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(Ansa)
Economia

Le norme assurde dell'Europa che fanno arrabbiare gli agricoltori

Il diametro della mela, la lunghezza della zucchina, il colore dell'insalata. La lista delle norme senza senso di Bruxelles che complicano vita ed affari dei produttori

La mela deve avere un diametro minimo di 60 mm. Le carote non devono essere né legnose né biforcute. Il cappone deve essere ingrassato per almeno 77 giorni per essere messo sul mercato. L'olio prodotto entro il 30 settembre è "vecchio", ma se esce dal frantoio dopo la mezzanotte è "nuovo”. Per le lattughe è ammesso un difetto di colorazione tendente al rosso, ma l'aspetto non deve risulti seriamente alterato. Sono decine e decine le direttive e i regolamenti europei per la tutela della sicurezza alimentare che impongono standard rigidi agli agricoltori.

Da sempre gli addetti ai lavori contestano norme e criteri che, spiegano, mettono in ginocchio il settore. Anche perché, la concorrenza è agguerrita e non deve sottostare a “regole di righello e estetica”, né di limiti di produzione o standard di sicurezza. E la marcia dei trattori arrivata fino a Bruxelles in questi giorni protesta ora contro le direttive europee stabilite in nome del Green Deal.

In questi anni le norme europee sono cambiate, accogliendo modifiche richieste da chi produce frutta e verdura. Ma molte restrizioni che possono suonare “incomprensibili” restano. Dopo anni sono state eliminate ordinanze come quella che imponeva ai cetrioli di avere una curvatura massima di 10 millimetri su una lunghezza di 10 centimetri, per arrivare sulle nostre tavole. Salvi anche i piselli che fino a qualche tempo fa per essere chiamati tali dovevano avere nel baccello almeno tre semi. E è andata bene anche ai meloni, ai quali una normativa specifica imponeva un peduncolo massimo di due centimetri. Niente più righello per i carciofi, che potevano uscire dai campi solo se il gambo non era inferiore a dieci centimetri. Oggi i canoni europei valgono solo per dieci tipologie di produzioni: mele, agrumi, kiwi, lattughe, pere, pesche, fragole, uva, pomodori e peperoni. I kiwi, per esempio, devono essere sufficientemente sodi; né molli, né avvizziti, né impregnati d'acqua. Gli Stati membri possono comunque decidere di riutilizzare i prodotti “non a norma” purché provvisti di apposita etichettatura La Fao calcola che questo si traduce in un 20% di spreco sui campi.

E poi c’è stato il regolamento sulle mimose: i rami dovevano essere disposti a strati o presentati in mazzi da 150, 250 e multipli di 250 grammi. E poi la possibilità di utilizzare latte in polvere disidratato e ricostituito per la produzione di formaggi e yogurt che ha creato difficoltà a oltre 400 formaggi tradizionali italiani. E il vino? A rischio 50 milioni di etichette già stampate, quindi una spesa per i produttori. La normativa europea di dicembre 2023 (era stata approvata nel 2021, quindi c’erano due anni per prepararsi) impone di indicare sulle etichette informazioni ai consumatori su calorie e ingredienti di vini e prodotti vitivinicoli aromatizzati. E i cestini di pomodori e fragole? Addio, insieme alle buste di insalata. Lo impone il regolamento europeo sugli imballaggi che impedisce la messa in commercio di confezioni monouso per frutta e verdura di peso inferiore a 1,5 kg.

Conseguenze? Nel 2023 in Italia gli arrivi di alimenti stranieri hanno raggiunto lo storico record di 65 miliardi di euro. Come il grano del Canada, che il nostro Paese importa (nel 2023 importazioni raddoppiate raggiungendo oltre il miliardo di chili), anche se è coltivato con glifosato secondo modalità vietate in Italia. È anche questo che gli agricoltori in piazza in tutto il Vecchio Continente contestano: la concorrenza dei paesi extra Europa e che non hanno gli stessi standard stringenti ambientali, fitosanitari e di tutela dei lavoratori.

E ora ci sono le richieste dettate dal Green Deal. Gli agricoltori si oppongono all’obbligo di riconvertire al biologico entro il 2030 almeno il 25% dei terreni coltivati, al divieto di monosuccessione (i campi di mais e grano, per esempio, dovrebbero essere riconvertiti dopo un periodo di tempo, a differenza di ora) e alla richiesta di lasciare libero il 4% del terreno ogni anno dopo la raccolta.

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Cristina Colli