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(Ansa)
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Schizofrenia d'Europa sulle norme legate all'auto

Sugli efuel si sta materializzando una situazione grottesca che mostra tutti i limiti normativi del settore

L'Europa del mercato automobilistico segna nuovi record di schizofrenia. La notizia scatenante è stato l'annuncio di Stellantis a proposito del fatto che 24 serie dei loro motori endotermici, in totale quasi 28 milioni di unità, non avranno alcun problema nell'usare i carburanti sintetici. Così, stante che comunque a oggi, e salvo auspicabili ribaltoni in sede Ue, permane il divieto di vendita in Europa di auto termiche a partire dal 2035, sappiamo che con questo sistema chi acquisterà una vettura tradizionale prima di quella data (Stellantis venderà motori termici in Europa fino al 2029), potrà contare su un carburante da mettere nel serbatoio e allungare il servizio della vettura almeno fino al 2050, cioè i due decenni che più o meno costituiscono la media del parco circolante italiano.

Le prove di compatibilità sono state effettuate dal costruttore insieme con il produttore arabo Aramco, che per fare gli eFuel ha usato idrogeno prodotto da fonti rinnovabili.

Soltanto due settimane fa Luca De Meo, Ceo di Renault, aveva detto che le auto elettriche “saranno per ricchi ma che non si torna indietro”. Non ci vuole molto per intuire che ormai le leggi del “green” hanno condizionato a tal punto la finanza e l'industria da farle vivere in un mondo parallelo a quello delle esigenze reali degli automobilisti e in un mondo molto lontano dal dare soluzioni a chi un'automobile l'ha bisogno.

Dal punto di vista ecologico, il vantaggio degli eFuel sarebbe quello di non produrre batterie con le discutibili procedure attuali ed evitare l’immissione di 400 milioni di tonnellate di anidride carbonica in atmosfera l'anno, grazie a una riduzione delle emissioni dei veicoli di oltre il 70%.

C'è da aspettarsi che mentre il costo dei carburanti tradizionali sarà iper-tassato per spingere l'acquisto delle auto a batteria, gli eFuel che oggi costano dieci volte più delle benzine tradizionali possano divenire più economici con il salire della domanda e l'affinamento della produzione. Non sarà semplice né economico convertire gli impianti dei grandi produttori di idrocarburi raffinati, ma se per l'Europa gli eFuel rappresentano una speranza, per il resto del mondo che non ha pretese di elettrificazione sclerotica potranno essere una soluzione per abbattere le emissioni. Non è infatti complicato creare impianti che catturino il biossido di carbonio presente in atmosfera con idrogeno per ottenere il sostituto di benzina e diesel, ma resta oneroso: servono infatti 550 dollari per estrarre dall'aria una tonnellata di CO2, mentre per rendere i costi degli eFuel competitivi questo valore dovrebbe scendere a meno di 200. Le prove dei tecnici Aramco-Stellantis hanno riguardato 24 famiglie di propulsori Euro 6, anche diesel, gli stessi installati a partire dal 2014 su 28 milioni di veicoli in circolazione in Europa. E i risultati non hanno mostrato alcun problema di compatibilità, funzionamento né usura, quindi non ci sarà alcun bisogno di effettuare modifiche alle vetture esistenti. E probabilmente neppure alle Euro5. Intanto, però, Stellantis avrebbe investito in questa campagna quasi venti milioni di dollari mentre Aramco sta preparando due impianti definiti “dimostrativi” in Arabia Saudita insieme con Enowa (Neom Energy and Water Company), per dimostrare la fattibilità della produzione di benzina sintetica. Non mancano simili imprese in Europa, dove la produzione di eFuel può essere facilitata negli impianti che producono Saf, ovvero il carburante sostenibile per aviazione da usare al posto del tradizionale cherosene. Accade al Norsk e-Fuel AS, il consorzio industriale europeo con sede a Oslo, in Norvegia, nato nel 2020 che sta industrializzando la tecnologia Power-to-Liquid (PtL) per il mercato comunitario, e a Bilbao, in Spagna, dove a lavorarci è la compagnia petrolifera Repsol.

A questo punto però si apre un quesito: se potremo presto abbattere di parecchio le emissioni di anidride carbonica emesse dai veicoli, che senso ha mantenere in vigore, così come è scritta oggi, la norma CE2019/631? Quella, per intenderci, che fa riferimento all'odiato limite dei 95 g/km di CO2 che dal gennaio 2020 le Case devono rispettare per non pagare multe salatissime. La legge, nata in modo frettoloso sulla scia eco-ansiosa di “far qualcosa in fretta” in occasione dell'Accordo sul clima di Parigi, prevede che nel 2025 scatterà una ulteriore limitazione del 15% sui valori massimi permessi nel 2021 e poi un altro -37,5% nel 2030. La multa viene calcolata moltiplicando le emissioni in accesso per la cifra di 95 euro (al grammo) e quindi per il numero di esemplari immatricolati. Una follia. E la media degli obiettivi viene calcolata con la formula delle emissioni specifiche uguali a 95 + 0,33, moltiplicata per la differenza tra massa del veicolo e una costante. Il risultato è perverso, poiché più un'auto è leggera, più è stringente l'obiettivo da rispettare. E salvo adattamenti e more (il 5% delle produzioni), questo sta uccidendo il mercato delle citycar e delle auto compatte. Un esempio? La Suzuki Jimny che dopo aver avuto grande successo nella versione vettura a 4 posti, oggi viene venduta soltanto biposto come autocarro, ma con lo stesso identico motore. Mentre un Suv della Porsche non ha problemi. Se non è schizofrenia questa...

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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