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(Ansa)
Economia

C'è una Torino già andata oltre la probabile chiusura di Mirafiori e la famiglia Agnelli

Viaggio nella città che sta per fare i conti definitivi con un pezzo della sua storia, senza rimpianti, anzi. Riscoprendosi forse migliore

Mirafiori chiude. Forse, probabilmente. Mirafiori è la Fiat e la Fiat oggi è Stellantis. L’affare “di Stato” è in apertura su ogni organo di informazione ma chi la città di Torino la vive tutti i giorni cosa ne pensa? Siamo scesi in strada e abbiamo parlato con la gente per avere un punto di vista diverso.

Antonella, 46 anni, imprenditrice metalmeccanica

Penso che possiamo anche smetterla di dare soldi agli Agnelli. Si parla di privatizzare aziende pubbliche perchè ci serve liquidità e faccio l'esempio di POSTE, che dopo decenni di perdite è in utile e poi giriamo questi soldi a FIAT che è in crisi entrando come Stato nel partenariato così ci troviamo anche a litigare con i francesi? Ma nell'interesse di chi? A me pare si parli sempre degli interessi della "famiglia " più che dei contribuenti. Per come la vedo io la chiusura di Mirafiori genererà una Crisi che, come tale, porterà finalmente nuove opportunità per la città di Torino. La vecchia Fiat ha creato posti di lavoro ma ha anche determinato il taglio FIAT centrico della nostra città. Questo però succedeva forse fino ai primi anni 2000 pre-Marchionne per intenderci, il quale se è vero che salvò la Fiat, è vero anche che lo fece con un taglio negli investimenti sul territorio piemontese e non solo. Da lì abbiamo iniziato ad alzare la testa scoprendo di essere bravi anche a fare altro, parlo del valorizzare il territorio, il patrimonio enograstonomico, l'eccellenza delle aziende nel settore ICT. Forse non è un caso che il collegamento ferroviario tra Torino ed il suo aeroporto arrivi in questo momento. Per cui faccio un in bocca al lupo a me e agli altri torinesi per dimostrare a questa simpatica famigliola che noi ce la caviamo anche senza di loro e i soldi per la FIAT beviamoli in BAROLO. Ad maiaora!

Vita, 62 anni, infermiera

Carlo Tavares come i suoi predecessori con la scusa che non c'è la fanno, che hanno i conti in rosso, che gli utili o le entrate sono in negativo, chiedono da sempre sussidi allo Stato, ricattandoci con tagli e chiusure o “portando le fabbriche” fuori dal nostro Paese dove la manodopera costa di meno. Le lavoratrici e i lavoratori sono sconcertati, sono sempre loro a pagare il prezzo più alto. E poi queste macchine elettriche, ma chi le vuole? Neppure gratis, mi tengo la mia bella e sicura.

Luca, 42 anni, architetto

Sono arrivato a Torino 5 anni fa, e della città non sapevo molto. Pochi punti fermi. Tra questi, il mito di “mamma” Fiat, la grandeur di un’azienda e quindi dell’Italia intera, l’immensità dei suoi spazi produttivi, le storie che giravano intorno alla famiglia Agnelli, l’iconica pista del Lingotto, l’Italia motorizzata, il boom economico. Quando finalmente ho iniziato a guardare da vicino la città, mi sono scontrato con la cruda verità. Passando in auto in più momenti per la zona di Mirafiori, proprio in quel Corso Giovanni Agnelli, persisteva giusto l’ombra di un lontano ricordo. Facciate spente, cancelli chiusi, silenzio. E anche se la produzione in varie forme, con progetti degni di nota, è ancora attiva con 20.000 addetti al suo interno, lo stabilimento è passato da produrre un milione di veicoli negli anni ’70, ai ventimila del 2022. Un po’ come tagliare un albero in mezzo ad una foresta tropicale. Chi se ne accorgerebbe? Ma tant’è. Complice la nascita di FCA, la perdita di guide forti, la riconversione della città intera da produttiva a culturale/sportiva, ed ecco che diventa difficile immaginare che dentro Mirafiori si produca davvero ancora qualcosa di rilevante. Rilevante per l’Italia, per una città, qualcosa che riporti indietro il tempo insomma. Perché purtroppo quando si è stati grandi, il confronto è sempre dietro l’angolo. Basta chiedere a qualche torinese cosa sia Stellantis. Quanti sanno dei progetti green che porta in pancia? Dovrebbero rappresentare un rilancio per tutti, approccio sostenibile, ambiente, salvataggio di una memoria storica… le componenti dovrebbero esserci tutte. Eppure, il mito è crollato tempo fa. E sulla pista del Lingotto non corrono più le 500, ma si coltivano fiori.

