«I miei tour con Kurt Cobain e Dave Grohl sul bus»
ansa
Musica

«I miei tour con Kurt Cobain e Dave Grohl sul bus»

Parla Daniela Giombini, la tour manager italiana dei Nirvana dal 1989 al 1991, che domenica sarà protagonista di un incontro a Roma in occasione dei 30 anni dalla morte di Cobain

Pochi album, come Nevermind dei Nirvana, hanno avuto un impatto così forte su una generazione, quella cosiddetta X degli adolescenti dei primi anni Novanta che ritrovarono nel grunge, l’ultima vera rivoluzione del rock, la stessa furia iconoclasta del punk. Trascinato dall’iconica Smells like teen spirit, Nevermind è considerato ancora oggi, a 33 anni dalla sua uscita, un disco fondamentale per gli appassionati di rock, frutto del genio del frontman Kurt Cobain e della portentosa sezione ritmica formata da Krist Novoselic e Dave Grohl, futuro leader dei Foo Fighters. All’apice del successo, una forte depressione, peggiorata dall'abuso di stupefacenti, ha portato Kurt Cobain a suicidarsi il 5 aprile del 1994 nella sua villa di Lake Washington, Seattle.

A 30 anni dalla sua scomparsa, Esquilibri, la Mostra mercato del Libro Usato e dell’Antiquariato, promuove domenica 21 aprile a Roma (ore 11.30, Portici di Piazza Vittorio Emanuele II) un nuovo appuntamento dedicato alla voce e all'anima dei Nirvana, a partire dallo storico libro del 1991, Generazione X di Douglas Coupland, figlio di quell'epoca e oggi introvabile in Italia. All’incontro parteciperanno Alessio Dimartino, scrittore e autore di A Seattle con i Nirvana, Valerio Mattioli, scrittore e editor, Luca Valtorta, giornalista musicale, Daniela Gombini, tour manager delle date italiane della band. Abbiamo raggiunto telefonicamente Daniela, che ha accompagnato i Nirvana nei tour italiani del 1989 e del 1991, per farci raccontare com’erano da vicino Kurt Cobain e Dave Grohl.

Daniela, innanzitutto come sei diventata la tour manager dei Nirvana ?

«All’epoca ero titolare dell'agenzia di booking Subway, con sede a San Lorenzo (popolare quartiere di Roma n.d.r.), insieme al mio socio Antonello Florio. Poichè lui aveva un altro lavoro, andavo io in giro con i gruppi, facendo la tour manager per diversi mesi l'anno. La nostra agenzia, che trattava solo band straniere, faceva parte di un network europeo. L'olandese Paperclip ci offrì, in tandem con i Tad, il tour dei Nirvana e noi li prendemmo un po' a scatola chiusa, nel senso che la band allora aveva pubblicato solo un 45 giri, Love Buzz, introvabile in Italia. Una data già l'avevamo trovata, quella al Bloom di Mezzago (Milano), l'altra è stata al Piper Club, dove organizzarono la Sub Pop Night. La cosa che mi piaceva di più, allora, era andare in giro con i gruppi e vederli suonare dal vivo perché, essenzialmente, nella mia società, portavamo tutte band che ci piacevano, di cui eravamo fan o di cui saremmo diventati fan»

Quando hai visto per la prima volta i Nirvana che impressione ti hanno fatto umanamente?

«La prima volta che li ho visti erano proprio dei ragazzini, un po' più giovani di me. Era la prima volta che uscivano dall'America ed erano molto alla mano. Kurt era timido, un po' introverso, ma molto gentile, dolce e premuroso. Il bassista era un po' lunatico, cambiava umore in un attimo. Appena salivano sul palco, però si trasformavano, erano una forza della natura, specialmente Kurt, che diventava un'altra persona»

Quando li hai visti suonare dal vivo hai avuto l’impressione che potessero diventare una grandissima band?

