"Noi italiani siamo i maghi delle megastrutture"
Luca Rotondo
Economia

"Noi italiani siamo i maghi delle megastrutture"

Dopo il contratto miliardario con Gazprom, viaggio nei segreti della Maire Tecnimont, diventata leader dell'engineering e dell'impiantistica

Il Made in Italy non è solo moda, design o prodotti alimentari.

È fatto anche di complicati progetti di impianti petrolchimici appiccicati sulle pareti di remoti uffici nel profondo dell'Asia o della Russia. Di ingegneri con il casco in testa e le mani sporche che aiutano clienti arabi a tirare su una nuova raffineria nel deserto. Di chimici che seguono passo passo la rinascita di uno stabilimento sudamericano di fertilizzanti. «Forse i suoi lettori non lo sanno, ma per capacità ingegneristiche e progettuali noi italiani siamo considerati fortissimi. Lo dobbiamo all'esperienza accumulata dal nostro Paese nell'industria petrolichimica, fin dai tempi del premio Nobel Giulio Natta e del Moplen. E anche per questo Marie Tecnimont è conosciuta e rispettata nel mondo».


Alle spalle di Fabrizio Di Amato si staglia il reticolo di tubi di una grande raffineria. Siamo a pochi chilometri da Danzica, vicino al punto in cui la Vistola si getta nel Mar Baltico. La raffineria, la seconda per importanza della Polonia, produce 10 milioni di tonnellate all'anno di carburanti, l’equivalente di un sesto dell'intera produzione italiana. Appartiene al gruppo statale Lotos, che ha affidato all’italiana Maire Tecnimont il compito di progettare e realizzare un nuovo pezzo dell'impianto. Non un semplice ampliamento: quando gru e operai (fino a tremila, nel momento di picco) avranno finito di montare tubi, macchinari e una torre alta 120 metri, la raffineria sarò molto più efficiente, potendo trasformare il 15 per cento della produzione di minor valore (il fondo del barile) in prodotti petroliferi più nobili e più ricchi. In pratica potrà sfruttare il 100 per cento del petrolio che entra nell'impianto riducendo a zero gli scarti.

Un contratto da 350 milioni 

Di Amato, presidente della Maire Tecnimont, è atterrato la sera prima a Danzica con una agenda piena di impegni: prima ha incontrato il top management della Lotos per fare il punto sull'andamento dei lavori (un contratto da 350 milioni) che devono concludersi il prossimo marzo.

Poi si è riunito con il consiglio di amministrazione della sua azienda: «Ogni tanto teniamo il consiglio presso impianti che stiamo costruendo o abbiamo appena finito» spiega Di Amato. «Lo facciamo sia per tenere i membri del board informati su che cosa facciamo, sia per mostrare l'attenzione riservata dalla nostra azienda verso i clienti e verso i collaboratori impegnati sul posto».

I consiglieri sono arrivati da Roma o da Milano.

Dopo la riunione, hanno indossato caschi e tute e hanno visitato l'impianto in costruzione. Poi pranzo in piedi in un prefabbricato costruito ai piedi della raffineria e infine incontro con i supervisori italiani e polacchi che seguono i lavori: a loro Di Amato ha riferito dell'incontro con i manager della Lotos, li ha incoraggiati e ringraziati. Poco ore dopo il presidente della Maire Tecnimont sarà di nuovo in volo. «Ogni anno colleziono 400-500 ore di viaggi in aereo». La prossima tappa sarà la Russia, dove la società italiana ha portato a casa il 2 giugno 2017 il più importante ordine della sua storia: la Gazprom le ha assegnato la commessa da 3,9 miliardi di euro per la costruzione di un impianto per il trattamento del gas destinato alla Cina.

Fattura 2,4 miliardi 

È da anni che la Maire Tecnimont inanella contratti su contratti in giro per il mondo. Oggi questa multinazionale dell'engineering e dell'impiantistica opera in più di 30 Paesi, dal Cile alla Malesia con un centro di progettazione a Milano e uno in India, conta 45 aziende, dà lavoro a circa ottomila persone tra dipendenti e tecnici del settore elettrostrumentale e fattura 2,4 miliardi.

