«Vacanze di Natale», 40 anni dopo ed un ritratto attuale dell'Italia
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«Vacanze di Natale», 40 anni dopo ed un ritratto attuale dell'Italia

Eugeni: «Il Vamos a la montaña dei Vanzinaci insegna ancora a guardare e comprendere il nostro Paese»

Vizi, frivolezze, intrighi, mode. Ecco gli ingredienti che resero celebre una pellicola destinata ad incidere nell’immaginario collettivo con tanto di slogan e rituali che sembrano non aver perso lo smalto di quel tempo. E intanto Cortina celebra le riprese con una grande party all’Hotel De La Poste dal sapore nostalgico…

E’ (stato) il ritratto dell’Italia in vacanza. Jerry Calà, Christian De Sica, Claudio Amendola, Stefania Sandrelli, Karina Huff, Guido Nicheli, Riccardo Garrone, Mario Brega, Marilù Tolo, Antonellina Interlenghi, Moana Pozzi impersonano, da quarant’anni, lo spaccato di una nazione che alla soglia dei mai dimenticati anni Ottanta lascia un’impronta ben impressa sulle Tofane di Cortina D’Ampezzo. E così, tra una discesa in pista, un aperitivo in centro al grido di “sole, whisky e sei in pole position” e tradimenti al chiar di luna, quell’allegra banda diventa lo specchio fedele di un’Italia godereccia e arrivista, cafona e presenzialista che quell’impronta non mai cancellato. Un’istantanea generazionale che, invece di fotografare l’Italia del Natale del 1983, ha finito per sopravvivere a sé stessa, sovrapponendosi a qualunque altra vacanza sulla neve a seguire, sino a risalire praticamente al 1959, a quel “Vacanze d’inverno” da molti considerato il primo vero cinepanettone della cinematografia italiana, con la coppia Alberto Sordi-Vittorio De Sica a districarsi tra proletari ed alta borghesia in trasferta sul manto bianco.

A quarant’anni esatti dall’uscita nelle sale cinematografiche della pellicola, Panorama.it ha incontrato Ruggero Eugeni, semiologo dei media alla Cattolica di Milano, per farci raccontare l’effetto nostalgia creato da Carlo ed Enrico Vanzina.

Professor Eugeni, quel film ha segnato un’epoca, inutile nasconderlo.

«È stato un film spartiacque, perché ha sanzionato un passaggio importante: gli “anni di piombo” erano ormai alle spalle, si aprivano gli anni di quello che Gigi D’Agostino avrebbe definito di lì a poco definito dell’“edonismo reaganiano”. Se con Sapore di mare, i Vanzina avevano girato il loro Vamos a la plaja (la canzone dei Righeira esce non casualmente in quello stesso 1983) con Vacanze di Natale firmano uno speculare e complementare Vamos a la montaña».

Da semiologo dei media ci interessa sapere che effetto una pellicola del genere può aver generato sull’immaginario collettivo del nostro Paese.

«A mio avviso l’effetto più importante è stata la rappresentazione delle differenze di classe del nostro Paese, in forma finalmente giocosa, affabile, sentimentale. Nello spazio sospeso della vacanza personaggi di ceti distanti possono ritrovarsi, confrontarsi, e magari innamorarsi. Senza combattersi, come avveniva nel cinema politico e poliziottesco degli anni precedenti».

Nacquero i cinepanettoni: possono essere considerati eredi della commedia seriale all’italiana?

«Si, soprattutto sotto l’aspetto che ho appena segnalato: l’incontro, lo scontro, il confronto tra personaggi di classi e condizioni anche molto differenti in chiave di commedia seria deriva, pari pari, dalla tradizione della commedia all’italiana perché implica una riflessione giocata sui contrasti tra le differenti identità culturali del nostro Paese (pensiamo al film che costituisce un po’ un modello per i Vanzina: Vacanze d’inverno, del 1959). I cinepanettoni faranno tesoro di questa lezione perché giocheranno sulla messa in scena di personaggi contrastanti: pensiamo alla coppia iconica Boldi-De Sica».

