Anche Beirut nel mirino degli jihadisti dell'Isis
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Anche Beirut nel mirino degli jihadisti dell'Isis

Il leader di Hezbollah indica ISIS come colpevole e solidarizza con i francesi dopo Parigi. Cresce la preoccupazione per la destabilizzazione del Libano

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Da BEIRUT - Passati i giorni della disperazione e del lutto nazionale, si fa il bilancio dei danni e si cerca di formulare analisi riguardo all’attentato che ha sconvolto il sobborgo di Bourj el-Barajneh, nella zona sud di Beirut il 12 novembre 2015. Il conto delle vittime al momento si è fermato a 44 persone uccise dalle due deflagrazioni e un numero di feriti di poco superiore a 200, tutti ricoverati nei numerosi ospedali della capitale.

 Nella giornata di domenica, il ministro degli Interni libanese Nuhad Mashnuq, congratulandosi con le forze di polizia per quello che ha definito “un risultato straordinario ad appena 48 ore dai fatti”, ha annunciato l’arresto di 11 soggetti, sospettati di aver contribuito alla realizzazione dell’attacco. Inoltre, ha confermato l’ipotesi circolata fin dai primi momenti successivi all’attentato, secondo cui il principale obiettivo era l’ospedale Rasoul Aazam, situato a poche decine di metri dal luogo delle due prime due esplosioni.

Tra i fermati ci sono sette cittadini siriani e due libanesi; uno di questi ultimi sarebbe il quarto attentatore che non è riuscito a innescare il proprio ordigno e l’altro sarebbe colui che ha fornito supporto logistico, trasportando i siriani al di qua del confine. Il ministro ha anche affermato che c’è un’alta probabilità che quello di giovedì scorso sia soltanto il primo di una serie di attacchi sul territorio libanese, in considerazione del livello di organizzazione e del grado di penetrazione delle cellule siriane nel paese.

 

La risposta del leader di Hezbollah all’attentato
Non si è fatta attendere nemmeno la reazione di Sayyed Hasan Nasrallah, leader di Hezbollah, ritenuto da più parti il vero bersaglio dell’attacco, a causa del coinvolgimento delle milizie da lui comandate nella guerra civile siriana in appoggio, secondo alcuni determinante, al regime di Bashar al Assad.

Nasrallah nel suo intervento all’emittente televisiva libanese Al Manar in qualità di segretario generale di Hezbollah, ha accusato con forza il califfato di Al Baghdadi in merito alla responsabilità degli attentati, ritenendo che l’episodio sia da considerare come un tentativo di destabilizzazione del paese, teso a compromettere la solida alleanza tra gli oppositori del Daesh (nome dispregiativo per lo Stato Islamico).

 Smentendo la notizia della presenza di cittadini palestinesi nel commando suicida, ha rimarcato la vicinanza tra i due popoli e l’esistenza di una causa comune nella lotta al terrorismo. Inoltre, commentando i fatti di Parigi, ha espresso la solidarietà morale e umana del partito di Dio per le vittime degli attentati.

 Quello che comunque appare chiaro è che la stabilità del Libano sia determinante nella guerra contro lo Stato Islamico, sia da un punto di vista politico che strategico-militare. Infatti, la cronica precarietà della situazione politica potrebbe essere aggravata, attraverso questi attentati, dalla rottura degli equilibri tra i vari gruppi etnici e religiosi che compongono la variegata società libanese, fomentando odio e scontri tra le varie fazioni in campo.

 

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Francesco Ermini