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(Ansa)
Televisione

Il sogno del Castello e la sveglia dell'abuso edilizio

La confisca del Castello delle Cerimonie, luogo simbolo di un programma tv diventato cult racconta molto del bene e del male del nostro paese

E adesso come facciamo? Quando la notizia irrompe nelle nostre tiepide vite, l’effetto è devastante. Il Castello delle Cerimonie chiude, è stato confiscato per abusivismo edilizio. La Sonrisa, la sontuosa dimora della famiglia Polese a Sant’Antonio Abate, dopo che una sentenza della Cassazione è diventata esecutiva, è passata nel patrimonio immobiliare del Comune napoletano. Era il brivido che aveva fatto breccia nella nostra apatia e ora con questa decisione ci hanno spezzato il cuore. Il web insorge indignato e compatto come una falange macedone: «È sicuramente colpa della sala stampa di Sanremo», «La mia famiglia è devastata: mia gucina (testuale) doveva fare il battesimo al Castello», «Un sogno infranto come Mark Caltagirone», «Ristabilite l’ordine, togliete quei sigilli, se no scatta la rivolta».

Siamo senza parole. Intanto per cominciare, siamo da sempre il Paese delle meraviglie con schiere di villette abusive, grazie a squadre di geometri infestanti peggio delle cavallette. E proprio il Castello delle Cerimonie dovevano chiuderci? Ci hanno tarpato le ali, tolto l’ennesimo sogno («Dove andremo a festeggiare chevin?», si domandano ansiosi sui social) per ributtarci in una brutale realtà. Hanno un bidone di spazzatura al posto del cuore. «Era la nostra Disneyland», un urlo di dolore si alza da Instagram. Non potremo perdonarlo mai. Soprattutto perché nella denegata ipotesi che fosse davvero abusiva (mah, poi è tutto da vedere) erano 40 anni che lo era e ci hanno fatto di tutto (fu addirittura scelto dalla Rai per un festival della canzone napoletana). E ditemi: se ne sono accorti improvvisamente dopo 16 stagioni su Real Time e la messa in onda in 20 paesi del Mondo? E soprattutto dopo 10 miliardi di meme. «Ci sta che nessuno lo avesse notato prima con quell’architettura così sobria, essenziale, minimalista, che quasi non si vedeva», «Mai me lo sarei aspettato, sembrava tutto così legale», «Cosa guardo ora su Real Time?», «Subito scuole chiuse a Napoli». Ci hanno privato del nostro programma preferito, senza pietà. E non solo: hanno tolto il lavoro a oltre 300 dipendenti. Per poi, immaginiamo, lasciarlo finire a marcire nel solito nulla cosmico dei patrimoni immobiliari dei comuni. La fine, ahimè, è nota.

Invece Donna Imma non ci regalava emozioni da poco.

Come dimenticarla quando entrava nel salone delle feste tutto addobbato in perfetto stile barocco napoletano, un trionfo d’oro, come le sue splendide giacche goffrate. Gli invitati “applausavano” (testuale) ed erano così felici. Lì si festeggiavano solo “lieti eventi”. Lo hanno chiamato “il tempio del trash e del cattivo gusto”. Ma quando mai? Ci hanno regalato solo momenti indimenticabili: diciottesimi in carrozza come quella di Cenerentola, schiere di cantanti neomelodici, abiti strepitosi che manco al Met Gala potevi ammirare. E alla fine tutte quelle giovani ragazze festeggiate, vezzeggiate, ammirate dicevano: «Se dovrei tornare qui, io ritornerei». Perché al Castello tutti diventavano principi e principesse. Non c’era fantasia che non si potesse realizzare. «Quando entrerò in sala lui rimarrà a bocca asciutta», raccontava una dolce sposina. E a bocca asciutta oggi siamo rimasti tutti. Tanta mestizia, ci resta solo la pagina di “Case pacchiane” per vivere di ricordi e leoni di marmo. Ma nel cuore abbiamo una domanda e la necessità di un' impellente risposta: «E mo’ dove ci sposiamo?».

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Terry Marocco