Kenya, Armando Tanzini, turismo a Malindi
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Kenya, parla Tanzini: il padre del turismo a Malindi

Abbiamo incontrato Armando Tanzini, amico di artisti come Andy Warhol e Francis Bacon, già definito dal giornalista Giovanni Minoli “artista avventuriero”. Tanzini è arrivato a Malindi nel 1969 senza mai più lasciarla.

Dopo la visita del Presidente Sergio Mattarella in Kenya, la collaborazione tra i due Stati diventa sempre più forte. Il Capo di Stato italiano, dopo essere atterrato a Nairobi per parlare di ambiente, si è spostato sulla costa settentrionale per visitare il centro spaziale “Luigi Broglio” a Malindi. In questa piccola cittadina, in cui Vasco De Gama fu accolto in pompa magna il 7 aprile del 1498, esiste una comunità di italiani attiva da decenni nel settore turistico, proprio quello che oggi rappresenta il 10 per cento del Pil del Kenya. Ma, il primo italiano a intuire che il turismo avrebbe cambiato l’immagine del Paese incrementandone il Pil, è stato Armando Tanzini. Abbiamo incontrato Tanzini nel lodge “White Elephant” sull’Oceano Indiano. Lui grande viveur, appassionato di Africa, di donne e di animali ricorda, nel portamento, Gianni Agnelli. Nato a Livorno nel 1943 sotto il segno dei Pesci. Ha frequentato l’Accademia di arte di Parigi, amico di artisti come Andy Warhol e Francis Bacon, già definito dal giornalista Giovanni Minoli “artista avventuriero”. Tanzini è arrivato a Malindi nel 1969 senza mai più lasciarla.

Com’era Malindi quando è arrivato in Kenya e cosa ha fatto per questi posti meravigliosi?

Malindi è sempre stata paradisiaca. Nel 1981 ho fatto la prima cosa bella per Malindi quando ho scritto il piano regolatore dell’area di Casuarina, la più bella strada residenziale della città. Ricordo che sostituii il termine “residenziale” con “commerciale”. All’epoca, l’introduzione del termine predetto era una via obbligata per superare il limite dell’isolamento imposto dalle bellissime ville inglesi. Quel limite bloccava lo sviluppo turistico ed economico della zona. A quel punto, gli inglesi mi fecero causa. Non volevano alberghi vicino alle loro ville. Mi dissero che il mio piano regolatore era un bluff e, come loro stessi usano dire, era soltanto: un “white elephant”. Invece, con il nuovo piano regolatore è cambiata l’immagine di Malindi. Da allora, qui sono cambiate parecchie cose. Anche Franco Rosso ha investito a Malindi e poi Briatore e tanti altri uomini di business. Il mio lodge si chiama “White Elephant”, come simbolo di sfida a tutto ciò che per gli inglesi è impossibile.

E gli italiani che vivevano a Malindi negli anni ottanta?

Quando sono arrivato a Malindi non c’erano tanti alberghi ed erano frequentati dagli inglesi. Anche Ernest Heminguay era passato di qui anni prima e fu lui a coniare il termine “safari” per intendere un’escursione africana. In quel periodo, gli unici italiani che vivevano qui erano quelli della Base, quindi del Centro spaziale. Oggi, da loro, si può ammirare il mio murale. Ed è molto interessante osservare i volti delle scimmie che ho dipinto. Una volta arrivato a Malindi, ho deciso immediatamente di comprare casa. E così in una sola ora possedevo una casa e per fare arrivare gli italiani ho comprato le terre proponendole come investimento.

La storia di Malindi è molto interessante. I turisti italiani che arrivano la conoscono prima di andare via?

Malindi è una città ricca di storia, ma si è scritto poco. Sembrerebbe risalire al XIII secolo e il riferimento più antico è quello dell’arabo Abu al Fida con un documento sull’attuale posizione geografica della città. Poi, c’è la storia della giraffa donata dal re del Bengala agli indiani, poi adorata come fosse un unicorno. E il sito archeologico di Gedi è ciò che rimane dell’antica Malindi popolata dagli arabi dell’Oman e poi dagli etiopi. Oggi Malindi è poca cultura e molto turismo. Per questo il mio lodge, il White Elephant è pieno di arte e turismo. Da patrono dei musei locali mi voglio dedicare alla loro valorizzazione e divulgare la conoscenza della storia di Malindi per valorizzarne l’immagine storica, artistica e culturale.

Oggi i leoni sono in fuga e sembra che questa sia la peggiore siccità degli ultimi 40 anni. Più di 5 milioni di Keniani rimarranno senza acqua e cibo nel giro di pochi mesi. Cosa ne pensa?

E’ vero, oggi gli animali vivono un brutto momento. I leoni sono in fuga e mancano acqua e cibo. Quello che è successo qualche giorno fa ad Amboseli Park, dove i leoni sono scappati per fame e sete è importante. Ricordo che in passato c’era una grande quantità di animali. Si andava a caccia. Ed è andando a caccia che ho capito che gli animali vanno protetti. Nel 1976 partecipai alla campagna contro la caccia e nel 1977 fu vietata. Adesso bisogna salvare gli animali e c’è bisogno di grande collaborazione non solo perché i safari sono una ricchezza per il Kenya. E’ fondamentale aiutare soprattutto i keniani. Penso che in Africa ci sia davvero tanto da fare.

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Rosita Stella Brienza

Laureata in Scienze della Comunicazione all'Università Lumsa di Roma; Master in Business e Comunicazione all'Istao di Ancona. Giornalista dal 2008 per Repubblica, La Nuova del Sud e Panorama.it. Dal 2015 collaboratrice a Radio Laser

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