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(Ansa)
Economia

Evergrande un fallimento annunciato (e rischioso)

Il gigante immobiliare cinese ha presentato default con 270 miliardi di passività Torlizzi: «Rischio effetto domino? Al momento potrebbe addirittura rivelarsi un vantaggio per l'Italia»

Dopo le turbolenze degli ultimi giorni scatenate dal caso Country Garden, la scena finanziaria viene scossa dalle fondamenta dalla notizia del fallimento di Evergrande, la big cinese in difficoltà finanziarie, che aveva tentato già un piano di ristrutturazione dei debiti, senza successo. Evergrande ha presentato a New York istanza di fallimento, ricorrendo al Chapter 15 che garantisce la protezione dai creditori nelle ipotesi di bancarotta che coinvolgono più Paesi.

Esposizione di 270 miliardi

Con questa mossa Evergrande mette al riparo i suoi beni dalle pretese dei creditori internazionali e punta al riconoscimento dei colloqui di ristrutturazione in corso a Hong Kong, nelle Isole Cayman e nelle Isole Vergini britanniche. Lo scorso mese di marzo la big cinese dell’immobiliare, che ha una esposizione di 270 miliardi di dollari di passività, aveva già presentato un piano di ristrutturazione del debito in USA, nel tentativo di ripagare i suoi creditori internazionali, ma l’operazione evidentemente non è andata a buon fine.

Il default del 2021

Evergrande, la più grande società di sviluppo immobiliare cinese in termini di vendite, era già fallita nel 2021, dopo esser stata travolta da una valanga di debiti e non esser riuscita a ripagare alcune cedole, finendo in default. A quel punto, in Cina, si era scatenata una grande crisi del mercato immobiliare e per un certo periodo di tempo si era temuto un contagio ed un nuovo “caso Lehman”, ma la crisi era rimasta pressoché circoscritta in Cina.

«Il mercato sta monitorando lo yuan e in particolare se il Governo cinese inizierà a proteggere la valuta. Se non lo fa, allora sì sarebbe preoccupante perché scatenerebbe un’ ondata deflazionistica sui mercati - spiega Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity - Credo che prima o poi Pechino sarà costretta a un whatever it takes sul comparto immobiliare».

Si parla tanto di «effetto domino» in grado anche di colpire il mercato finanziario e bancario italiano..

«In realtà penso che fino a che l’avvitamento economia cinese rimane dentro i loro confini, l’effetto per noi potrebbe essere paradossalmente positivo perché una Cina che rallenta significa materie prime più basse e quindi meno tensione sul fronte inflazione per la Bce».

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Redazione