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(Ansa)
Economia

Sorpresa: in Italia crescono gli investimenti per le start up mentre in Europa calano

Crescono gli investimenti grazie a qualità, idee e successo delle nuove imprese nostrane

Si investe di più in startup, le aziende crescono e i progetti innovativi dimostrano la propria consistenza. E’ un quadro positivo in merito allo stato di salute delle startup italiane quello che emerge dal bilancio dell'Osservatorio sul Venture Capital in Italia realizzato da Growth Capital in collaborazione con Italian Tech Alliance.

I numeri del 2022

Negli ultimi 12 mesi si è sfondato il tetto di 1,8 miliardi di euro di investimenti in startup, scale up (ovvero società innovative che hanno già sviluppato il loro prodotto e il loro business model e sono pronte ad ambire a una crescita internazionale) e imprese innovative. Si tratta di una crescita del 48% e del dato più alto a livello europeo.

Dopo 10 anni di quello che gli esperti del settore chiamano “Start up theatre” (il teatrino delle statup) fatto di microprogetti e grandi ambizioni portati avanti da soggetti il più delle volte impreparati e improvvisati, il knowhow del settore è aumentato e l’Italia è pronta a competere sul mercato internazionale. Prova ne sia la quantità Venture Capital stranieri attratti dai progetti innovativi made in Italy (la quota è passata dal 58% al 68%).

Le startup migliori del 2022

A trascinare al rialzo il Venture Capital sono stati i mega round di aziende giovani e di grande successo. Satispay la società italiana che ha sviluppato e gestisce l'omonima applicazione mobile per il pagamento digitale e il trasferimento di denaro tramite internet ha realizzato un Serie D da 320 milioni di euro; Newcleo, azienda che punta a creare reattori nucleari puliti di nuova generazione in poco più di un anno ha messo nel salvadanaio 400 milioni di euro e di recente ha ottenuto Serie A da 300 milioni; ci sono poi Scalapay, l’app tutta italiana per fare shopping a rate (Serie B da 212 milioni) e Casavo per la copravendita di case senza intermediari (Serie D da 100 milioni).

Si tratta di round seed (raccolte di capitale di rischio che avvengono nella fase di crescita – growth- di una startup) che evidenziano grandi successi tutti italiani con aziende sane e credibili che raccolgono consensi e capitali.

I settori di maggiore crescita

I settori di maggiore crescita sono quelli delle smart city, dello sviluppo software e del DeepTech.

Ruolo centrale nel VC 2022 quello svolto da Cdp Venture Capital che è stato l’investitore più attivo seguito da Azimut e Lventure.

Numeri alla mano quello che si evidenzia è il forte stanziamento su Cdp Venture Capital che complessivamente arriva a 5,3 miliardi di euro di capitali gestiti tra stanziamenti governativi, del Pnrr, delle risorse di Cdp stessa e raccolti dal mercato rispetto agli 1,8 miliardi attuali, con una crescita di 3,5 miliardi. Dello stanziamento iniziale, Cdp Venture Capital nei primi due anni di attività ha deliberato circa un miliardo di investimenti con un effetto positivo per oltre mille startup direttamente o indirettamente beneficiate dall’effetto leva prodotto.

Bene anche le exit

Altro dato importante è quello relativo alle “exit” e cioè alle vendite della quota societaria da parte dell’investitore dovuta a un cospicuo rientro di capitale. Nel 2022 sono state sono infatti 38 (rispetto ai 30 del 2021) gli eventi di liquidità che hanno interessato le startup, per un valore complessivo in termini di “enterprise value” che Growth Capital stima oltre il miliardo di euro.

In Italia il 2023 promette di essere l’anno del consolidamento ma, quello che da più parti viene ripetuto, è che serve la riscrittura del testo unico delle startup (che ormai risale a 10 anni fa) per direzionare e dare dignità giuridica e legale a un settore che ha ancora molti elementi disfunzionali a partire dalla distribuzione geografica delle nuove imprese.

Milano e Roma, i due hub vincenti

Per un intero decennio Milano è stata considerata il polo unico dell’innovazione in termini di novità imprenditoriale e una startup non attirava neppure gli investitori se non vantava la targa della Madonnina in calce. L’accesso al capitale veniva in qualche modo facilitato dalla concentrazione della startup nell’aria milanese, ma questo ha cristallizzato il settore sul tema della Fintech impedendo una diversificazione critica delle necessità imprenditoriali del Paese imprescindibile in una realtà come la nostra.

Servono, secondo gli esperti, più poli ad alta densità di attori dell’innovazione che a loro volta si creino una rete di luoghi satellite con cui collaborare. In questo senso negli ultimi anni Roma si è trasformata nel secondo hub d’attrazione per piccole imprese digitali non scalabili e private equity di piccolo taglio. La capitale, meno attraente in termini di VC, sta quindi lentamente maturando e dando casa ad asset diversificati e più di nicchia in grado di rispondere alle necessità del centro sud del paese in maniera coerente esattamente come Milano fa con il centro nord. La differenziazione culturale e l’intelligenza in termini di comprensione delle tante facce del nostro poliedrico paese è in questo momento la carta vincente per differenziarsi rispetto a un’Europa in forte calo in termini di VC per startup.

Il calo europeo

Il 2022 ha infatti registrato un forte regresso in Europa con i 91,6 miliardi di euro investiti negli ultimi dodici mesi al cospetto dei 108,9 miliardi dell'anno precedente. Inoltre il numero dei deal conclusi è sceso da 13.028 a 12.383 e le operazioni late stage e growth sono state preponderanti sul totale degli investimenti effettuati dai VC, pesando rispettivamente per 43,5 e 16,6 miliardi di euro. Di certo in ottica macroeconomica hanno pesato l'elevata inflazione, l'aumento dei tassi di interesse, la debole crescita e la grande incertezza in termini geopolitici.

Resta il divario uomo donna il male delle startup

Nel quadro generale dello stato di salute delle startup va infine sottolineato l’ancora enorme divario uomini/donne che esiste. Ad oggi i dati dicono che nel mercato europeo solo il 15-16% delle startup vede fondatrici donne. Inoltre, di tutti i fondi su territorio europeo dedicati al settore delle imprese nascenti meno del 10% viene ricevuto da startup fondate dal donne. In Italia le cose vanno ancora peggio: nel 2010, 70 aziende fondate da donne concorrevano con le 100 maschili. Nel 2020 da 70 si è passati a 30. Secondo il rapporto di InfoCamere nel 2019 su 9.758 startup solo 1300 vedevano cariche amministrative in maggioranza affidate a donne, ovvero il 13,3% del totale.

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Barbara Massaro