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Brexit: ora per Johnson la strada si fa in salita

Promettendo di «fare davvero la Brexit», Johnson ha stravinto, provocando un terremoto. Ma ora deve gestire la ricostruzione. E iniziano i problemi.

«Realizzerò la Brexit entro gennaio, senza se, senza ma e senza forse». Reduce dal trionfo elettorale, il 13 dicembre il premier Boris Johnson ha annunciato che la tanto attesa fuoriuscita dall'Unione europea avverrà il 31 gennaio 2020.

«La più grande vittoria dei Conservatori dai tempi di Margaret Thatcher» ha scritto The Economist. «Il Labour, che ha perso seggi nel Nord, nelle Midlands e in Galles, in posti che hanno sostenuto la Brexit nel 2016, sta fronteggiando la peggiore disfatta dal 1935» ha rincarato la Bbc.

«Il voto del 12 dicembre segna un profondo riallineamento nelle politica britannica» ha commentato lapidario il settimanale economico. Riallineamento che avverrà nei partiti di opposizione, ma anche in quello di governo. Non a caso, il premier Boris Johnson ha detto al suo staff: «Abbiamo provocato un terremoto e cambiato la mappa politica del Paese, dobbiamo cambiare il partito per essere all'altezza».

Ma, al di là dello scardinamento di equilibri politici decennali, quali saranno gli effetti del terremoto provocato da Boris Johnson? «Le elezioni britanniche più importanti degli ultimi decenni» si legge sul sito della Televisione svizzera, «consegnano a Johnson una larghissima maggioranza assoluta a Westminster, le chiavi di Downing Street per i prossimi cinque anni e il lasciapassare per una Brexit che a tre anni e mezzo dal referendum del 2016 diventa irreversibile».

Già, la Brexit. «La corsa per “Fare davvero la Brexit” (dallo slogan del partito conservatore “Get Brexit done”, ndr) è già cominciata» scrive The Guardian. Prima di entrare nei dettagli è bene mettere in chiaro che fino al 31 dicembre 2021 lo status quo non cambierà. Per ancora un anno, non ci saranno cioè novità per il movimento di persone, merci e servizi tra il Regno Unito e il resto dell’Ue.   

Nel frattempo, però, è iniziata la corsa contro il tempo per portare il Regno Unito fuori dall'Unione europea. Il primo passo sarà di carattere legale. TheGuardian prevede che la legislazione necessaria per dare effetto legale entro il 31 gennaio all'Accordo di recesso, concordato da Boris Johnson con la Ue, sarà portata in Parlamento per una seconda lettura già la prossima settimana. Ma poiché prima dovrà incontrarsi il nuovo governo, previsto per il 17 dicembre, e il 19 dicembre dovrà tenersi il Discorso della Regina, la prima data disponibile per il passaggio in Parlamento sarà il 20 o al massimo il 23 dicembre.

Una tabella di marcia stretta, che concederà a Boris Johnson solo 15 o 16 giorni per portare a casa l'Accordo di recesso. Anche perché il direttore degli affari legislativi di Downing street, Nikki da Costa, aveva stimato che ci sarebbero voluti 37 giorni per far passare la legislazione della Brexit ai Comuni. Boris Johnson dovrebbe tuttavia farcela, anche perché ormai può contare su una maggioranza schiacciante in Parlamento.

Ma non sarà comunque finita, perché anche il Parlamento europeo dovrà ratificare l'Accordo di recesso. Le sessioni plenarie in cui la ratifica potrà avvenire sono due: a Strasburgo il 13 gennaio o a Bruxelles il 29 e 30 gennaio. La Brexit vera e propria dovrebbe quindi verificarsi il 31 gennaio 2020.

Eppure, anche in questo caso, la saga della Brexit sarà terminata. Anzi, sarà solo «il primo passo in un processo molto complicato» come sottolinea la Bbc. Una volta uscito dall'Ue, il Regno Unito dovrà per prima cosa negoziare un accordo commerciale con l'Unione europea. «È opinione corrente che i negoziati possono cominciare il primo febbraio» osserva The Guardian. «Ma, per come stanno le cose, ciò è altamente improbabile». Come dice la sezione 4 della legge sul recesso, «nessun ministro della corona può impegnarsi in negoziati sulla futura relazione con l'Ue a meno che (...) non sia stato approvata dalla Camera dei comuni una dichiarazione sugli obiettivi negoziali». Quanto tempo ci vorrà prima che questa dichiarazione arrivi in Parlamento? «Il governo ha a disposizione 30 giorni di seduta dopo il giorno dell'uscita» spiega The Guardian.

Ma neppure in questo frangente la vicenda Brexit sarà conclusa. Sul mandato a negoziare anche l'Unione europea dovrà trovare un accordo. E ci vorrà tempo, visto che per raggiungerlo occorrerà allineare 27 Paesi...  «Ciò significa» prevede la Bbc «che i negoziati formali potrebbero cominciare solo a marzo». Una volta partiti, i negoziati dovrebbero concludersi entro il 30 giugno 2020 con la firma di un accorso. In tal caso, a partire dal primo gennaio 2021 il Regno unito inizierà una nuova relazione con l'Ue. E se Londra e Bruxelles non riusciranno ad accordarsi entro il 30 giugno? In quel caso, visto che Boris Johnson ha escluso la possibilità di un rinvio del periodo di transizione, il Regno unito rischierà di dover uscire dall'Ue senza un accordo commerciale il 31 dicembre 2020.

Ma, in ogni modo, neanche se passerà l'accordo commerciale la telenovela sarà ultimata. Perché Londra e Bruxelles non dovranno trovare solo un accordo su come cooperare in materia commerciale. Dovranno trovare un punto d'incontro su tantissime altre materie, che vanno dalla sicurezza all'applicazione delle leggi. Per non parlare della questione nord-irlandese, ancora aperta. O degli scozzesi che vogliono un secondo referendum...

Morale: con la promessa di «Fare davvero la Brexit», Boris Johnson ha stravinto le elezioni, provocando un terremoto. Ma ora che dalle parole deve passare ai fatti, gestendo le scosse di assestamento e la ricostruzione post-sisma, la strada si fa in salita.  
 

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