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Calcio

Il Monza che sogna con Berlusconi

La storica promozione in Serie A, un mercato senza badare a spese e l'obiettivo Europa. Non dichiarato, ma reale per l'unico club che ha alle spalle una proprietà come ai vecchi tempi

Dalla notte della festa per la storica promozione in Serie A ha già cambiato più di mezza squadra, mettendo insieme un gruppo di talenti italiani interessanti, quasi da mezza classifica se non qualcosa più in alto: Sensi, Cragno, Marlon, Birindelli, Carboni, l'esperto Ranocchia e il nuovo capitano Pessina. E il meglio deve ancora venire, perché sul taccuino dell'infaticabile Adriano Galliani ci sono nomi che sposterebbero il livello tecnico del Monza e che fanno sognare a occhi aperti tifosi che si stanno abituando proprio ora all'orizzonte del massimo campionato.

Benvenuti nella Brianza felice, che punta a prendersi il posto di rivelazione della prossima Serie A e a strappare all'Atalanta lo scettro della provincia che vince o che, almeno, ci prova. E' il piano di Silvio Berlusconi, che nei quattro anni da proprietario del Monza - preso dalla Serie C e rilanciato dove non era mai stato - ha riversato la passione e il denaro di sempre. Fin qui l'avventura gli è costata più di 100 milioni di euro, tra mercati faraonici per la categoria, incassi ridotti all'osso non solo per colpa del Covid e passivi di bilancio ripianati da Fininvest senza fiatare. O quasi.

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Una cavalcata entusiasmante in campo, meno per chi deve cercare di tenere in equilibrio conti che non tornano e che sono destinati a non tornare nemmeno in futuro perché lo sbarco in Serie A significa più ricavi (il Monza per il solo fatto di essere iscritto prenderà 25-30 milioni di diritti tv), ma allo stesso tempo obbliga a budget nemmeno paragonabili a quelli della Serie B. Nulla che sia non noto a Berlusconi, Fininvest e Galliani che non a caso ha fatto sapere di non voler badare troppo al sottile paragonando il Monza a una startup.

“Se avessimo tenuto da conto il tema della sostenibilità saremmo ancora a lottare in serie B. Oppure se ci fossimo basati sul fatturato dello scorso anno da 15 milioni ne avremmo spesi una decina e saremmo andati giù dalla Serie A come un sasso - ha detto -. Se fatturassimo un miliardo andrebbe bene, potremmo spendere 800 milioni e autosostenerci. Io credo che un periodo di startup sia necessario, altrimenti vincono sempre gli stessi”. Una specie di sentenza e anche la bussole per orientarsi nell'estate brianzola.

A Berlusconi un campionato di sofferenza per provare a salvarsi all'ultimo minuto non interessa. Sta facendo del Monza un piccolo MIlan, ricordando il fragore dei colpi con cui si presentò all'Arena di Milano nell'estate del 1986. E' una questione di approccio e di disponibilità personali, visto che il calcio di provincia ha comunque costi nettamente inferiori a quelli sostenuti nell'ultima parte della sua avventura alla guida del Milan, prima di arrendersi all'evidenza di non poter competere con le multinazionali europee spesso sostenute da interi stati.

In un certo senso il Monza sogna - può farlo legittimamente visti i movimenti - di diventare in fretta la nuova Atalanta perché è rimasta l'unica società del calcio italiano di vertice ad avere una proprietà vecchio stile, appassionata e senza problemi di denaro, non obbligata a ragionare come i fondi o ad avere a che fare con le limitazioni Uefa. Quelle, semmai, arriveranno in seguito. Belusconi è un unicum nel panorama del campionato, così come lo fu negli anni Ottanta prendendo il Milan e cancellando in pochi mesi anni di alleanze ed equilibri che dominavano i vertici del pallone.

Una sfida a tempo, nel senso che per riuscire il blitz dovrà essere rapido e non indolore. Galliani ha recepito l'input e lavora: Suarez (non smentito), Icardi, magari Dybala, oppure Pinamonti o Petagna e chissà chi altro ancora. L'estate è ancora lunga e certamente sarà irripetibile in questa fetta di provincia felice che ha la sfortuna di trovarsi a 13 chilometri da Inter e Milan, poco più 150 dalla Torino bianconera (e soli 43 dalla Bergamo atalantina) ma non per questo ha smesso di progettarsi in grande.

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Giovanni Capuano