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PIERO CRUCIATTI/AFP/Getty Images
Economia

John Elkann, il momento delle grandi decisioni

Il presidente di Exor, Fiat Chrysler e Ferrari, a 42 anni dovrà scegliere da solo il futuro di un impero da 147 miliardi di dollari e 300mila dipendenti

Prima era Jaki, il giovane riccioluto che sedeva silenzioso e timido nei consigli di amministrazione dove lo portava il cursus honorum costruito per lui da nonno Gianni.

Poi, quando nel 2004 ha preso in mano l'eredità degli Agnelli, è diventato John e, una volta afferrato saldamente il timone, "l'ingegnere" (rigorosamente con la minuscola).

Adesso, a 42 anni compiuti, è davvero se stesso: John Philip Jacob Elkann I, l'uomo al comando di Exor, un impero multinazionale con un fatturato da 147 miliardi di dollari oltre 300 mila dipendenti, che poggia ancora sull'automobile, ma è in via di profonda scomposizione e ricomposizione, "pensando controcorrente", come ha insegnato Sergio Marchionne.

L'uscita di scena del manager con il pullover nero è stata improvvisa e per molti versi choccante, ma il modo in cui John Elkann l'ha gestita ha dato il segnale della sua tempra e delle intenzioni future.

Chi lo ha incontrato e ha discusso con lui a quattr'occhi, ha tratto l'impressione che dietro l'aspetto da ragazzo riservato e di buone maniere si nasconda un uomo d'acciaio, freddo, inossidabile. Le sue ultime mosse lo confermano.

Memore delle tensioni familiari e dei momenti di drammatico vuoto dopo la scomparsa di Gianni Agnelli nel gennaio 2003 e la morte di Umberto un anno dopo, l'erede non si è fatto sopraffare dagli eventi, mostrando una determinazione e, secondo alcuni, anche una punta di cinismo: attendere la chiusura dei mercati, gestire l'informazione come se fossimo in una società chiusa, silenziare la famiglia, blindare l'ospedale.

Tra continuità e nuovi progetti

"Attenti a sottovalutarlo", ha scritto il New York Times a ragione. Venerdì 20 luglio John vola nella clinica di Zurigo dove Marchionne è ricoverato fin dagli ultimi giorni di giugno, e apprende che non c'è nulla da fare.

La notizia resta riservata il più possibile, il tempo di sistemare tutte le caselle, poi sabato vengono convocati i consigli di amministrazione del gruppo ai quali comunicare le scelte: alla Fca Mike Manley, già guida della Jeep, l'ha avuta vinta sul direttore finanziario Richard Palmer che sembrava la prima scelta di Marchionne e su Alfredo Altavillail quale si è dimesso, amareggiato.

Alla Cnh c'è una donna, Suzanne Heywood, all'insegna della continuità, mentre la Ferrari sarà in mano a Louis Camilleri che viene dalla Philip Morris, sponsor della "rossa".

Elkann, tuttavia, ha tenuto per sé la presidenza e anche questo è un messaggio, anzi una chiara indicazione strategica, perché tra i progetti da tempo annunciati c'è quello di aggregare attorno al cavallino rampante un polo del lusso che abbia come modello la Lvmh di Bernard Arnault.

Si sarà consultato con i grandi vecchi, Gianluigi Gabetti, suo saggio consigliere che alloggia solitario nell'albergo del Lingotto, e Franzo Grande Stevens, l'avvocato dell'Avvocato, ma le decisioni sono al cento per cento di John Elkann. Così come è sua fino in fondo la strategia che ha disegnato per l'intero gruppo, condivisa con Marchionne, ma ispirata da Warren Buffett, spiega lo storico Giuseppe Berta che conosce bene la dinastia Fiat: investire in rami economici consistenti e in aziende magari sottovalutate dalla Borsa, ma con un solido futuro.

Che cos'è a questo punto il gruppo Exor nell'era Elkann? Una conglomerata industriale e finanziaria sul modello della General Electric, realizzando quel che non è riuscito a Paolo Fresco, che già vent'anni fa voleva vendere la Fiat?

Piuttosto sembra un sorta di galassia con più stelle che brillano di luce propria: Ferrari, le assicurazioni con Partner Re, l'editoria che fa perno sull' Economist, le macchine movimento terra con Cnh diretta concorrente di Caterpillar, gli impianti e le componenti con Magneti Marelli che verrà scorporata, le autovetture con Fiat Chrysler dalla quale dovrebbe uscire la Jeep, la stella più brillante.

Bocconi pregiati

L'operazione spezzatino ha fatto lievitare i valori di Borsa: il titolo Exor vale da solo 27 miliardi di euro, Fca 26, Ferrari 24, si dice che Jeep possa arrivare addirittura a 30 miliardi. Ma gli osservatori più attenti sono convinti che l'assetto sia ancora molto mutevole, oggi forse più di prima. Di qui le reazioni negative dei mercati, subito dopo l'addio di Marchionne.

La sorte delle quattro ruote resta il rebus principale. La Fca è troppo grande per chiudersi in una nicchia e troppo piccola per far fronte alla concorrenza (è al settimo posto tra i produttori mondiali). Marchionne non è riuscito a maritarla. Spogliata dei pezzi pregiati, sarà ceduta e a che prezzo? A Manley l'ardua risposta.

Una novità rilevante riguarda le start up sulle quali sono stati investiti già 20 milioni di dollari, attraverso il fondo Exor Seeds, e "i semi" potranno arrivare fino a 100 milioni. "John è un giovane uomo con grandi ambizioni", ha commentato Jerry Young, co-fondatore di Yahoo. Con una passione per l'editoria. Elkann è entrato in punta di piedi nel consiglio della News Corp di Rupert Murdoch, ha acquistato il 4,7 per cento dell' Economist e si è seduto così accanto ai Rothschild, ai Cadbury, agli Schroder.