« Assolutamente no. Nel senso che mi fecero la stessa impressione dei Jesus and Mary Chain: non erano ancora bravi a suonare dal vivo, ma le canzoni erano molto belle e accattivanti, migliori di quelle dei Tad con i quali viaggiavano e si esibivano insieme. Era un tour condiviso, infatti viaggiavamo in nove in pulmino e facevamo una data dietro l'altra. Alla prima data di Milano ci furono dei problemi: i Nirvana arrivarono in ritardo e salirono subito sul palco, senza fare le prove, perché erano stati fermati alla dogana. Il cantante dei Tad, dopo quattro canzoni, dovette fermarsi a causa di una otite perforante, tanto da doverlo accompagnare al pronto soccorso. Il giorno dopo, al Piper di Roma, andava tutto bene, poi, a un certo punto, durante il concerto, Kurt si arrampicò sugli amplificatori e si voleva buttare sopra un'enorme mirror ball, del valore di 50 milioni di lire, ma è stato fermato appena in tempo dalla security. Giancarlo Bornigia, il proprietario del locale, si arrabbiò moltissimo e non concesse per anni il club ai gruppi rock. Kurt, inoltre, distrusse per la prima volta la sua chitarra a fine concerto perché ebbe una crisi di nervi, tanto da voler sciogliere la band»

Come lo hai convinto a desistere?

« Per fortuna a Roma vennero a vederli suonare Bruce Pavitt e Jonathan Poneman della Sub Pop, l’etichetta che pubblicò Bleach. Il giorno dopo siamo andati tutti insieme dai Fratelli Bandiera, a Via Cavour, a ricomprare la chitarra mancina per proseguire il tour. Kurt, grazie alle bellezze di Roma e al giorno di riposo, per fortuna cambiò idea sullo scioglimento della band. Bruce e Jonathan erano più degli amici che dei discografici, anche perché erano molto giovani anche loro. Kurt aveva un legame estetico e sentimentale con la Città Eterna, amava girarla in motorino, tanto che nel tour successivo chiese espressamente di suonare a Roma e di passare qui alcuni giorni con Courtney Love»

Come andò il tour del 1991, quello del successo mondiale di Nevermind?

« Nel 1991 i Nirvana fecero quattro date in Italia, di cui io ne organizzai tre perché ci fu una competizione fra promoter, a suon di dollari, e una data se la aggiudicò un'altra agenzia italiana per il concerto di Trieste. Rispetto al tour di due anni prima, era cambiato tutto: la band avevano lasciato la Sub Pop per la Geffen, avevano cambiato manager, John Silva, si sapeva che avrebbero fatto un disco importante, anche se nessuno si aspettava un successo così clamoroso. Per questo i locali che avevamo preso mesi prima erano sottodimensionati rispetto all'enorme richiesta di biglietti: a ogni concerto c’erano almeno 1.000 persone fuori dall’ingresso, che potevano creare disordini in ogni momento. Avevamo già lavorato con alcuni organizzatori locali e mi sembrava giusto portarli in quelle venue. Il gruppo decise di cancellare la data di Torino e di venire direttamente a Roma un giorno prima del concerto al Castello (dove oggi ha sede l’Università Lumsa, alle porte del Vaticano n.d.r.), che fu ripreso dalle telecamere di Videomusic. Ebbi allora l’idea, poco felice, di cenare alla Pizzeria Frascati che si trovava di fronte al locale, dove si creò in pochi minuti un codazzo di fan che chiedevano autografi: Kurt non riuscì nemmeno a finire la Margherita che aveva ordinato insieme al vino rosso»

È vero che i Nirvana si trovavano in Italia quando arrivò la notizia che Nevermind aveva superato il milione di copie?