Lo scorso anno i ricavi sono saliti del 45,9 per cento e l'utile netto (85,3 milioni) del 95 per cento. Nel primo trimestre del 2017 il giro d'affari è cresciuto ancora del 38,5 per cento e il margine operativo del 29 per cento. L'obiettivo è arrivare quest'anno a quasi 3 miliardi di fatturato. Numero apprezzati in borsa, dove la società è quotata dal 2007: nell'ultimo anno il titolo ha raddoppiato il suo valore.


«Dopo che il petrolio o il gas sono stati estratti arriviamo noi con i nostri impianti per produrre carburanti, fertilizzanti o plastiche» chiarisce Pierroberto Folgiero, amministratore delegato del gruppo. «Nel petrolchimico e nelle tecnologie dei fertilizzanti siamo i primi al mondo con oltre il 30 e il 55 per cento del mercato». I punti di forza della società sono, secondo Di Amato, almeno quattro: «Siamo un player integrato e tecnologicamente avanzato. Abbiamo un team di manager di alto livello capace di realizzare impianti complessi in aree remote. Curiamo con grande attenzione il cliente. E infine c'è un azionista che ci mette la faccia».
 

Un messaggio per i giovani

A differenza dei principali concorrenti che sono public company ad azionariato diffuso, il gruppo Maire Tecnimont è controllato al 55 per cento da Di Amato, che l'ha creato (Maire deriva dalle iniziali dei nomi Massimo e Irene, i maggiori dei suoi cinque figli) coagulando nel tempo una serie di imprese di settori adiacenti. «Ho iniziato quando ancora facevo la Maturità» racconta l’imprenditore romano, classe 1963, mentre con casco e occhiali protettivi avanza nel cantiere della raffineria polacca. «Uno stage in una piccola società di impiantistica ha cambiato la mia vita. Mi sono appassionato, ne ho creato una mia a 19 anni con tre dipendenti e da lì è iniziato tutto». Nel 2004 l'impresa di Di Amato acquista la Fiat Engineering (300 milioni circa di ricavi) e l'anno successivo la Tecnimont (circa 400 milioni), utilizzando i propri fondi e i finanziamenti bancari. Poi altre 4 acquisizioni, dall'India a San Francisco passando per l'Olanda e per Roma.


Il futuro della Maire Tecnimont, che oggi poggia principalmente sulla trasformazione del gas, sulla raffinazione e sul petrolchimico, Di Amato e Folgiero lo stanno costruendo continuando a puntare sugli idrocarburi, ma seguendo anche le nuove tendenze su tre fronti: impianti di energia rinnovabile (eolici e solari); il revamping, cioè il rinnovamento di impianti datati per renderli di nuovo efficienti; la biochimica, cioè la creazione di plastiche di origine vegetale. «Dobbiamo essere pronti a cogliere ogni cambiamento» sostiene il presidente «per non perdere la posizione che abbiamo conquistato nel mondo».


Mentre in lontananza una fila di enormi pale eoliche trasforma pigramente il vento in energia, Di Amato esprime la sua fiducia in un'Italia che sembra sottovalutare le proprie capacità: «I giovani devono sapere che il nostro è un settore dove siamo forti, accolti con ammirazione ovunque: operiamo in un mondo che richiede molte professionalità, dai progettisti ai chimici, agli esperti in finanza ai legali specializzati. Oggi il nostro Paese sforna tra i migliori ingegneri del mondo, ma non bastano».

Per un imprenditore che corre in giro per il pianeta a concludere contratti e a far rispettare le rigide scadenze di consegna, resta il rammarico di lavorare poco in Italia: «Troppa burocrazia, tempi troppo lunghi» sottolinea. «Ma c’è dire che negli ultimi anni i diversi governi ci hanno molto supportati nella nostra attività di esportatori» aggiunge con un sorriso mentre si prepara a lasciare la Polonia. Lo aspetta un week-end con la famiglia e poi un viaggio ai confini della Russia.

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Guido Fontanelli