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ANSA/DANIEL DAL ZENNARO
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Calcio, quanto ci costa la sicurezza negli stadi

Dati ufficiali non ce ne sono ma abbiamo provato a fare il calcolo di quanto ci costa la sicurezza dentro e fuori gli stadi

"Maledetti sbirri di merda, pagherete tutto. Solo odio contro di voi, venite a prendermi, paura zero". Il tifoso bergamasco affida il suo messaggio al web dopo gli scontri tra polizia e ultras della Atalanta, avvenuti a Firenze mercoledì 27 febbraio. A causa sua, e di persone come lui, i contribuenti italiani pagano ogni anno oltre 20 milioni di euro. Tanto è stato speso per la sicurezza nello scorso campionato di calcio e circa altrettanto si spenderà per quello in corso. Sono stime in ampio difetto, calcolate da Panorama partendo dagli scarsi dati ufficiali disponibili.

Secondo l’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive del Dipartimento della pubblica sicurezza, nella stagione calcistica 2017/2018 per garantire l’ordine pubblico durante lo svolgimento delle gare di serie A, serie B e Lega pro sono stati impiegati 85.388 tra poliziotti, carabinieri e finanzieri. E l’Osservatorio non computa le partite di coppa, per le quali occorrono altre migliaia di agenti. Un esercito. Che se fosse impegnato in compiti istituzionali, invece che nel controllo delle tifoserie, basterebbe probabilmente a spazzare via ogni organizzazione criminale.

Le cifre. Il numero medio di agenti per una partita di serie A è di 211 unità, ma spesso sono molti di più. Leggendo l’ordine di servizio della questura di Firenze proprio per la partita di Coppa Italia Fiorentina-Atalanta del 27 febbraio scorso, quando cinque agenti sono finiti in ospedale e un funzionario di polizia ha riportato un naso fratturato e sei punti di sutura a un labbro, si scopre che gli uomini «comandati» erano 348.

Per fare un paragone, nello stesso giorno, poliziotti e carabinieri impiegati nel normale servizio di volante, pattugliamento e controlli antiterrorismo al celebre piazzale degli Uffizi o al Duomo e per il Progetto sicurezza, erano appena 40, distribuiti sulle 24 ore; meno di un settimo di quelli che sorvegliavano i tifosi, con buona pace dei cittadini che chiedono più controlli contro furti, spaccio e rapine.

Chi lavora la domenica, inoltre, deve recuperare il riposo e quindi sarà assente per un giorno dal normale servizio. Ma non basta. Un esponente delle forze dell’ordine impegnato in questo tipo di eventi sportivi - per legge deve avere almeno dieci anni di anzianità - costa allo Stato, per la giornata, 90 euro lordi di stipendio. Alla fine del campionato, coppe escluse, quei circa 85 mila uomini di cui si diceva, soltanto come voce «stadio» nello stipendio, costano all’erario 7.684.920 euro.

Ci sono da aggiungere molte altre indennità e spese. Quella di «ordine pubblico»: di media 15 euro al giorno, per un totale di 1.280.820; lo straordinario, pagato circa 13 euro: per tre ore di media ciascuno fa 3.073.968.

C’è quindi il vitto consumato prima o dopo il servizio, che va dai 7 euro di buono pasto ai cosiddetti generi di conforto: un totale di 725.798 solo per pastasciutta e crostatine. Se la partita si gioca di domenica va anche calcolato il «festivo», pagato 12 euro ad agente. Per i poliziotti dei reparti mobili poi, è previsto un rimborso forfettario di 610 euro annui. E se si stima che, approssimativamente, l’80 per cento del loro impiego è destinato allo stadio, ci vogliono altri 2.440.000 euro solo per le partite di pallone. Impossibile quantificare il costo degli alberghi dove il personale deve spesso dormire.

Per gli incontri di sabato 2 e domenica 3 marzo il reparto mobile Padova, per esempio, ha inviato 50 agenti prima a Milano e poi a Bergamo. Questi hanno dormito in hotel «tre stelle» al prezzo di circa 50 euro a camera tripla. E i veicoli? Ogni partita di calcio mette in moto un carosello di auto, camionette, furgoni. Mezzi speciali, dotati di griglie metalliche a protezione dei finestrini e del parabrezza, pneumatici antiscoppio e antiforatura, e poi telecamera posteriore, sirene, lampeggianti, coprifari… Consip, la Centrale di acquisti per la pubblica amministrazione, ha appena concluso un bando di gara milionario per il Dipartimento della pubblica sicurezza per l’acquisto di questi veicoli. La stima inserita nel bando è di 182 automezzi, ognuno al prezzo, scontato, di 100 mila euro. E il carburante? Non esistono valutazioni al riguardo. Si possono poi quantificare altre spese fino ai 20 milioni indicati: non lo facciamo qui per ragioni di spazio.

