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(Dassault Aviation)
Economia

L'aviazione d'affari è ripartita. Ma noi la respingiamo al grido di "roba da ricchi"

Continuiamo a non occuparci e a non difendere un settore importante soprattutto perché dà il segnale reale della forza dei mercati e dell'economia

C'è un indicatore economico rapidissimo il cui andamento, dal dopoguerra a oggi, precede le riprese come le crisi. E' l'aviazione d'affari, ovvero quel settore aeronautico composto dai jet privati o delle aziende che serve per spostare persone rapidamente consentendo loro di arrivare puntuali in luoghi altrimenti raggiungibili soltanto con lunghi viaggi e senza poter contare su riservatezza e connettività continua.

Ebbene, anche questo comparto, che rappresenta il 4,5% di tutta l'aviazione nel mondo, ha una sua importante industria, i suoi saloni di riferimento e naturalmente genera un traffico aereo che si può tenere sotto controllo: più movimenti significano più Pil per le regioni dalle quali i jet decollano e atterrano, ma anche più centri di assistenza e politiche fiscali non punitive, più posti di lavoro e benessere generato. Avrete già capito che l'Italia non è un Paese per "business jet", ma tranquilli: da noi li usano anche personaggi che si definiscono di sinistra oltre a quelli noti che magari ci salgono per far presenza a convegni sul clima (beata ipocrisia). Tuttavia in larga parte gli aerei d'affari volano per le imprese. Più voli, più contratti firmati, più affari, più guadagno, lavoro ma anche sicurezza. I prossimi grandi saloni del comparto saranno l'Ebace Connect di Ginevra (18-20 maggio, in streaming), e quindi il primo salone di presenza post pandemia, la Nbaa di Las Vegas, dal 12 al 14 ottobre, per la quale l'organizzazione ha già quasi raggiunto il tutto esaurito.

Intanto negli ultimi tre mesi il numero dei voli di questo tipo è aumentato del 9% negli Usa e del 4% in Europa, in piena controtendenza con quanto avviene per l'aviazione commerciale, ancora molto depressa. Il motivo è che molti hanno capito che se proprio è necessario spostarsi, farlo dentro un jet che contiene poche selezionate persone comporta un ridotto rischio di contagio come anche attraversare un piccolo terminal senza code né assembramenti, certo anche più confortevole.

Aziende farmaceutiche a parte, che in questo momento devono proteggere le catene dei fornitori (supply chain), chi viaggia perché lavora nella metalmeccanica, nella chimica fino all'alta tecnologia sceglie sempre più spesso un volo privato. Inoltre durante la pandemia sono nate una trentina di nuove aziende del settore che non hanno mai potuto presentarsi in pubblico e che propongono nuovi apparati per migliorare efficienza e sicurezza, carburanti sostenibili per le turbine dei jet, materiali innovativi che, come da sempre avviene, dall'aviazione transiteranno all'automotive. E al contempo, hanno chiuso le linee di produzione di jet anche storiche ma che non sono riusciti a tenere il passo con la tecnologia. Come la celebre linea Learjet di Bombardier, che però potrebbe ripartire. Il mercato del business jet è stato valutato 15,25 miliardi di dollari nel 2020 e si prevede che registrerà una crescita per raggiungere un valore di mercato di 17,86 miliardi di dollari entro il 2026 (+2,5%). Che si tratti di un indicatore rapido della tendenza economica globale è dimostrato anche dal fatto che inizialmente la pandemia aveva colpito duramente anche il mercato di questi aeroplani, tuttavia non è stato osservato alcun effetto a lungo termine sul mercato poiché i fornitori di servizi charter non hanno fermato i loro piani di ammodernamento delle flotte. Negli ultimi anni c'è poi stato un aumento significativo degli individui con un patrimonio netto estremamente elevato a livello globale e ciò sta generando la domanda di viaggi privati, guidando successivamente l'acquisto di jet personali. Non deve stupire quindi se secondo Collins Aerospace, storico produttore di strumentazione avionica americano, i tassi di produzione di aeromobili aziendali torneranno ai livelli del 2019 già entro l'inizio del prossimo anno seguendo un ritmo di ripresa dalla pandemia di Covid più breve della crisi finanziaria del 2008, quando molti governi cercavano – inutilmente come il nostro guidato da Monti nel 2013 – di sovra tassare questi mezzi ottenendo semplicemente una fuga dal registro italiano verso quelli esteri, britannici in testa. Fu proprio il Regno Unito ad aprire un registro aeronautico apposito per accogliere i transfughi ponendone la sede nell'isola di Guernsey, nel canale della Manica, e ampliando quello già esistente nell'isola di Man.

Qui una scritta sull'unica aerostazione esistente la dice lunga: "una strada lunga un miglio on porta da nessuna parte, una pista lunga un miglio porta in tutto il mondo."

Colin Mahoney, capo del dipartimento avionica di Collins, ha recentemente dichiarato al periodico specializzato Aviation International News: "I ritmi di costruzione degli aerei d'affari torneranno alla normalità all'inizio del 2022, e in particolare per i jet d'affari più grandi. Stiamo infatti assistendo a un notevole utilizzo di aeromobili aziendali, in particolare degli operatori charter e di chi ha aeromobili in multi proprietà". Non è un caso che la scorsa settimana la francese Dassault Aviation ha presentato il progetto Falcon 10X, che sarà la nuova ammiraglia della sua flotta di aeroplani d'affari d'alta gamma, un gioiello che tra finestrini e fusoliera più grandi rispetto ai concorrenti, una velocità massima vicina a quella del suono (Mach 0.925) e a un'autonomia che consente di arrivare ovunque in metà del mondo senza scalo - bruciando carburante meno inquinante grazie ai motori Pearl 10 che Rolls-Royce sta sviluppando appositamente in Germania – farà invecchiare i concorrenti al primo decollo. E sarà Collins a fornire l'elettronica di bordo più importante. Un esemplare costerà 75 milioni di dollari senza gli optional, eppure i pre ordini sono in corso.

Il rammarico per noi italiani è a questo settore abbiamo rinunciato sia scoraggiandolo fiscalmente, sia industrialmente, avendo ormai in produzione soltanto il P180 Avanti Evo di Piaggio Aerospace, azienda peraltro da tempo in vendita. A proposito dell'agonia di questa realtà italiana, qualche giorno fa il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha visitato l'azienda ligure dichiarando che avrebbe portato all'attenzione del collega di governo Giorgetti la questione per: "Accompagnare Piaggio Aerospace a un rilancio che possa cogliere le occasioni che verranno dagli investimenti che si realizzeranno con il Recovery Fund."

Questo facciamo da mesi, aspettiamo i soldi dall'Europa senza muovere un dito mentre il mondo è ripartito e lancia segnali attraverso il comparto aeronautico più pregiato. Ricordiamolo: per la fabbrica di Villanova d'Albenga, in amministrazione controllata dal 2018, ci sono al momento quattro manifestazioni d'interesse. Ma sarà il Ministero dello Sviluppo Economico insieme con il Governo a decidere. O per meglio dire, vedremo quale governo riuscirà a farlo evitando lo smembramento di una delle ultime aziende aeronautiche italiane che non sia confluita in Leonardo.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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