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L'inizio della scuola il 24 settembre 2020 in un liceo di Rieti (Getty Images).
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L'inizio della scuola, fra interrogativi e paure

Viaggio nella testa e nel cuore di 8,3 milioni di studenti ai nastri di partenza di un anno scolastico decisivo per il loro presente e il loro futuro. E gli auguri sono d'obbligo.

Ci siamo, la scuola sta per ricominciare per 8,3 milioni di studenti che a breve ripopoleranno le aule italiane. Il piano per la ripartenza di ogni ordine e grado prevede la presenza al 100%, dopo quasi due anni, insieme a Green pass per docenti e protocolli Covid sostanzialmente invariati rispetto allo scorso anno.

La scuola italiana che riapre i battenti non godeva certo di ottima salute già prima della pandemia, ma adesso è convalescente e fragile, dopo essere stata attaccata alle macchine (della Dad) per non morire; se il sapere e le relazioni sono ossigeno per l'anima, la scuola è oggi più che mai in crisi respiratoria e prendersene cura è una questione politica e civile che tocca a tutti, addetti ai lavori e non.

Otto milioni di studenti che sono bambini e ragazzi, persone una per una con le loro storie, le loro fatiche e le loro vicissitudini, forse ormai assuefatti a un modo di fare scuola che in questi due anni, per forza di cose, è stato stravolto e ha indubbiamente compromesso le loro conoscenze, le loro sicurezze, le loro possibilità.

La scuola smorza gli entusiasmi, la scuola annoia, la scuola uccide tutto ciò che fa suo: sono frasi che si dicono e che si sentono sempre, basti pensare al caso de I Promessi Sposi, romanzo geniale e magnifico a torto considerato noioso proprio perché «in programma», perché assegnato e sminuzzato dalla scuola. Ecco, a questa fama non rassicurante la pandemia ha aggiunto mille altre difficoltà, dalla lezione a distanza alle relazioni tarpate dal distanziamento, dall'impossibilità di condividere un banco, un libro, una penna, fino ad arrivare alle carenze disciplinari così amplificate con la Dad. Con quale spirito i ragazzi rientrano a scuola, sapendo che ci sarà da fare i conti con tutto questo?

Al netto della politica e dell'emergenza sanitaria, dopo quasi due anni è d'obbligo dare il proprio contributo perché le cose ripartano al meglio, vale a dire con professionalità, serenità e senza ansia, e sperare per questo esercito di studenti un anno con condizioni ambientali migliori per recuperare le tante lacune che si sono create e per farsi incuriosire, nonostante la scuola, da saperi e cultura, ma anche per riprendere confidenza con la socialità in aula, per vivere la fanciullezza e l'adolescenza con i ritmi, le passioni brucianti e anche la spensieratezza necessarie.

Tra tutti loro, un pensiero ai più grandi e uno ai più piccoli. Il primo è per gli studenti dell'ultimo anno di superiori che si trovano davanti un anno di per sé complesso, per programmi, stress e adempimenti, e ancora ricco di incognite: si riaffaccerà la Dad? Che esame di maturità dovranno svolgere? Quando ne sapranno qualcosa? Sono questioni da trattare con attenzione, perchè questi studenti hanno svolto gli ultimi anni di scuola, quelli tradizionalmente più intensi per ricerca e stimoli culturali, in condizioni così difficili, uniche, che si spera siano irripetibili. L'entusiasmo dell'inizio del percorso è stato minato dagli avvenimenti e ora c'è da affrontare un anno, l'ultimo, con fragilità relazionali, emotive e certamente anche disciplinari.

Poi ci sono i più piccoli, quelli che hanno sei anni da qualche mese, o che non lo hanno ancora compiuti. Sono bambini che non hanno ancora fatto i conti con l'obbligo della mascherina, che stanno imparando a essere autonomi ai servizi, che magari fanno ancora il riposino dopo pranzo, che di professione corrono e giocano tutto il giorno. La scuola accoglierà anche loro e il loro entusiasmo di imparare a scrivere come i grandi. Ecco, l'augurio è che la scuola sia vigile e attenta a non spengere i loro sorrisi sdentati, perché nascosti dalle mascherine potremmo non accorgercene neppure.

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Marcello Bramati