Apple potrebbe comprare Twitter, ma non lo fa. Ecco perché
Economia

Apple potrebbe comprare Twitter, ma non lo fa. Ecco perché

Investendo su Twitter, Apple potrebbe avere il “suo” social network. Ma le indiscrezioni di questi giorni sull’imminente acquisto sono molto probabilmente infondate

Allo stato attuale, è poco più di una voce di corridoio, un’intenzione vagheggiata in passato che ora riposa sulle granitiche spalle del buonsenso. Le cose sono andate così: nella serata di venerdì, il New York Times pubblica un pezzo in cui cita le immancabili “fonti riservate” che annunciano la possibilità che Apple stia valutando di investire “centinaia di milioni di dollari” in Twitter, spinta dalla necessità di colmare un vuoto sul fronte social sempre più difficile da spiegare, per un’azienda abituata a macinare record. La notizia deflagra sulla Rete e viene istantaneamente palleggiata da chiunque abbia a disposizione una connessione internet. Si capisce, la favola di Apple che compra Twitter è troppo bella per non crederci, così per qualche ora la notizia gira, fino a trasformarsi nella “certezza” che Apple abbia intenzione di avanzare l’offerta del secolo.

La doccia fredda arriva nel giro di 24 ore. Il Wall Street Journal cita una seconda “fonte affidabile” che afferma invece che della cosa le due aziende hanno effettivamente discusso, ma già un anno fa, quando la situazione era radicalmente diversa da ora, e al momento le trattative sarebbero ferme. Nel frattempo, Dick Costolo, CEO di Twitter, ne approfitta per scrollare le spalle rivendicando una liquidità più che sufficiente. Da Apple non arrivano commenti. Lo “scoop” inizia a sgonfiarsi rapidamente.

Eppure, la favola ha conquistato troppi fan per non avere un seppur piccolo nocciolo di verità. Così le speculazioni ricominciano. Va bene, Apple a quanto pare non è in procinto di rovesciare secchiate di dollari nelle casse di Twitter, ma in fondo, perché non dovrebbe farlo? Dopotutto, le due aziende hanno dimostrato di lavorare assai bene in tandem. L’anno scorso Apple ha annunciato l’integrazione di Twitter nei suoi dispositivi, una cosa senza precedenti (se si esclude l’integrazione dei servizi Google) che ha lasciato Facebook a bocca asciutta e che ha portato grandi benefici per le due aziende. Da un lato, Twitter ha triplicato la propria presenza nei dispositivi iOS, rastrellando 10 miliardi di tweet da piattaforme iOS. Dall’altro, Apple ha riempito parzialmente la lacuna social che la contraddistingue, e ha cominciato ad affondare gli scarponi nell’accidentato terreno del social advertising.

Il fatto che ora Apple e Twitter possano stringere un legame molto più serio di quello che nell'ultimo anno li ha fatti andare a braccetto, è frutto di un’invitante equazione matematica: Apple (a differenza di Google e Facebook) non ha sviluppato un social network degno di tale nome, ha ottenuto risultati da capogiro creando e vendendo dispositivi mobile, ma sul fronte social ha solo sparato nel buio; Twitter (a differenza di Google e Facebook) non sembra avere alcuna intenzione di lanciarsi nel mercato dei dispositivi mobile. Difficile sbagliare i calcoli, le due aziende occupano settori complementari e mutualmente vantaggiosi, ergo: questo matrimonio s'ha da fare.

Ma allora perchè Apple esita a comprarsi sull’unghia una percentuale significativa di Twitter? Insomma, a Cupertino non scarseggiano certo in fatto di liquidità, dal momento che Apple si è classificata come compagnia più profittevole al mondo, e pare che il portafogli a disposizione di Tim Cook e soci sia rigonfio di oltre un centinaio di miliardi di dollari. Da un lato, Twitter non sembra aver bisogno di rimpinguare ulteriormente le proprie casse, dal momento che il CEO Dick Costolo afferma che l’azienda ha messo da parte “vagonate di denaro”. Dall’altra, per Apple, Twitter potrebbe risultare un tappabuchi di lusso, più che una soluzione definitiva alla questione social.

Vi spiego perché. Twitter è un ottimo social network, negli anni ha attirato oltre 500 milioni di utenti che si sono dimostrati molto attivi e, soprattutto, molto legati alla piattaforma. Le ultime mosse in fatto di advertising si sono rivelate azzeccate, e con l’introduzione delle Hashtag Pages, Twitter ha escogitato un modo per attirare e mantenere gli utenti incollati alla piattaforma durante alcune manifestazioni sportive e televisive. Ma c’è un problema in tutto questo, ed è il fatto che Twitter, a differenza di Facebook, non ha modo di collezionare una varietà così ampia di dati personali sulla propria utenza: non ci sono pagine profilo dettagliate, non c’è un equivalente della Timeline, non c’è una funzionalità paragonabile al “Mi piace”. Twitter, almeno al momento, non è una macchina macina-dati in grado di competere con Facebook e Google, e questo, in un panorama in cui gli ad personalizzati stanno diventando uno standard, potrebbe essere un problema. Pensate a Google, che ha costruito un impero imparando a conoscere nel dettaglio i propri utenti, non è un caso se il suo Google+ assomigli molto di più a Facebook che a Twitter. Il fatto che Apple avesse inizialmente tentato la strada di Ping per poi cercare l’accordo con Facebook, dimostra che Twitter, probabilmente, non è mai stata considerata una prima scelta. In quest’ottica, non stupisce che Apple abbia deciso di integrare Facebook nel suo prossimo sistema operativo e abbia interrotto le (supposte) trattative con Twitter.

Ma le cose potrebbero cambiare. Twitter infatti sta crescendo a vista d’occhio, lo scorso anno il comparto advertising ha totalizzato 140 milioni di dollari, una cifra che secondo le previsioni entro il 2014 sarà quasi triplicata. Apple può anche decidere di tenere i remi in barca, e continuare a temporeggiare in attesa di capire dove tira il vento, ma il suo buco sul fronte social rimane intatto, e se il settore continua a crescere a questa velocità, potrebbe presto trasformarsi in voragine.

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Fabio Deotto