Meetup, in un libro le verità sul social network
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Meetup, in un libro le verità sul social network

Nicco Mele è stato il primo a usarlo. Per Barack Obama. E ora in The End of Big racconta come internet sta cambiando la politica

Quando Beppe Grillo ha scelto il social network Meetup per dare uno scheletro al Movimento 5 Stelle, in realtà, stava copiando Nicco Mele. Guru delle interazioni tra internet e politica in servizio ad Harvard, Mele è stato il primo a usare in campagna elettorale il servizio che unisce le persone attorno a un interesse comune: basta cambiare il tema e, invece dei gruppi di lettura o di cucito, si formano gruppi di azione politica.

Dieci anni fa, per il suo candidato alle primarie democratiche americane, Howard Dean, era una necessità: tutti avevano una macchina elettorale a Washington D.C. e lui aveva una base striminzita in Vermont. A Dean, nel 2003, Meetup non è bastato per vincere. Ma è grazie a quell’esperienza che nel 2004 Mele è riuscito a far eleggere al Senato uno sconosciuto avvocato nero di Chicago, tale

Barack Obama. "La forza che ti dà Internet è importante, ma non si vince solo perché si è usata una tecnologia invece di un’altra. Dipende molto dal momento e dal candidato, che deve saper sfruttare la rete a suo favore", ci spiega Mele, che ha raccolto l’esperienza di anni nel libro The End of Big (St. Martin’s Press), in uscita il 23 aprile negli Stati Uniti. Il sottotitolo dice tutto: Perché Internet ha reso Davide il nuovo Golia.

Perché che avete scelto Meetup e non un altro social network?
Perché sempre più persone organizzavano raduni a favore di Howard Dean con Meetup. Era un fenomeno spontaneo, perciò ci è bastato seguire la gente, andare dove c’era già qualcosa in atto.

Ha funzionato?
Beh, Howard Dean ha perso. Ma Obama, con gli stessi strumenti e un po’ più di esperienza, ha vinto.

Grillo ha detto a Time: "L’uso di Meetup l’ho copiato dagli americani, da Howard Dean. Lui l’ha usato per raccogliere i soldi, io l’ho usato per raccogliere gente e informazioni. Questo è quello che ho copiato dagli Stati Uniti".
Non è vero, abbiamo sfruttato Meetup anche per raggiungere gli indecisi e per diffondere il nostro messaggio, perché non potevamo pagarci le pubblicità in tv o alla radio. Dalla nostra esperienza Grillo ha capito che Internet aiuta un outsider a inserirsi nel gioco. Nel suo caso funziona anche se usa Internet come faceva nel 2005, in modo monodirezionale. Non ha bisogno di cambiare perché a Grillo il blog serve solo per uno scopo: fare a meno (o per fingere di poter fare a meno) di giornali e tv.

Meetup ti dà una piattaforma, ma il contenuto? Grillo dice: "Lo deciderà il popolo del web". Il problema è che la tecnologia non ha opinioni. Nel mio libro spiego che le nostre istituzioni, in un certo senso, ci proteggono da noi stessi, sono disegnate per proteggerci dai nostri peggiori istinti. Quando non si dimostrano all’altezza di questo compito, cerchiamo una risposta all’esterno. E Internet ci aiuta, perché offre ottime possibilità per costruire qualcosa al di fuori delle istituzioni. Il problema è che è facile che ne nascano movimenti che vanno in direzioni tutt’altro che positive.

Perché Internet è così inutile quando si tratta di costruire?
Non bisogna dimenticare la cosiddetta “Legge di Godwin”: ogni discussione online, prima o poi, finirà con qualcuno che darà all’altro del nazista. È molto difficile che una conversazione su Internet diventi spontaneamente costruttiva. Gli esempi di persone che hanno usato la rete per portare avanti battaglie giuste e democratiche non mancano, ma non c’è niente di assicurato, bisogna volerlo. Questo è il problema dei leader dell’era digitale: trovare un modo per dare direzione e scopo alle interazioni online, in modo che possano dare risultati costruttivi.

Ma si può vivere in un mondo pieno di piccoli Davide che alzano la voce?
Credo che un mondo come questo non sia gestibile senza le istituzioni. Dire “faremo dei referendum online per decidere volta per volta”, come fa Grillo, non vuol significa niente. Prima bisogna capire come funzionerà, chi potrà votare, per quanto tempo, quale sarà la procedura, come saranno formulate le domande. Il modo in cui costruisci questi referendum favorisce un esito piuttosto che l’altro. Per esempio: prima di votare puoi chiedere all’elettore di guardare un video di dieci minuti, o due filmati da cinque minuti, uno contro e l’altro a favore. Non sono dettagli, sono scelte decisive.

Un mondo di Davide al potere è un mondo più demagogico?
Certamente. Ai ricchi non piacerà.

Temo che non piacerà a nessuno, alla fine.
Certo, perché ci sarà il caos e ne verremo danneggiati tutti. Il problema è che, ci piaccia o no, siamo già in un mondo pieno di Davide: tutti hanno uno smartphone, perciò tutti hanno già un grande potere nelle loro mani.

Come si fa a gestire questo potere, se tutti urlano e molti hanno un’area d’interesse che non va al di là del loro quartiere?
Ci pensi un attimo: ha dato la definizione perfetta di Facebook. Nel passato affidavamo la gestione del potere ai giornali, ai politici, persino ai film. Ora Facebook, Google e Twitter sono quasi più influenti delle istituzioni tradizionali. Grillo è un esempio molto interessante, perché ha visto che il solito modo di fare le cose non funziona e vuole portarne uno nuovo. Purtroppo per lui, ogni leader è chiamato ad avere senso della storia e una grande coscienza morale del suo compito: insomma, chi comanda deve sapere che cosa si aspetta da questo cambiamento. Prima che il tuo mondo sia crollato devi aver deciso cosa vorrai costruire, non puoi dire “faremo un referendum e poi si vedrà”. Quella è la parte difficile, distruggere è molto facile.

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Marco Pedersini

Giornalista. Si occupa di esteri. Talvolta di musica. 

Journalist. Based in Milan. Reporting on foreign affairs (and music, too). 

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