Simonetta, 60 anni, medico di famiglia

La politica di Stellantis è di adeguamento ai mercati e non tiene conto della storia dell’azienda che hanno acquisito. Non tengono conto del fatto che molte persone rimarranno a casa senza lavoro. Continuano a chiedere aiuti economici allo Stato perché hanno sempre attuato una politica di sussidi e mai di autonomia, ma non sono i soli a farlo, sia chiaro! Seguendo solo la parte economica non hanno fatto mai il bene della gente. Potevano inventarsi un modello moderno di azienda in cui veniva dato peso anche alla qualità del lavoro e ai suoi dipendenti. Pensate che rivoluzione! Il fatto che chiuda, dal punto di vista storico, fa impressione. Credo però che possa essere una opportunità per riprendersi un pezzo di città, Mirafiori è un’area sterminata, per reinventarsi nuove situazioni lavorative, nuovi spazi culturali, da dedicare magari all’istruzione come lascito di una storia giunta al termine. Il 70% di chi lavora a Mirafiori è in cassa integrazione, non conosco i numeri assoluti ma mi chiedo cosa faranno quelle famiglie quando l’azienda chiuderà. Se non ci saranno alternative percorribili, inevitabilmente aumenterà la povertà della città di Torino.

Smeralda, 84 anni, negoziante di elettronica

Sono molto legata al ricordo di Mirafiori: quanto lavoro diede! Era un vanto lavorare in quell’azienda anche se si era solo degli “operai”. Spero non chiuda, vorrei avessero la forza di rivalutarla, capire quanto è in perdita e ridimensionarla, evitando licenziamenti. Tante menti insieme non riescono a trovare un modello nuovo? Torino non può perdere quello che per decenni è stato un punto di riferimento, un Simbolo. Spero che abbiano la forza di vedere questo momento come un’opportunità per aprire nuove strade. Non chiudetela: è un danno per Torino, fate in modo che torni a fare del bene come all’inizio della sua storia.

Mauro, 61 anni, decoratore

La chiusura di Mirafiori è un grave colpo per la città di Torino e per il Piemonte intero. È una istituzione, nata e cresciuta con la famiglia Agnelli e adesso con i cambi di proprietà e subentri di nipoti vari è stata snaturata di quello che era, dando valore solo all’aspetto commerciale. Oggi l’affare Stellantis apre tutti i quotidiani ma a Torino era nell’aria da anni, con i cambi di nome, le varie acquisizioni. Dispiace che non si sia fatto niente per fermare quest’onda anomala. L’abbiamo semplicemente lasciata crescere mentre il Dio denaro faceva molto di più di quanto avrebbe dovuto fare. Abbiamo perso dei pezzi, il nostro made in Italy che tanto valeva e siamo al punto di rottura in cui il governo potrebbe non riuscire a fare più nulla per salvare Mirafiori e quei posti di lavoro.

Chiara, 28 anni, lavora nel mondo della comunicazione

Torino è la Fiat, Mirafiori è la Fiat, parliamo di una delle fabbriche automobilistiche più importanti al mondo, capace di cambiare un paese intero dando tanto lavoro. Quello che so su quel posto si lega agli studi scolastici, fa parte della storia d’Italia, della rivoluzione operaia. Resta nei racconti dei nonni che hanno vissuto il periodo d’oro dell’azienda: non ci hanno lavorato ma come la maggior parte delle famiglie di Torino compravano solo macchine Fiat, si sentivano utili nel farlo, come se contribuissero al bene di quell’azienda. Sapere che potrebbe chiudere non mi tocca personalmente dal punto di vista emotivo, mi dispiace per chi rimarrà senza lavoro. Se però quel posto non “funziona” più non mi dispiace l’idea che chiuda, anzi la vedo come un’opportunità per andare in altre direzioni. Vivo Torino come una città che sta dimostrando di essere al passo con i tempi. Sono figlia dei tempi moderni, della velocità e dell’efficienza. Spero che chi la chiuderà contribuirà alla rinascita di quel posto. Quella gente va tutelata come la memoria di quello che c’è stato.

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Nadia Afragola