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Le muse, gli angeli e i demoni di Basquiat a Modena

Alla Fondation Beyeler di Basilea, in Svizzera, per la prima volta in mostra le otto opere che l’artista newyorkese dipinse in Italia.

Il gallerista modenese Emilio Mazzoli, uomo di gusto e fiuto artistico, lo aveva notato nel 1981 nell’esposizione collettiva New York/ New Wave curata da Diego Cortez presso il P.S.1 Contemporary Art Center (oggi MoMA PS1) di Long Island City. All’epoca Jean-Michel Basquiat aveva appena 21 anni e, a dire il vero, era già abbastanza conosciuto nella scena artistica underground newyorkese sia come graffitaro che come musicista, e già come autore figurativo.

La sua pittura era intrisa di espressività, carica di energia e soprattutto, dopo gli anni dell’arte concettuale e della minimal art, il suo linguaggio figurativo, pop e inquietante allo stesso tempo, risultava dirompente tanto da suscitare ben presto l’ammirazione di galleristi e di Andy Warhol, che divenne suo amico e mentore, lo incoraggiò e lo impose negli ambienti internazionali più importanti. Non a caso, a soli 22 anni Basquiat fu il più giovane artista invitato a partecipare a Documenta 7, la grande manifestazione dell’arte Kassel, organizzata nell’estate 1982.

Proprio in quello stesso anno il gallerista Mazzoli, che già aveva organizzato una primissima personale nel 1981 nel suo spazio, lo invitò a Modena a dipingere in loco in vista di una mostra «site specific». Basquiat vi rimase una settimana e lavorò freneticamente realizzando otto dipinti di grandi dimensioni. Ma la mostra non si tenne, i due litigarono, Basquiat andò in depressione sentendosi sfruttato e lasciò l’Italia.

Ora, a distanza di 40 anni, la Fondation Beyeler di Basilea riunisce, per la prima volta, quegli otto significativi lavori nella mostra Modena Paintings (fino al 27 agosto): sono i quadri più celebri e preziosi, oggi custoditi in collezioni private statunitensi, asiatiche e svizzere

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Antonella Matarrese