I danni economici del coronavirus in Cina
Epa/Xu Congjun
Economia

I danni economici del coronavirus in Cina

Oltre a morti e contagiati l'epidemia sta presentando il conto economico, da miliardi di dollari, soprattutto su turismo e lusso

E' ancora presto per valutare con precisione la portata dei danni economici che la diffusione del Coronavirus in Cina potrà avere a livello nazionale e a livello globale. Quel che è certo è che il danno c'è e nel complesso sarà grave in un momento, peraltro, già molto delicato per l'economia cinese dopo la firma della tregua commerciale con gli Stati Uniti e alle prese con la transizione verso un consolidamento del tessuto industriale e produttivo che sia competitivo col resto del mondo.

A causa di un contagio la cui portata è ancora difficile da stimare e che ha già causato 56 morti, 2000 persone contagiate e milioni di cinesi in quarantena, Pechino ha diffuso regole ferree per evitare il diffondersi dell'epidemia, regole fortemente impattanti a livello economico. Ultimo in ordine di tempo lo stop deciso da molti paesi per i voli in partenza ed arrivo dalla Cina. Decisione che presto potrebbe essere presa anche dall'Italia.

Limitazioni che hanno provocato pesanti ripercussioni su tutte le compagnie aeree del paese, basti pensare a quanto accaduto ad Air China che in una settimana ha perso quasi il 16% in borsa a Shanghai.

A questo poi va aggiunto il divieto totale di allevamento, trasporto e commercio di tutti i tipi di animali fino a nuovo ordine e del blocco di tutti i trasporti pubblico. Inoltre a Shangai ha già chiuso Disney Resort (un parco dei divertimenti da 12 milioni di visitatori l'anno) e vari negozi e marchi internazionali hanno sospeso l'accesso al pubblico in diverse città e intere regioni della Cina. Così succede per Mc Donald's e Starbucks, ma anche per H&M, Ikea e Psa a Wuhan ha fatto evacuare tutto il personale.

Proprio Wuhan - l'hub tecnologico cinese da 11 milioni di abitanti da cui si è diffuso il virus – sembra oggi una città fantasma. Trasporto paralizzato e 500 fabbriche chiuse, tra queste 44 sono statunitensi e 40 europee con grandi marchi quali Pepsi, PSA e Siemens.Il Fondo Monetario Internazionale ritiene prematuro stimare oggi l'eventuale perdita economica che subirà la Cina. Al momento si parla di una ricaduta al ribasso sul ritmo di crescita del 3,3% con un crollo del Pil già nel primo trimestre che oscilla tra l'1 e l'1,2%. Molto dipenderà da quanto verrà contratto il consumo dei cinesi soprattutto nel settore dei trasporti e del divertimento, contrazione che non potrà essere inferiore al 10%.

Ci sono poi le ricadute sul settore del turismo proprio nei giorni del Capodanno cinese quando 400 milioni di persone si muovono da e verso la Cina. Un effetto impattante sia a livello interno sia come conseguenze sulle economie occidentali visto che il turista cinese è uno di quelli più propensi a spendere in giro per il mondo e a trainare l'industria del lusso. Proprio i grandi marchi del lusso hanno avuto ricadute economiche notevoli a livello borsistico. In venti giorni grandi nomi quali Dior, Bulgari, Fendi, Tiffany e Vuitton hanno sofferto perdite notevoli in Borsa e le prospettive non sono quelle di un repentino miglioramento.

A preoccupare in modo particolare è proprio la posizione centrale sia a livello logistico sia a livello tecnologico di Wuhan. La sua momentanea paralisi rappresenta un grande rischio per la crescita dell'economia cinese che potrebbe – una volta terminata l'emergenza a livello di salute pubblica – doversi a lungo leccare le ferite.Secondo Shaun Roache, capo economista di Standard & Poor's per l'Asia-Pacifico: «I settori esposti ai consumi, specialmente quelli fuori casa, ne risentiranno maggiormente, mentre il rafforzamento dell'avversione al rischio e più severe condizioni finanziarie potrebbero amplificare l'impatto dell'epidemia, eventualmente estendendosi agli investimenti».

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Barbara Massaro