tavola natale imbandita
Foto di Eleonora Ciolfi Wedding in Valdorcia
Lifestyle

Come ti imbandisco per le feste

L’immancabile rosso, con dettagli in oro. Ma anche blu, verde e persino arancione. Questi i colori su cui puntare per lasciarsi alle spalle il 2021. Niente plastica, rispolverare cristalli e servizi di famiglia e realizzare centrotavola naturali. Guida, con suggerimenti degli esperti, sulla perfetta mise en place per Natale e Capodanno.

Aggiungi un posto a tavola... Da musical a rebus è un battito di ciglia. Soprattutto sotto le feste quando si cerca di essere perfetti. Un rovello che ha mobilitato nei secoli artisti e letterati: trovare il posto giusto per la persona giusta. Ludovico il Moro chiamò Leonardo da Vinci perché gli mettesse ordine nelle cerimonie e lui impose il tovagliolo. La disfida del «fazzolettone» tra le esperte di galateo ha infiammato il gossip dello stile di vita: l’esperta di bon ton Csaba dalla Zorza lo impone assolutamente a sinistra, Giorgia Fantin Borghi, wedding planner di caratura internazionale, dice che il tovagliolo va dove lo porta lo styling della tavola. Anni fa Elda Lanza, giornalista e conduttrice tv, intitolò il suo manuale Il tovagliolo va a sinistra (Vallardi editore).

Possono sembrare dispute da nulla in epoca pandemica, ma servono a tirarsi su di morale e a conferire di nuovo alle feste quella liturgia indispensabile per capire che stiamo vivendo un momento speciale. Ci tenevano tanto alla tavola pure gli antichi romani. Basti ricordare che i triclini non potevano essere più di nove, tanti quante sono le muse. Nel Rinascimento si apparecchiavano anche 20 tovaglie sovrapposte, tolte a ogni portata. Il codice imponeva di tagliare con la spada la tovaglia davanti al Cavaliere che si fosse macchiato di disonore. Era un modo per escluderlo dal consesso. Caterina de’ Medici, che ha insegnato ai francesi e dunque al mondo l’uso della forchetta a tre rebbi, esigeva tovaglie candidissime e merlettate.

Leggendo Il Trinciante di Vincenzo Cervio, trattato del 1581 sull’arte di sporzionare le carni, ci renderemmo conto di quanto fosse fondamentale stabilire il posto alla mensa in base al rango. E che dire del fatto che attorno alla tavola si sono misurati i migliori artisti, designer, architetti e si è sviluppato l’altissimo artigianato italiano. Dalle ceramiche ai cristalli, dalle posate ai gioielli da tavola fino ai tessuti, la nostra è la più ambita produzione del mondo.

Ma che tavola allestiremo per queste feste? «Di certo è l’occasione buona per tirare fuori dagli armadi i corredi di casa» dice Eleonora Ciolfi. «Piatti, posate, tovaglie se hanno una ricordanza d’antico danno alla festa un’intimità e una solidità di affetti che è impagabile». Certo lei è una delle più raffinate wedding planner che progetta e allestisce banchetti, cerimonie tra i castelli, badie, palazzi nobiliari della Toscana con la sua Wedding in Val d’Orcia ovvio che senta il fascino dei tempi che furono. «Ma non vorrei sembrare una passatista» sottolinea. «Dico che bisogna coniugare contemporaneità con eredità. Per me sono irrinunciabili citare le essenze delle nostre colline, il colore dominante dovrebbe essere il rosso, con una punta di verde che è anche un inno alla naturalità e alla speranza. I piatti saranno coordinati con i colori scelti per la tovaglia e devono essere di ceramica fine, meglio se di un servizio di famiglia. Non possono mancare i sottopiatti, e mi raccomando bicchieri di cristallo e a stelo. Un’idea? Andare per mercatini per trovare l’oggetto giusto».

Dal fascino del tempo a quello dei profumi di famiglia. Francesca D’Orazio, che si definisce «maestra di cucina e di buon gusto», per la tavola del Natale ha scelto già il colore dominante: «Arancio perché è vitalità e la mia vita è dominata dal profumo della zagara e delle arance». Ha dato alle stampe un delizioso vademecum, Appunti di Natale, dove mette insieme ricette, impiattamenti e «arredamento» del posto tavola. «Il tema di quest’anno è la sostenibilità» spiega a Panorama. «Dunque raccogliamo rami d’abete, foglie, frutti di corbezzolo che sono anche un emblema dell’Italia, e diamo a questi elementi il posto d’onore: il centrotavola. Deve essere tutto elegantemente familiare e sobrio, ma con colpi di luce. Quindi mettiamo in tavola qualcosa di bianco e di lucente per dare il senso della festa, poi lasciamo spazio ai ricordi. Quando ero piccola a Gessopalena, un borgo d’incanto del mio Abruzzo, i miei zii facevano liquori all’arancio e le donne stavano sulla porta a sbucciare i frutti, ogni tanto buttavano le scorze nel camino. Quel profumo è il mio Natale, dunque lo porterò in tavola con una ricetta che faccio ormai da trent’anni: lo zuccotto con le arance».

Molto attenta al galateo è Petra Carsetti, recente vincitrice di una sorta di campionato mondiale dell’apparecchiatura, l’Etiquipedia International Place Setting. «Per me la tavola non dovrebbe mai derogare dai canoni del Galateo. A Natale si può fare uno strappo per i colori; ammessi il rosso e il blu, anche se preferisco i toni tenui: dal bianco all’avorio, dal tortora al beige. Non si può transigere sulle candele: mai apparecchiarle per il pranzo. Neppure a Natale. E poi niente plastica, tessuti solo naturali. Facciamo brillare il cristallo dei bicchieri, è bello tirare fuori l‘argenteria di famiglia, ma è segno di rispetto non ostentare. La tendenza per quest’anno è un centrotavola sobrio e naturale. Invito a fare una passeggiata nei boschi o in campagna e a completare la tavola con ciò che si trova dando spazio alla creatività».

Petra Carsetti è in libreria con il suo Galatime, è sempre tempo di buone maniere(Maretti edizioni), un volume in cui confida: «È il momento di riportare le nostre relazioni all’educata conversazione, alla costruzione dell’empatia, soprattutto a Natale. Tornare a servire il caffè in salotto e non a tavola e offrire un aperitivo, in modo da mettere a loro agio gli ospiti in attesa che la compagnia si sia completata, sono forme che recuperano la liturgia della buona convivialità. Nel mio Galatime ci sono semplici, ma fermi consigli su come dare compiuta armonia alla festa. Questo è il vero segreto da rispettare».

E in tavola cosa si porta? «Sempre qualcosa che parla di noi: sono marchigiana e non possono mancare cappelletti e vincisgrassi!». Quest’anno dunque non c’è una moda, ma conta il modo: bisogna apparecchiare i sentimenti.

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Carlo Cambi

Toscano di nascita e di formazione (economico-giuridica) diventa giornalista professionista a 23 anni. Percorre tutto il cursus honorum a Repubblica fino a dirigere le pagine di economia. Nel 1997 fonda I Viaggi di Repubblica - primo e unico settimanale di turismo - che dirige fino al 2005 quando sceglie di vivere a Macerata insegnando marketing del territorio e incontra Maurizio Belpietro col quale stabilisce un sodalizio umano e professionale. Autore radiofonico e televisivo continua a occuparsi di economia ed enogastronomia. Ha scritto una trentina di libri. Il suo best seller? Il Mangiarozzo.

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