Marco Cubeddu: "Credetemi, sentirete parlare di me"
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Marco Cubeddu: "Credetemi, sentirete parlare di me"

Ha 25 anni ed è l'esordiente su cui molti scommettono. Perché si ispira a Nabokov

Marco Cubeddu è seduto su un divano di velluto arancione dello storico caffè Cambi nei vicoli di Genova, perfettamente pettinato anni Trenta. Con una cravatta vintage di Jean Paul Gaultier, sembra la versione reloaded di Alessandro Piperno. E chissà se seguirà i successi (anche di critica) dello scrittore romano. Il suo libro di esordio, C.U.B.A.M.S.C. Con una bomba a mano sul cuore (Mondadori), si annuncia più che promettente. Romanzo picaresco e feuilleton d’amore post-modern, dove la storia si intreccia all’autobiografia: come Alessandro Spera, il protagonista, anche Cubeddu si è arruolato nella Legione straniera? Davanti a un Old fashioned, il cocktail bevuto dai cinici maschi di Mad men (che poi nel corso del pomeriggio diventeranno quattro), Cubeddu racconta che adora Quentin Tarantino e Vladimir Nabokov e si è ispirato a loro nel gioco degli specchi con la sua vita.

Allora, è lei Alessandro Spera, scrittore egotico ed egoista, dedito a ogni vizio e pronto per oltre 300 pagine a percorrere per un’ossessione amorosa la discesa agli inferi?
Al massimo potrei essere il protagonista di uno dei suoi romanzi. Immagino che, se lui avesse scritto di me invece che io di lui, il libro sarebbe stato censurato.

Una vita al massimo. Raccontano che alla firma del contratto a Segrate arrivò in ritardo e parcheggiò nel posto riservato all’ad, buttò le cicche delle sigarette nel laghetto delle carpe e propose come secondo libro una biografia romanzata dell’editore. È andata così?
È vero, vorrei scrivere la vita di Silvio Berlusconi in stile epico, come il Limonov di Emmanuel Carrère. Faccio il pompiere, ma detesto apparire come un boy scout, non amo i buonismi, né Fabrizio De Andrè, trasformato in un Che Guevara della chitarra.

Ma i film porno, le marchette per mantenersi alla scuola Holden li ha fatti davvero?
Parliamo della Holden... Non può insegnarti a scrivere come Nabokov, ma può insegnarti a scrivere come Raymond Carver. Penso che ci vorrebbero molte più scuole Holden, soprattutto ora che si sta riorganizzando grandiosamente. Ha molti margini di miglioramento, a partire dalla selezione degli studenti che purtroppo, mediamente, sono dei fichetti hipster senza alcun talento e nessuna voglia di darsi da fare. Dovrebbero essere forgiati come in una caserma della Legione straniera.

I fichetti hipster fanno parte della sua generazione, quella che lei descrive come "il miglior prodotto dello spettacolo delle macerie". Si sente così?
La mia generazione, nata a cavallo dell’89, è l’ultima ad avere la sensazione di un prima e di un dopo. Da bambini vivevamo con incanto e fiducia ogni cosa, pucciavamo nel latte i Pandistelle, guardavamo Non è la Rai, ci attaccavamo alla stessa bottiglia per bere senza paura della Sars: era l’età d’oro della sicurezza. Ma la nostra Belle époque è finita. L’11 settembre è stato di nuovo un prima e un dopo.

Scusi, ma perché usare i sottopassaggi sarebbe da «finocchi» come scrive due volte nel libro?
Perché io e Spera siamo schiavi di una certa idea di macho, alla Gary Cooper. E affrontiamo il pericolo delle macchine come farebbe un vero cowboy (poi confessa di aver recitato in reggicalze nel Rocky Horror Picture Show, ndr).

Alla fine il fragile maschio alfa si distrugge per amore di Mel. Non ha nessuna redenzione?
La sua redenzione è nel libro che lui le ha dedicato. Per amore si arruolerà, combatterà, inseguirà, ucciderà, ma tutto questo sarebbe stato vano senza la cristallizzazione in forma artistica di quell’urgenza. Spera e Mel non sarebbero mai potuti stare insieme nella vita vera. Ma staranno insieme per sempre nelle pagine del suo libro che è tutto ciò che conta davvero. Lolita finisce con una grande dichiarazione di poetica: "Penso agli uri e agli angeli, al segreto dei pigmenti duraturi, ai sonetti profetici, al rifugio dell’arte. E questa è la sola immortalità che tu ed io possiamo condividere, Lolita mia".

Nabokov è il suo mito, non ha avuto paura di sentire il suo risolino sulle spalle mentre scriveva?
Lui scrisse il suo romanzo più importante a più di 50 anni, io ne ho solo 25. Sento la mia venerazione, ma anche un senso di sfida. E in senso di sfida, si toglie la camicia azzurra. Ha le spalle e il petto tatuati con i simboli di quella vita che, come dice lui, è "più fiammeggiante di quella del suo protagonista". Sulla schiena due colt che si incrociano, sul fianco carri armati tratteggiano il simbolo dell’infinito. Sul cuore, una bomba a mano. Quasi timidamente aggiunge: "Certo, alcune volte, mi domando anche: sei sicuro di non essere un coglione?".

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Terry Marocco