Nonostante questo spiegamento di forze e capitali, non di rado le partite sono teatro di scontri con poliziotti e carabinieri feriti o omicidi, come quello di Daniele Belardinelli, ultras interista ucciso durante un agguato - che il tribunale di Milano ha definito «preparato militarmente» - contro i rivali del Napoli che stavano affluendo a San Siro, il 26 dicembre scorso.

Fin qui quello che costano le partite di calcio al Viminale e a noi cittadini. Vediamo quanto le stesse partite fruttano ai proprietari delle società calcistiche. Solo per la serie A, nella stagione calcistica 2016-2017, i ricavi operativi da ingresso allo stadio ammontano a 227 milioni e 900 mila euro, di cui 122 milioni per gli abbonamenti, che sono quelli che acquistano soprattutto i tifosi delle curve, ultras compresi. Solo una piccola fetta - pari all’8 per cento - degli incassi totali, che arrivano per lo più dai ricavi per i diritti televisivi (38 per cento), dalle plusvalenze dei giocatori (22 per cento) e dagli sponsor (16 per cento).

Lo stadio quindi non è la prima fonte di introiti per i club, da sempre recalcitranti all’ipotesi di partecipare ai costi per l’ordine pubblico, ritenendosi assolti da ogni obbligo per aver già previsto gli steward agli ingressi e sugli spalti e per il fatto di versare tasse milionarie. Eppure ciò che avviene fuori non sembra riguardare le società, nonostante le pattuglie impiegate a scortare i tifosi da una città all’altra, le volanti lungo i percorsi di accesso alla partita, la Polfer che vigila su stazioni e convogli, fino ai reparti mobili e ai battaglioni. Per non parlare delle Digos, che in ogni citta hanno una sezione dedicata proprio al tifo calcistico.

In Inghilterra, invece, le società contribuiscono in percentuale (sempre troppo bassa secondo le forze dell’ordine locali) ai costi per la sicurezza pubblica anche dentro e fuori dallo stadio. I nostri sindacati di polizia protestano: «Poliziotti, carabinieri, finanzieri, vigili urbani vengono distolti dai compiti istituzionali di prevenzione dei reati per i quali gli italiani pagano le tasse» afferma Mauro Marruganti, segretario generale toscano di Fsp, già Ugl Polizia di Stato. «La soluzione giusta è quella adottata in Inghilterra, dove le milionarie società calcistiche partecipano alle spese. Non si capisce perché chi non è un tifoso o non assiste alle partite debba pagare le tasse per l’ordine pubblico e subire una minore tutela della propria sicurezza, poiché tante risorse sono destinate agli stadi». Marruganti rileva anche che, a fronte di tali spese, agli agenti sia economicamente riconosciuto ben poco, pur rischiando la vita. Gli fa eco Riccardo Ficozzi, segretario generale Siulp Firenze: «Le cifre spese dimostrano che l’ordine pubblico per il calcio sia una priorità per lo Stato. Allora, che vengano almeno introdotte regole più ferree per limitare i rischi per gli agenti e la cittadinanza, e regole di ingaggio più chiare. Oggi, infatti, un poliziotto “comandato di ordine pubblico” rischia prima le botte e poi un processo».

Finora la politica non è riuscita a dare risposta a quello che resta un problema esclusivo tra il ministero degli Interni e i club. Eppure sono tutti i contribuenti italiani a farsi carico dei costi di una sicurezza che riguarda comunque un numero limitato di tifosi, nel silenzio delle società di calcio. Sarà sempre così, è lecito chiedersi? n

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Giorgio Sturlese Tosi

Giornalista. Fiorentino trapiantato a Milano, studi in Giurisprudenza, ex  poliziotto, ex pugile dilettante. Ho collaborato con varie testate (Panorama,  Mediaset, L'Espresso, QN) e scritto due libri per la Rizzoli ("Una vita da  infiltrato" e "In difesa della giustizia", con Piero Luigi Vigna). Nel 2006 mi  hanno assegnato il Premio cronista dell'anno.

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