Il cioccolato Lindt punta sull'Italia
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Il cioccolato Lindt punta sull'Italia
Economia

Il cioccolato Lindt punta sull'Italia

Dal 2005 il gruppo svizzero ha investito 100 milioni di euro nel nostro Paese

Palme, pace, Pasqua, gioia e guerra. Sì guerra, quella che si combattono i produttori di colombe e cioccolato per regali e pranzi delle feste. "A Pasqua ci si gioca un quarto delle vendite annuali" ricorda Fabrizio Parini, amministratore delegato di Lindt&Sprüngli Italia, pronta a mettere sul mercato ben 4 milioni di coniglietti Gold Bunny in cioccolato insieme con uova Lindor, Ciocor e altre novità. Qualche curiosità? I coniglietti sono tedeschi, nascono in Germania oltre 60 anni fa, quindi lanciati con successo anche in Italia. La moda del cioccolato in forma solida invece, fu prima italiana e poi ripresa 160 anni fa proprio dal pasticciere David Sprüngli e da suo figlio. E fu infine il produttore di caramelle Edoardo Bulgheroni che, firmando un contratto di esclusiva per produrre cioccolato a marchio Lindt, riportò le "tavolette" nel Belpaese.

Da qui il legame tra Italia e Svizzera (e non solo) che ha fatto la storia di un marchio oggi leader nel canale tradizionale e secondo soltanto a Ferrero nel mercato italiano del cioccolato nella grande distribuzione, con una quota del 13 percento. "Siamo saliti di 2 posizioni in pochi anni, puntando sempre sulla qualità e sulla completezza della gamma" dice Parini. E la crisi? La risposta sta nella forza del brand e di una corretta politica di prezzo. "I prezzi sono rimasti invariati nel 2013 e lo saranno nel 2014", mentre nel 2015 si annuncia addirittura un aumento della produzione dei cioccolatini sia per soddisfare lo sviluppo della domanda interna sia di quella in Usa e Gran Bretagna, dove Lindt cresce a due cifre.

Nel 2013 il gruppo, quotato alla borsa di Zurigo, ha fatturato 2,8 miliardi di franchi crescendo dell’8,6 per cento e aumentando i profitti del 22,4 per cento. Su un totale di 8 stabilimenti produttivi nel mondo, il quartier generale svizzero ha scelto di puntare molto su quello italiano (Varese), investendo oltre 100 milioni dal 2005 a oggi. "I risultati ci premiano: prima producevamo all’80 per cento per l’Italia, adesso le quote sono invertite: 70 per cento di export e 30 per cento mercato nazionale".

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