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Economia

Tav, quanto costerà realizzarla e quanto bloccarla

In caso di stop ai cantieri, secondo alcune stime, si dovrebbero mettere in conto spese aggiuntive per circa due miliardi di euro

Al netto di tutte le polemiche e discussioni di carattere politico, e a volte dal sapore decisamente ideologico, che stanno investendo, o forse sarebbe più coretto dire ri-investendo, in queste ore il progetto della Tav, potrebbe risultare interessante dare uno sguardo ai costi in ballo nel caso si decidesse di proseguire oppure, in alternativa, di interrompere i lavori della ferrovia veloce che dovrebbe collegare Lione a Torino.

Spesso infatti i numeri possono aiutare più di mille chiacchiere a comprendere la posta in gioco.

Se i lavori si faranno: quanto si è speso e quanto si spenderà

Vale la pena ricordare innanzitutto che il primo cantiere della Tav in Italia è stato aperto nell’ormai lontano 2011, con un programma di lavori che si prevede dovrebbero essere ultimati nel 2030. Il tutto per un percorso che complessivamente sarà di 270 chilometri, dei quali 80 in Italia e 190 in territorio francese.

Secondo il progetto, l’opera complessivamente dovrà costare circa 15,8 miliardi di euro, dei quali 4,7 saranno in conto per l’Italia, 7,7 per la Francia e 3,4 per l’Unione europea. Al momento per i lavori eseguiti, secondo i dati della Telt, la società costituita ad hoc per la realizzazione dell’opera e partecipata al 50% tra Italia e Francia, sono stati già spesi 1,5 miliardi di euro, dei quali metà a carico dell’Unione e il resto diviso equamente tra Parigi e Roma.

L’Italia però, e questo è un elemento fondamentale, ha già sbloccato altri 2,4 miliardi di euro per lavori successivi, portando il proprio impegno complessivo a quota 2,88 miliardi di euro, ovvero circa l’80% del già citato impegno totale messo in preventivo.

Se i lavori non si fanno: ecco quanto potrà costare

Nel caso, ventilato in questi giorni, l’Italia decidesse invece di tirarsi indietro e di non realizzare l’opera, le conseguenze potrebbero essere svariate e avere costi decisamente enormi. Innanzitutto, in caso di rescissione, i due altri partner “costruttori”, ovvero Ue e Francia, potrebbero chiedere un risarcimento dei soldi finora investiti.

Inoltre l’Italia avrebbe perso i circa 400 milioni messi finora sul piatto dei lavori. Senza contare che, le opere comunque realizzate al momento dovrebbero essere messe in sicurezza, con il ripristino anche dell’agibilità ambientale, un lavoro che potrebbe durare anche più di 5 anni e costare qualcosa come 200 milioni di euro.

Insomma, un conto decisamente salato, che, è opportuno ricordarlo, i detrattori dell’opera in parte contestano, e che potrebbe lievitare fino a circa 2 miliardi di euro.

Senza contare, e questo sarebbe un danno ulteriore, l’Italia potrebbe vedersi revocato qualsiasi finanziamento europeo per cinque anni, come sanzione per il mancato adempimento di accordi precedentemente stipulati.

Una versione più soft di questo scenario, prevederebbe invece un accordo tra Italia, Francia e Ue, che deciderebbero a questo punto di concerto di interrompere i lavori. In questo caso, gli investimenti fatti e quelli di messa in sicurezza delle opere già realizzate resterebbero, ma almeno si risparmierebbero i soldi di eventuali sanzioni e risarcimenti.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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