando in più filoni? Se nel prossimo fascicolo Chiné segnalerà altre operazioni ‘sospette’ con altri club, come potrà evocare la violazione dell’articolo 4 sulla slealtà senza che non si possa discutere su una sorte di continuazione per cui la Juventus ha già pagato il conto del suo sistema e non può essere nuovamente chiamata sul banco degli imputati con lo stesso impianto accusatorio?

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Giovanni Capuano