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(Getty Images)
Industria

La possibile chiusura di Mirafiori; un pugno da ko di Stellantis alla storia d'Italia

Il luogo simbolo per un secolo della Fiat e dell'industria italiana potrebbe chiudere i battenti; simbolo perfetto della fine di un'epoca e della forza di una grande famiglia

“Inaugurato nel 1939, l’impianto torinese segnò per Fiat l’inizio della produzione moderna, e resta una delle fabbriche automobilistiche europee in attività da più tempo. Oltre due milioni di metri quadrati di superficie, quasi dodici chilometri di strade sotterranee per spostare motori e componenti, più di venti chilometri di sistemi di trasporto su cui si muovono materiali e vetture finite. Si tratta di una vera e propria ‘città’ la cui storia è intrecciata in modo indissolubile a Torino tanto che i cambiamenti vissuti negli anni dall’impianto produttivo e dal tessuto urbano, per certi versi, sono davvero molto simili. E oggi con la produzione della Nuova 500 si apre un nuovo capitolo di questo storico stabilimento, oltre che segnare una pietra miliare nella storia di Fca e dell’automobile”. Era il 22 ottobre 2020 e con queste parole piene di enfasi un comunicato stampa di Fiat Chrysler Automobiles celebrava il mito di Mirafiori, l’impianto che con i suoi 81 anni di vita “ha fatto la storia dell’industria automobilistica italiana e mondiale” e allora si preparava all’avvio della produzione della 500 elettrica.

Oggi, a neppure 4 anni di distanza, il destino della grande fabbrica è in bilico: Carlos Tavares, il gran capo del gruppo Stellantis di cui l’ex Fca fa parte, sembra intenzionato a razionalizzare la produzione in Italia e i lavoratori di Torino temono che il loro stabilimento sia destinato ad un forte ridimensionamento, se non alla chiusura. Del resto Tavares ha sempre sottolineato che i costi di produzione in Italia sono troppo elevati: realizzare una Fiat 500 elettrica costa almeno mille euro in più rispetto a una equivalente Peugeot prodotta in Spagna.

Nel 2023 il polo torinese di Stellantis ha sfornato 85.940 auto su un totale di 521 mila vetture prodotte dal gruppo in Italia. “Il peso maggiore dei volumi” spiega una nota della Fim-Cisl “ continua ad essere determinato dalla produzione della 500 bev che si ferma a 77.260 unità, di fatto allo stesso livello del 2022 (77.500). Dato non positivo, visto che l’andamento nel 1° semestre 2023, spinto da una produzione su due turni, aveva fatto sperare in una salita oltre le

90 mila unità”. Ancora peggio sulla linea della Maserati, dove la produzione è crollata del 49% con 8.680 veicoli.

Gli altri grandi stabilimenti italiani vanno molto meglio: Pomigliano ha chiuso con 215 mila auto prodotte, Melfi con 170 mila mentre Cassino si è fermata ad appena 48.800 unità ma per ragioni tecniche: con l’assegnazione della nuova piattaforma Stla Large diventerà lo stabilimento leader per produrre la prossima generazione di veicoli di marchi premium e di lusso come Alfa Romeo e Maserati. E quindi il suo futuro dovrebbe essere assicurato.

Le ombre invece si allungano su Mirafiori. Sono state confermate le produzioni della Fiat 500 elettrica, anche in versione Abarth, delle nuove Maserati Gran Turismo e Gran Cabrio e dei modelli del Tridente a fine vita. Ma la Quattroporte, che doveva arrivare dopo il 2025, probabilmente non si farà a Torino. E i volumi si preannunciano modesti.

Una sua eventuale chiusura rappresenterebbe uno shock per Torino, un sipario che cala sul più importante palcoscenico della sua storia recente.

Riprendiamo la lunga nota scritta dallo stesso ufficio stampa dell’allora Fca: “Mirafiori è sempre stato il luogo in cui prendono vita idee geniali e progetti avveniristici. Da queste linee sono usciti modelli iconici che hanno fatto la storia dell’automobile, spinto l’evoluzione tecnologica e, in molti casi, hanno anche accompagnato i cambiamenti della società italiana. La prima fu la mitica Topolino, la più piccola auto al mondo prodotta in grande serie. Poi arrivò la 600, la prima vettura popolare dell’Italia, che solo dopo pochi mesi di commercializzazione era così richiesta che i tempi d’attesa per poterla avere raggiunsero l’anno. E sempre da Mirafiori uscì la vettura più iconica di sempre per il marchio Fiat, la 500, che motorizzò l’Italia nel secondo dopoguerra, accompagnò il miracolo economico, accorciò le distanze permettendo agli italiani di muoversi con facilità, di incontrarsi e di viaggiare. Poi fu la volta dell’inarrestabile Panda, altra vettura che ha segnato un’epoca, prodotta in tre serie e oltre 7 milioni e mezzo di esemplari. E ancora la Uno, lanciata con una presentazione memorabile dalla base spaziale di Cape Canaveral (Usa), che rivoluzionò l’organizzazione degli spazi interni inventando il concetto di ‘monovolume dentro’. Senza dimenticare la sua erede, la Punto. Insomma, nell’album di famiglia di tutti gli italiani c’è una vettura uscita da Mirafiori, come ad esempio la 1.100, o la 127 o la 131 Mirafiori, che addirittura nel nome sottolineava orgogliosamente lo stabilimento in cui era prodotta. Mirafiori si è trasformata di pari passo con la città di Torino, ne ha condiviso i successi come i momenti difficili, ma ha sempre trovato il modo di riemergere”.

Ma Mirafiori non è stata solo automobili. È la fabbrica che, inaugurata alla presenza di Benito Mussolini, ha dato vita alle prime forme di resistenza operaia durante la Seconda guerra mondiale: il 5 marzo 1943 iniziò infatti nell'officina 19 dello stabilimento lo sciopero degli operai. In pochi giorni la protesta coinvolse 100 mila lavoratori: fu la prima grande ribellione operaia che si estenderà presto in tutte le fabbriche del Nord Italia.

E qui maturò nel 1969 l’autunno caldo con le rivendicazioni dei lavoratori per ottenere stipendi e qualità della vita più elevati, una protesta che dilagò nell’intero Paese. Mirafiori fu testimone dell’avvento del terrorismo: 61 lavoratori sospettati di contiguità con i terroristi furono licenziati e un suo operaio, Lorenzo Betassa, aderì alle Brigate Rosse e fu responsabile di numerosi ferimenti e omicidi a Torino nel periodo 1977-1980 per poi essere ucciso dai carabinieri. Vari quadri e dirigenti della fabbrica furono vittime di attentati. E fu davanti a suoi cancelli che il segretario del Pci Enrico Berlinguer il 26 settembre del 1980 incontrò gli operai, per poi tenere un famoso discorso in Piazza San Carlo durante i terribili 35 giorni di sciopero alla Fiat.

Ora Mirafiori è la placida culla della motorizzazione elettrica e del riciclo delle automobili, nel segno della rivoluzione green. I suoi operai sono rassegnati, piegati da anni di declino e di cassa integrazione. E forse il loro destino è segnato. Se ne parlerà sicuramente giovedì 1 febbraio nell'atteso vertice di Stellantis con il ministro Adolfo Urso.

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Guido Fontanelli