Cosa c'è dietro il crollo e la crisi del petrolio
Economia

Cosa c'è dietro il crollo e la crisi del petrolio

I mercati temono stia per arrivare la perfect storm e tentano il rimbalzo. Non è un bel segno per l'economia

Produttori di petrolio che pagano per vendere il greggio, siti di stoccaggio stracolmi, impianti di estrazione costretti a chiudere a causa del drammatico crollo della domanda. E' quello che sta succedendo al mercato del petrolio in un panorama che supera anche le aspettative più pessimistiche: per la prima volta nella storia il prezzo del future del petrolio Wti è precipitato talmente tanto da riportare alla fine una quotazione negativa (lunedì un barile valeva – 37 dollari, oggi è risalito a stento a +14 dollari).

Con la domanda crollata di un terzo per il Coronavirus, molte società, infatti, non sanno più dove mettere il greggio, mentre sul mercato dei futures si osservano dinamiche mai viste, nemmeno nelle peggiori crisi del passato.Sia chiaro: nessuno ci pagherà per fare il pieno di benzina alla macchina, e questo perché a fronte di un reale calo della domanda sta avvenendo una sensibile speculazione finanziaria all'interno del sistema ed è questo quello che ha causato il vero cortocircuito tra chi compra petrolio e chi lo produce Perché ogni giorno se è vero che vengono venduti milioni di barili di petrolio nel mondo è altrettanto vero che se ne muovono virtualmente miliardi grazie al meccanismo dei derivati ossia contratti in cui ci si accorda per una consegna futura del greggio ad un prezzo prestabilito. Quei contratti, però, quando giungono a scadenza, grazie a un sistema chiamato rollover, vengono prorogati con un accordo tra produttore e compratore e quindi sostanzialmente la consegna non avviene mai.

Quello che è accaduto lo scorso martedì è che, a scadenza del contratto mensile, i possessori di contratti futures sul petrolio si sono così trovati in una specie di trappola per topi dove le opzioni erano solo due: accettare i barili pagando costi altissimi per tenerli fermi finché qualcuno non li compra, oppure pagare chi dovrebbe consegnarglieli per tenerseli. In pratica i compratori si sono trovati a pagare i produttori per non ricevere barili di greggio che avevano già pagato. Un paradosso che ha portato il costo del WTI sotto lo zero con i contratti di maggio chiusi debolissimi a 20,43 dollari al barile mentre il Brent per lo stesso mese – considerato un riferimento internazionale – vale 26 dollari.

Al momento, infatti, il problema è più americano che europeo visto che Il Brent, greggio estratto nel mare del Nord che funge da riferimento per il mercato europeo, regge ancora le quotazioni.Nonostante i prezzi irrisori del gregge, però diesel e benzina al distributore sono diminuiti solo del 15,20% e questo per il solito discorso legato alle accise ma, sebbene il pieno dell'auto non sia stato mai così economico, questa non è necessariamente una buona notizia. Quello che ci aspetta per il futuro più prossimo è una feroce guerra dei listini tra Arabia Saudita, Russia e Stati Uniti che, nel post Coronavirus, potrebbe tradursi in una miccia bellica estremamente pericolosa.La tempesta perfetta causata dal lockdown da Coronavirus si trova in una sorta di apparente calma dopo il taglio della produzione voluto dall'Opec, ma la tempesta sarebbe pronta a scatenarsi quando il mondo tornerà a produrre portando con se un'ondata di bancarotte e il crollo di un settore che ha contribuito in modo sostanziale alla rivendicata indipendenza energetica americana che potrebbe essere messa in crisi.

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Barbara Massaro