La pellicola colse appieno lo spaccato della società italiana appena uscita dagli anni Settanta: si svoltava sul colore anche se lo sfondo era il bianco candido della neve…

«Neve peraltro finta, ricostruita con stratagemmi degni del miglior artigianato cinematografico italiano, dalla schiuma da barba ai lenzuoli… Ma l’elemento caratteristico del nuovo clima è soprattutto la colonna sonora sempre presente sullo sfondo, nella quale si trovano praticamente tutte le hit del momento, da Mike Oldfield ai Gazebo, da Anna Oxa a Lucio Dalla».

E poi una gran messe di tipi umani: Billo (Jerry Calà) lo sciupafemmine incallito, Roberto (Christian De Sica), lo snob figlio di papà con biondina a seguito (Karina Huff), Luca (Marco Urbinati) travolto dalla passione per la Roma che condivide con Mario il borgataro (Claudio Amendola), Ivana (Stefania Sandrelli) e Grazia (Marilù Tolo) insoddisfatte dei rispettivi ménage familiari. E poi Donato (Guido Nicheli) con la sua battuta iconica…

«… “Alboreto is nothing: Milano-Cortina in due giri di Rolex”, citata anche dal sindaco di Milano Giuseppe Sala nel presentare le prossime Olimpiadi invernali… Tra l’altro nasce di fatto qui il Milanese Imbruttito: questo per dire che i vari tipi umani del film mettono in scena non solo distinzioni e confronti di classe, ma anche quelle geografiche, di fede calcistica, ecc. In questa polifonia leggo anche le origini colte delle scuole di scrittura cinematografica del nostro Paese, di cui i Vanzina sono eredi: è la tradizione del grande romanzo corale».

La pellicola compie quarant’anni in questi giorni. Ma sono veramente passati?

«Potrei cavarmela con una battuta e dire di sì, tanto che a Cortina adesso è arrivato Briatore, ma non intendo farlo. In realtà, a livello linguistico, io credo che il nostro cinema continui a cercare codici e forme narrative nuove per raccontare la molteplice e frammentata identità del nostro Paese; ma non ci riesce. E i codici della commedia all’italiana ripresi dai Vanzina sono in questo senso ancora utili, nel bene come nel male. D’altra parte dietro la commedia all’italiana c’è la commedia dell’arte, con la sua galleria di maschere-tipo completamente differenti tra loro e costrette a incontrarsi e dialogare almeno nello spazio giocoso del palcoscenico».

Si è parlato di “memoria generazionale” (Colombo)…

«Nella povertà o assenza di altri riferimenti collettivi lo spettacolo cinematografico e televisivo costituisce una parte fondamentale di essa».

…e di “invenzione della nostalgia” (Morreale)…

«… anch’essa molto importante ai fini generazionali. Ricordo che con Sapore di mare (un enorme successo di quello stesso anno) i Vanzina avevano di fatto introdotto una estetica cinematografica del Vintage».

Il modello “Milano da bere” si era spostato a Cortina.

«In effetti a Cortina si ritrova un’intera Italia da bere: manager e avvocati, yuppies e borgatari. Con Vacanze di Natale il nostro Paese scopre tante cose che gli resteranno in mente: dall’essere una Terra dei cachi a passare sempre e comunque Una vita in vacanza…».

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Ruggero Eugeni (Macerata, 1960) è professore Ordinario di Semiotica dei Media all’Università Cattolica di Milano ove dirige il Master in Media relation dell’Alta Scuola in media, comunicazione e spettacolo e coordina, inoltre, il Corso di laurea in Gestione di contenuti digitali (GeCo) presso la sede di Brescia. Allievo di Gianfranco Bettetini e Francesco Casetti nel campo della semiotica del visivo e dell'audiovisivo, concentra i suoi interessi sulle relazioni tra i media e lo spettatore in chiave di semiotica e culturale: attualmente sta indagando l’esperienza dello spettatore di media mettendo in dialogo le discipline semiotiche con quelle neurocognitive. Tra le ultime pubblicazioni si segnalano Semiotica dei media. Le forme dell'esperienza, Carocci, 2010, La condizione postmediale, La Scuola, 2015, Storia dei media e dello spettacolo in Italia vol. 2 (con Fausto Colombo) Milano, 2016, Teorie del cinema. Il dibattito contemporaneo (con Adriano D’Aloia), Milano, 2017, Capitale algoritmico. Cinque dispositivi postmediali (più uno) Brescia, 2021,Il primo libro di teoria dei media Einaudi, 2023.

Panorama.it Egidio Lorito, 16/12/2023

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