Quando nel 2015 Pearson ha annunciato la vendita del suo 50 per cento, l'erede di Gianni Agnelli ha staccato un assegno di 405 milioni di euro per diventare primo azionista con il 43,4 per cento. La conquista è stata possibile grazie a Lynn Forester de Rothschild, moglie americana del barone Evelyn, e ai buoni uffici di Henry Kissinger, importantissimo per l'Avvocato fin dagli anni '70. "Il padrino americano" lo ha chiamato il Financial Times, nel cui studio è passato il giovane Obama.

L' Economist è una operazione di successo, il Corriere della Sera, invece, ha riservato molte amarezze: dopo aver capito che gli era impossibile esercitare il comando (e questo non è da lui), Elkann nel 2006 ha mollato il giornale, preso da Urbano Cairo con il sostegno di Intesa Sanpaolo. Altrettanto improvvisa, un anno dopo, è stata la decisione di vendere la Stampa, il giornale di famiglia, all'Espresso. Nel gruppo chiamato Gedi (ogni richiamo a Guerre stellari è puramente casuale), la Giovanni Agnelli BV (domiciliata in Olanda) ha il 6,8 per cento, tuttavia molti immaginano che in futuro la famiglia De Benedetti possa ridurre la propria partecipazione (ha il 43). La Cir lo esclude, ma si vedrà.

Intanto, Elkann discute con Michael Bloomberg sul futuro del gruppo mediatico-finanziario americano, guarda con attenzione al New York Times orfano di un editore solido e stabile, senza trascurare Murdoch ora impegnato nella battaglia per il pieno controllo di Sky.

Family first

Tutti questi progetti cosmopoliti lasceranno spazio all'Italia? Qui ruota un altro importante pianeta della galassia: lo sport, con la Juventus affidata ad Andrea Agnelli. Il figlio di Umberto, che ha l'11 per cento dell'eredità, con l'acquisto di Cristiano Ronaldo si è conquistato a pieno titolo i galloni di generale, tuttavia resta fuori dai grandi giochi, almeno finché non decollerà davvero il gruppo del lusso e del divertimento, dove potrà trovare posto anche Lapo Elkann, impegnato nelle sue effervescenti sperimentazioni come la nuova 500 Spiaggina.

Più volte Elkann ha ribadito il valore dei legami familiari, non smette di ricordare la sua laurea al Politecnico di Torino e in particolare di aver fatto nascere i tre figli all'ospedale pubblico Sant'Anna.

L'ufficio al Lingotto è pieno di modellini di auto, memorabilia della Juventus, ricordi del passato, ha notato Eric Sylvers del Wall Street Journal. Con l'Avvocato il capitalismo italiano ha perso una leadership indiscussa; nessuno sa se il nipote avrà voglia di riprendere il ruolo.

Finora ha lasciato che Marchionne imprimesse la propria impronta: basti ricordare la sfida alla Fiom Cgil con la nuova organizzazione del lavoro (il modello Pomigliano); l'uscita dalla Confindustria nel 2011; le incursioni nella politica.

I rapporti con la politica

Dopo aver sostenuto Renzi, Super Sergio si è dichiarato deluso mentre ha gettato acqua sul Movimento 5 Stelle: "Abbiamo visto di peggio".

Luigi Di Maio dice che avrebbe parlato volentieri con lui di auto elettrica e vuole spendere molti soldi (dove li trova?) per sostenere l'impianto della sua città natale, Pomigliano d'Arco.

In realtà, i grillini sono estranei al mondo industriale che sentono come nemico. Più voltecè stata vista in John la voglia di farsi valere uscendo dalla soggezione per l'imponente figura del nonno, dalle ombre lunghe della famiglia, dalla personalità dominante di Marchionne. La virtù e il destino, avrebbe detto Machiavelli, sono dalla sua parte.

(Questo articolo è stato pubblcato sul numero di Panorama in edicola il 26 luglio 2018 con il titolo "J come John")

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Stefano Cingolani

Stefano Cingolani, nasce l'8/12/1949 a Recanati e il borgo selvaggio lo segna per il resto della vita. Emigra a Roma dove studia filosofia ed economia, finendo a fare il giornalista. Esordisce nella stampa comunista, un lungo periodo all'Unità, poi entra nella stampa dei padroni. Al Mondo e al Corriere della Sera per sedici lunghi anni: Milano, New York, capo redattore esteri, corrispondente a Parigi dove fa in tempo a celebrare le magnifiche sorti e progressive dell'anno Duemila.

Con il passaggio del secolo, avendo già cambiato moglie, non gli resta che cambiare lavoro. Si lancia così in avventure senza rete; l'ultima delle quali al Riformista. Collabora regolarmente a Panorama, poi arriva Giuliano Ferrara e comincia la quarta vita professionale con il Foglio. A parte il lavoro, c'è la scrittura. Così, aggiunge ai primi due libri pubblicati ("Le grandi famiglie del capitalismo italiano", nel 1991 e "Guerre di mercato" nel 2001 sempre con Laterza) anche "Bolle, balle e sfere di cristallo" (Bompiani, 2011). Mentre si consuma per un volumetto sulla Fiat (poteva mancare?), arrivano Facebook, @scingolo su Twitter, il blog www.cingolo.it dove ospita opinioni fresche, articoli conservati, analisi ponderate e studi laboriosi, foto, grafici, piaceri e dispiaceri. E non è finita qui.

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