«Si, eravamo sul tour bus che da Milano li portava a Roma. Sul bus c’era un giornalista del magazine NME che comunicò alla band la notizia: Kurt, che era seduto sul bus di fronte a me, un po' era contento e un po' perplesso per come le cose stessero cambiando alla velocità della luce. Non erano ancora cambiate le royalties, che arrivavano con almeno sei mesi di ritardo, per cui loro non avevano ancora una lira, esattamente come due anni prima, tanto che mi chiese di pagare 120.000 lire (oltre 60 euro di oggi n.d.r.) per una sua telefonata intercontinentale che fece con Courtney Love in hotel. Io non avevo quella cifra, anche perché allora dovevamo pagare come agenzia in anticipo l’intero cachet della band, per fortuna li aveva il nostro driver in inglese, che saldò il conto alla reception»

Qual è stato il concerto più bello che hai visto dei Nirvana?

« Sicuramente quello di Roma del 1991 al Castello. Non mi dimenticherò mai come Kurt cantò Come as you are, la mia canzone preferita: fu un momento davvero commovente. Quello più godibile è stato quello di Bologna, al Kryptonight di Baricella, perché, anche se era sold out, era un po' più grande come locale e c'era meno affollamento di persone. Inoltre c’erano numerosi amici di Dave Grohl, che resero l’atmosfera ancora più giocosa»

Ti saresti immaginata, nel 1991, che Dave avrebbe creato qualche anno dopo un suo gruppo, di grandissimo successo, come i Foo Fighter?

«Dave ha aggiunto nel 1991 tutto quello che non c’era prima nei Nirvana: era un ragazzo solare, divertente, giocherellone, teneva alto il morale della band con gli scherzi ed era anche molto bravo come batterista, grazie alla sua esperienza con gli Scream. Aveva una personalità molto forte e si sapeva relazionare bene sia con la band che con i manager e i discografici più grandi di lui come età. Aveva carisma e doti di leadership, per cui non mi stupisce che sia diventato a sua volta un’icona del rock con i Foo Fighters»

Qual è il ricordo più bello che hai della tua esperienza in tour con i Nirvana?

«Dopo il concerto romano al Castello dovevamo partire per la data di Bologna. Imboccata l’autostrada A1, all’altezza di Orvieto, ci fermammo per un ingorgo. Nei giorni precedenti io avevo comprato all’Autogrill una pistola giocattolo per mia nipote, e ne comprarono una anche Kurt Cobain e una Dave Grohl. Mi ricordo che Grohl scese dal bus in autostrada insieme a me e ad Alex MacLeod: incominciammo a spararci correndo fra le macchine, prima di essere raggiunti anche da Kurt Cobain. Per qualche minuto lui era tornato un ragazzino allegro e spensierato»

Secondo te perché Kurt si suicidò, a soli 27 anni, quando aveva tutto: il successo, i soldi, la bellezza, una famiglia e milioni di fan che lo adoravano?

«Lui si è suicidato perché stava male dentro e le droghe lo facevano stare ancora peggio. In quel periodo era perseguitato dalla stampa, gli davano la caccia, per loro era il drogato che aveva messo al mondo una figlia con un’ altra drogata. Un po' si sentiva perseguitato dai giornalisti e poi aveva anche una grossa ansia da prestazione. L’album successivo In Utero non aveva venduto come il precedente, ormai faceva parte di un business molto grande in cui gli chiedevano continuamente di dare di più: più concerti, più dischi, più interviste. Magari c'era anche la paura di non essere più all'altezza e poi caratterialmente lui era una persona molto riservata, che si trasformava sul palco, però comunque era un uomo timido. Infine le droghe hanno avuto un effetto depressivo ed era anche in crisi il suo matrimonio con Courtney Love, che aveva avuto un flirt con Billy Corgan degli Smashing Pumpkins, un gruppo che, in quel periodo, stavano vendendo più dei Nirvana. Per lui, che credeva molto nell’amore, quello fu un colpo tremendo»

daniela giombini

I più letti

avatar-icon

Gabriele Antonucci