L’acqua è l’oro di Napoli
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L’acqua è l’oro di Napoli

La Regione ricompra quella che ha venduto. Il Comune ricede al doppio la quantità in eccesso. Così De Magistris specula su ciò che definì "bene comune".

E meno male che l’acqua, a Napoli, è pubblica. L’Abc, azienda idrica del Comune, la acquista dalla Regione Campania a poco meno di 20 centesimi al metro cubo. Stranamente, la compra sempre in eccesso e, dopo aver soddisfatto le esigenze del capoluogo, rivende quella in più alla stessa Regione Campania, obbligata a ricomprarla, a un prezzo più che raddoppiato (0,47 euro) con profitti da record. Tra i clienti dell’Abc ci sono anche alcuni Comuni della periferia nord di Napoli, dell’alta Irpinia, del Casertano e il consorzio Gori, che gestisce il servizio idrico nella provincia sud del capoluogo. E tutti devono pagare salatissimo, nonostante lo statuto dell’Abc non preveda la vendita fuori dai confini cittadini. Una bella contraddizione per il sindaco, Luigi De Magistris, che ha fatto dell’acqua bene comune (l’acronimo è Abc) il più grande successo della sua sgangherata amministrazione, proponendosi addirittura come l’unico difensore del "rubinetto pubblico" in Italia. Fino a qualche mese fa, l’Abc si chiamava Arin ed era una spa. Con l’avvento di Giggino ’o sindaco, l’azienda si è trasformata in ente di diritto pubblico. Ma le acque, dalle parti di Palazzo San Giacomo, sono tutt’altro che tranquille. Con il passaggio nei ranghi della pubblica amministrazione, infatti, i dipendenti dell’ex Arin costano, dal punto di vista previdenziale, circa una decina di milioni di euro in più. Soldi che l’azienda non ha e non avrà, essendo il Comune a un passo dal dissesto.

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