Musica & intelligenza artificiale: intervista a Charlie Rapino
Angela Lo Priore
Musica

Musica & intelligenza artificiale: intervista a Charlie Rapino

L'estensione del concetto di proprietà intellettuale e le nuove sfide del music business nell'era dell'AI. Ne abbiamo parlato con un professionista che ha ricoperto tutti i ruoli all'interno dell'industria discografica

«Chi si mette contro la tecnologia fa una brutta fine. Parlando dell'industria discografica, ricordo bene i primi tempi dello streaming quando qualcuno diceva: ma a che cavolo serve? Non funzionerà mai. E infatti... La tecnologia non si ferma. Quello che sta succedendo con l'intelligenza artificiale, volendo usare una metafora, è come un treno lanciato a palla. O facciamo che il treno si fermi alla nostra stazione oppure lo lasciamo andare e poi a noi non resta che rincorrerlo o farlo deragliare» spiega Charlie Rapino, entrando nel merito del rapporto tra musica e tecnologia un rapporto complesso e conflittuale fin dai lontani tempi di Napster, e che adesso vive una nuova fase critica ai tempi dell'intelligenza artificiale.

Rapino nel corso della sua carriera ha ricoperto tutti i ruoli possibili all'interno dell'industria discografica: ha fatto musica e remixato con i Rapino Brothers, è stato direttore artistico della Sony Music International, ha lavorato per la Decca e poi per Polydor-Universal. Attualmente è vicepresidente di ARTIST FIRST (la principale etichetta di distribuzione indipendente di proprietà italiana).

«Il concetto del copyright ai tempi dell'intelligenza artificiale è un tema essenziale. Il primo a capirlo è stato Mogol, presidente onorario della SIAE, che nei confronti di Meta si è posto in termini molto chiari: "se volete i nostri contenuti dovete pagare altrimenti non li utilizzate". Ovvio che poi la questione AI non riguarda solo la musica: ci sarebbe bisogno che l'intera industria creativa italiana si sedesse a un tavolo e elaborasse risposte comuni. Al momento ho la sensazione che ognuno stia andando un po' per conto suo. Siamo di fronte a una rivoluzione epocale, molte professioni diventeranno obsolete e la politica nel suo complesso sarà chiamata a dare risposte, a creare ammortizzatori sociali» spiega.

«Tornando alla musica, le canzoni alla Oasis create da un gruppo inglese, i Breezer con il supporto dell'intelligenza artificiale hanno ricevuto l'endorsement di Liam Gallagher. Ha detto che la sua voce creata dall'AI suona meravigliosamente bene. Mi chiedo come avrebbe agito in questo contesto un artista come Bowie. Secondo me, se fosse ancora tra noi, avrebbe già utilizzato a modo suo l'intelligenza artificiale».

Come è noto l'intelligenza artificiale può essere ammaestrata a creare dei brani "alla Bowie" attingendo qua e là dal suo catalogo. Se a questi pezzi musicalmente "bowiani" si aggiunge una voce perfettamente clonata, il gioco è fatto.

Ovvio che in casi di questo genere il tema della tutela del copyright diventi un'urgenza. «Questo è quel che si trova ad affrontare l''industria creativa. È chiaro che tutto ciò che equivale a copiare va sanzionato dal punto di vista della proprietà intellettuale. Dopo di che, bisogna anche dire che l'intelligenza artificiale può solo agire su cose già successe, esistenti. Non può immaginare l'idea. Ma restando in tema di diritti musicali, Il fatto che ci possono essere canzoni che suonano "alla Beatles o alla Bowie" richiede necessariamente l'allargamento del concetto di proprietà intellettuale».

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Gianni Poglio