Google espande la ricerca personalizzata a Gmail, Calendar e Drive
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Tecnologia

Google espande la ricerca personalizzata a Gmail, Calendar e Drive

Google ha cominciato a testare l'introduzione di Gmail e Drive nei risultati di ricerca. Una funzionalità sicuramente utile. Ma secondo alcuni la ricerca di Big G sta diventando troppo personalizzata, e pericolosa

La ricerca di Google diventa, se possibile, ancora più personalizata. Lo scorso gennaio il colosso di Mountain View aveva stravolto il settore search introducendo la funzionalità Search Plus Your World , che andava a gettare i risultati di Google+ nel già affollato calderone di risultati ottenibili attraverso una ricerca Google. Oggi, Google comincerà a testare l’introduzione nelle proprie ricerche di altri dati personali, nello specifico, quelli derivanti da Gmail e Drive.

Il test è riservato solo a una cerchia ristretta di utenti, ma chiunque può chiedere di provare in anteprima le nuove funzionalità, basta avere un account gmail.com e fare esplicita richiesta sull’apposito sito . Tra le novità introdotte: un notevole miglioramento della ricerca attraverso Gmail (che consente di accedere direttamente a risultati di Calendar e Drive) e la comparsa nella colonna destra dei risultati di ricerca, delle opzioni “Drive Results” e “Gmail Results”.

In realtà, Google aveva iniziato a testare l’introduzione di risultati Gmail già ad agosto , ma si trattava di un esperimento ancora più circoscritto, volto semplicemente a esplorare il terreno (o forse, a dissodarlo) per valutare le problematiche e le opportunità legate a un’ipotetico allargamento del raggio d’azione di Google Search. Superato l'esperimento iniziale, Google oggi procede con la fase due.

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Alcuni già caricano i fucili per il fuoco di fila polemico che puntualmente circonda esperimenti di questo tipo. L’accusa principale: Google è alla costante ricerca di modi per indurre gli utenti a fare uso del precario Google+. Sebbene in passato Google abbia davvero calcato la mano sull’utilizzo di Google+, non è questo il caso. In realtà, a differenza di Search Plus Your World, l’integrazione di Gmail e Drive nei risultati di ricerca ha un’effettiva utilità che non va a contaminare i normali risultati di ricerca. Gli utenti che scelgono di testare la nuova funzionalità continueranno infatti a ricevere i soliti risultati di ricerca, la differenza è che ora avranno la possibilità di accedere a pagine separate che mostrano i risultati relativi alle mail inviate o ricevute, e il ventaglio di documenti archiviati in Drive.

Il vero problema con Google semmai è un altro, e non ha a che fare con le modifiche introdotte oggi o lo scorso gennaio, ma piuttosto con la progressiva personalizzazione delle ricerche che Google ha operato a partire dal 2009. Il problema è stato brillantemente definito da Eli Parisier, attraverso la metafora della Filter Bubble . Poiché i risultati di ricerca di Google tendono a variare a seconda di chi compie le ricerche, adattandosi ai gusti, ai dati anagrafici, o anche semplicemente alle tendenze di navigazione, l’utente si ritrova all’interno di una bolla informativa dove tendono entrare solo quelle informazioni che in qualche modo si “adattano” al profilo che Google ha tracciato monitorando le abitudini di navigazione dell’utente.

Questo problema non colpisce solo chi ha un account Google. Una recente ricerca condotta da DuckDuckGo , un competitor di Google specializzato in ricerche imparziali, rivela come anche tra gli utenti che non hanno un account Google si registri una notevole differenza nei risultati di ricerca. Lo studio (che, va detto, era limitato a 131 soggetti) dimostrava come, a seconda dei giornali che gli utenti tendevano a leggere, Google fornisse risultati in armonia con le loro posizioni politiche su temi come aborto e possesso d’armi. In sostanza, le persone che hanno una certa opinione politica, e che magari tendono a visitare siti di informazioni conformi alle proprie posizioni, tendono a ricevere da Google, come prima scelta, link e articoli che confermano le loro convinzioni, mentre gli articoli che potrebbero aiutarli a farsi un’opinione diversa (o semplicemente, informata) rimangono in secondo piano, virtualmente invisibili.

Il pericolo è che, di questo passo, Google diventi un motore di ricerca che, invece che aiutarti a esplorare il Web, ti aiuta a confermare quello che già sai, o pensi di sapere. La speranza è che con la progressiva introduzione del modello Knowledge Graph , questa parzialità venga in qualche modo diluita. Nel frattempo, se volete evitare che la vostra cronologia di ricerca influenzi i vostri risultati di Google, potete andare a disabilitare il tracciamento della vostra attività di ricerca.

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Fabio Deotto