Crepet: "Anoressia, malattia dell'affettività"
Incontro con lo psichiatra e scrittore che ha parlato del suo libro "Il caso della donna che smise di mangiare" - FOTO
"L’anoressia non è soltanto una patologia dell’alimentazione, bensì una malattia dell’affettività". È questo il messaggio lanciato da Paolo Crepet durante la tappa pisana del tour di Panorama d’Italia.
Lo psichiatra e scrittore ha presentato Il caso della donna che smise di mangiare (Einaudi): suo nuovo romanzo, caso clinico che diventa racconto, storia (dolorosa e positiva) di Fausta, che riordina la propria vita in una serie quaderni neri dove srotola tutta la sua vicenda fatta di dolore, ma anche la battaglia per affermare la propria identità.
Centrale è la famiglia come origine di un malessere, campo di una battaglia muta, fonte di frustrazione. Non a caso la narrazione prende la forma di un grande romanzo famigliare. La casa di Fausta è una ragnatela di ghiaccio. C’è la nonna perennemente giudicante, c’è il padre anaffettivo, c’è la madre apatica. “È la mancanza d’amore che genera il dolore di Fausta”.
Il tema riguarda una cifra consistente della popolazione italiana. Tra anoressia e bulimia sono 3 milioni, nel nostro Paese, le persone che hanno un rapporto malsano con il cibo. Il 95 per cento è composto di donne. E non tutte ammettono di avere un problema. Ma lo psichiatra invita a rovesciare il punto di vista che tradizionalmente (anche certa psichiatria) adotta nel guardare chi ha problemi con il cibo. “È sbagliato chiedersi quale fosse il problema in Fausta. La domanda giusta da porsi è invece quale fosse il problema intorno a Fausta”. “Non ero io l’ammalata, la ragazza da correggere, lo eravamo tutti” scrive la protagonista pensando alla propria famiglia. E quel “tutti” riguarda anche noi, ha spiegato lo psichiatra. Perché “se tutti, nella nostra vita, ci sentissimo responsabili del dolore degli altri, riusciremmo non soltanto a catalogarlo come malattia, ma anche a capirlo”. E forse, finalmente, a cambiarlo.