Istat: l'Italia post Covid-19? Fragile e incerta
(Ansa)
Economia

Istat: l'Italia post Covid-19? Fragile e incerta

Con una contrazione del Pil nel primo trimestre del 5,3% la ripresa appare lenta e difficile

Un'Italia povera, spaventata, che stenta a ripartire e che a lungo dovrà fare i conti con le conseguenze del Coronavirus sia da un punto di vista economico, sia da un punto di vista socio sanitario. E' una fotografia allarmante quella scattata dall'Istat che nel suo report annuale ha snocciolato numeri e dati circa i primi effetti del lockdown sul sistema paese.

Nel primo trimestre il Pil ha segnato un crollo congiunturale del 5,3% e per il 2020 è previsto un calo dell'attività almeno dell'8,3% in tutte le componenti settoriali. L'impatto dell'epidemia da Covid 19 è stato particolarmente pesante per l'Italia che già stava attraversando una lunga fase di stagnazione economica con il Pil annuale 2019 in crescita appena dello 0,3%La politica di bilancio fortemente espansiva attuata dal Governo Conte per contrastare la crisi è stata possibile grazie alla sospensione del Patto di stabilità e crescita, ma quest'anno avrà un impatto rilevantissimo sui saldi di finanza pubblica e sul rapporto tra debito e Pil.

Nel 2019, infatti, l'Italia ha proseguito il percorso di risanamento della finanza pubblica, favorito da un ulteriore ampliamento dell'avanzo primario (l'1,7% del Pil). Il rapporto deficit/Pil è sceso dal 2,2% del 2018 all'1,6%. Questi progressi hanno consentito di mantenere invariata l'incidenza del debito sul Pil (al 134,8%) che tuttavia è rimasta molto sopra la media Uem (all'84,1%).

Durante il lockdown la caduta del tasso di attività con la marcata diminuzione della forza lavoro ha avuto effetti sia da un punto di vista diretto sia un punto di vista indiretto determinando la contrazione del valore aggiunto di tutti i principali comparti dell'economia italiana. Gli impatti misurati nell'esercizio sono stati più accentuati per alcune attività del terziario (-19,0% per alloggio e ristorazione; -11,3% per i servizi alla persona; -10,3% per commercio, trasporti e logistica) e per le costruzioni (-11,9%). L'indice di produzione industriale è risultato in aprile inferiore di oltre il 42% rispetto a un anno prima mentre per quello delle costruzioni il calo tendenziale è stato pari a circa il 68%.

La ripresa dei livelli pre crisi potrebbe essere molto lunga e complessa specie per i rapporti inter-settoriali tra i vari comparti economici.

L'Istat evidenzia che con le misure di lockdown introdotte in Italia e all'estero la caduta del valore aggiunto complessivo, rispetto a uno scenario di riferimento con assenza di shock, "è pari al 10,2% ed è determinata per 8,8 punti percentuali dalle dinamiche interne e per 1,4 punti dagli effetti 'importati'". Di questi ultimi, 0,2 punti, rileva il rapporto, "sono ascrivibili alla riduzione di domanda tedesca, 0,4 alla dinamica dell'area euro (esclusa la Germania) e 0,8 punti a quella del resto del mondo".

Altro elemento fondamentale che sta determinando il sostanziale rallentamento della ripresa economica è la forte mancanza di liquidità delle aziende che già nella fase precedente al Coronavirus stentavano a far quadrare i conti. Istat ha effettuato una stima dell'impatto del lockdown sulla liquidità di circa 800mila società di capitale italiane (che rappresentano quasi la metà dell'occupazione e il 70% del valore aggiunto del sistema produttivo) e il risultato è che all'inizio della fase di graduale riapertura delle attività, a fine aprile, quasi due terzi delle imprese (circa 510mila) avevano liquidità sufficiente a operare almeno fino a fine 2020 mentre oltre un terzo sarebbe risultato illiquido o in condizioni di liquidità precarie. L'Istat sottolinea inoltre "che il crollo del fatturato a partire dal mese di marzo 2020 ha accentuato le difficoltà finanziarie delle imprese, ponendo sfide severe anche per quelle con una solida situazione economico-finanziaria".In particolare, rileva l'Istat, si stima che il 16,5% (quasi 131mila unità) fosse già illiquido alla fine del 2019; un ulteriore 13,3% (circa 105mila) lo sarebbe diventato tra gennaio e aprile 2020; per il restante 5,9% (oltre 46mila imprese) il deterioramento delle condizioni di liquidità è tale da mettere a rischio l'operatività nel corso del 2020.

La crisi di liquidità delle imprese incide sia nell'immediato, causando fallimenti o cadute strutturali, sia nel lungo periodo, compromettendo la capacità di recupero delle imprese che avrebbero avuto margini di cassa. Inoltre la difficoltà a trovare liquidi determina un crollo degli investimenti e senza investimento non esiste impresa e crescita economica.

Al crollo degli investimenti (-8,1%) si aggiunge la drastica diminuzione della domanda privata (-6,6%).

La pandemia da Covid-19 in Italia, infine, si è innestata su una situazione sociale caratterizzata da "forti e crescenti disuguaglianze". "La classe sociale di origine – conclude Istat nel suo rapporto - influisce ancora in misura rilevante sulle opportunità degli individui nonostante il livello di ereditarietà si sia progressivamente ridotto. Per la generazione più giovane però è anche diminuita la probabilità di ascesa sociale".

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Barbara Massaro