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(Ansa)
Calcio

Caso Osimhen, De Laurentiis si difende come la Juventus

Il patron del Napoli rischia il processo per falso in bilancio. La ragione? Le plusvalenze dell'affare del 2020 che ricordano alcune delle contestazioni che hanno portato alla penalizzazione del club bianconero

L'incontro tra Aurelio De Laurentiis e i pubblici ministeri della Procura di Roma, chiesto dal presidente del Napoli, ha chiuso definitivamente gli atti dell'inchiesta sul presunto falso in bilancio del club partenopeo in relazione all'acquisto dell'attaccante nigeriano Victor Osimhen. A breve si saprà se i magistrati romani considerano sussistente l'ipotesi di reato, chiedendo il rinvio a giudizio per ADL, o se l'analisi della documentazione e le spiegazioni fornite dal presidente napoletano hanno convinto ad archiviare tutto.

Nel frattempo, però, è balzato agli occhi più attenti come la linea difensiva impostata da De Laurentiis sia stata per alcuni tratti molto simile a quella utilizzata nei mesi scorsi dalla dirigenza della Juventus, travolta dalla vicenda plusvalenze dalla quale è uscita con la penalizzazione che ha precluso la partecipazione all'attuale Champions League. Linea difensiva utilizzata nel processo sportivo, visto che quello penale - dopo il trasferimento da Torino a Roma per mancanza di competenza territoriale - non è ancora arrivato all'udienza preliminare.

I tempi e modi dell'ordinamento sportivo, però, sono molto più spicci. La Procura della Federcalcio da tempo è in attesa che il materiale raccolto da Roma sia a disposizione per valutare l'eventualità della richiesta di riapertura del processo, essendo il Napoli stato già prosciolto nella primavera del 2022 (insieme alla Juventus e ad altri nove club) all'epoca delle prime notizie sulle plusvalenze 'allegre' nel mondo del calcio italiano. Impossibile fare pronostici, anche se il precedente creato dalla Juventus, alla fine punita per la supposta esistenza di un sistema atto ad abbellire i bilanci, pesa anche solo nelle aspettative esterne. Il procuratore federale Chiné dovrà in sostanza dare prova di tenere alta l'asticella alzata al massimo per giudicare i bianconeri con un processo celebrato in poche ore e solo sulla base delle ipotesi accusatorie riversate dall'inchiesta della Procura di Torino.

In questo ragionamento colpisce che De Laurentiis abbia utilizzato, da quanto emerso, argomentazioni difensive simili a quelle dei dirigenti juventini. In sostanza ha spiegato che la valutazione dell'affare non è soggetta a criteri oggettivi, come ormai mandato a memoria in innumerevoli vicende simili. Va ricordato che Osimhen fu valutato 76,3 milioni di euro dal Lille che ricevette una cinquantina di milioni cash dal Napoli e un pacchetto di giocatori (Karnezis, Manzi, Palmeri e Liguori) che a loro volta consentirono ai partenopei di iscrivere a bilancio 20 milioni di plusvalenze. A parte il portiere greco, gli altri tre mai andati al Lille e presto usciti dal giro del calcio che conta.

De Laurentiis ha anche scaricato il peso dell'operazione su Cristiano Giuntoli, al tempo direttore sportivo del club, spiegando di non essersene interessato se non per gli aspetti formali. Eppure il potere di firma l'aveva lui (per questo Giuntoli non è stato iscritto nel registro degli indagati) e appare irrealistico che l'affare più costoso della storia recente del Napoli sia stato fatto quasi a insaputa del suo proprietario che notoriamente è molto dentro le dinamiche del mercato.

Infine, il terzo pilastro. I 20 milioni di plusvalenza, considerata fittizia dall'ipotesi di reato, nemmeno servivano a una società con i conti in ordine. E' vero che il Napoli del 2020/2021 era un club senza debiti e con un patrimonio netto ampiamente positivo (140 milioni di euro), ma è altrettanto incontestabile che quel bilancio si chiuse con un pesante passivo (-58,9) causato dai disastri del Covid e, dunque, l'operazione aiutò a limitare le perdite. Ed è anche incontestabile che un'argomentazione simile da parte dei dirigenti della Juventus non ha mai trovato sponda. Allora a Torino si argomentava che le plusvalenze contestate rappresentano meno del 4% di un fatturato ultra miliardario sui tre anni presi in esame e che comunque Exor non aveva avuto nessun problema a garantire il funzionamento della Juventus con frequenti e ingenti aumenti di capitale.

Argomenti spazzati via nel processo sportivo. Quello penale si vedrà. Le analogie con la tesi difensiva di De Laurentiis sono in alcuni casi evidenti. Cosa rischia il Napoli? Probabilmente nulla, se Chiné non dovesse trovare materiale sufficiente per poter chiedere la riapertura di un procedimento già sepolto, ma quanto accadrà sull'asse Napoli-Procura Figc è l'ennesima dimostrazione di come, quando si tratta di temi finanziari molto tecnici, gli strumenti della giustizia sportiva sono ormai inefficaci a garantire un corretto trattamento. Valeva per la Juventus allora, potrebbe valere per il Napoli adesso.

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Giovanni Capuano