Hosseini: la tragedia è una strategia di marketing
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Hosseini: la tragedia è una strategia di marketing

Lo scrittore di origini afghane intercetta le preoccupazioni e le fantasie del suo pubblico

Il nuovo Khaled Hosseini arriva, si piazza al comando della classifica con il suo E l’eco rispose(Piemme, 456 pagine, 19,90 euro) e gli italiani passano l’estate a scoprire che accade di due fratelli afghani divisi dalla guerra. Domande da fare? Una su tutte: di che razza di fenomeno stiamo parlando? Hosseini non tratta di moda, shopping, cucina, Leonardo Da Vinci o Dante Alighieri. I suoi romanzi sono dedicati a un popolo da «mille tragedie per chilometro quadrato», un popolo che lui dichiara da sempre di voler trattare con rispetto, senza strappare urla sensazionalistiche né pianti retorici. L’alto tasso di commozione suscitato da bombe, stupri e violenze rischia però lo stesso di diventare un espediente di marketing.

«Dopo tanti anni negli Stati Uniti, Hosseini ha imparato le regole del marchio. Gira il mondo e concede interviste con le regole delle star» commenta Ernesto Ferrero, direttore del Salone del libro di Torino. «Con questo romanzo si allontana da Kabul verso Parigi, San Francisco, la Grecia: la gente, e gli ultimi romanzi di Melania Mazzucco e Paolo Giordano lo dimostrano, non vuole più sentire parlare di guerra. L’Afghanistan comincia a rimanere sullo sfondo».

Il saggista Giuseppe Scaraffia vede invece proprio nella tragedia il meccanismo seduttivo principe del filone inaugurato dal Cacciatore di aquiloni: «I romanzi di Hosseini rispondono a un bisogno preciso, più il nostro mondo è controllato e asettico, più vogliamo godere a distanza delle emozioni che abbiamo fatto di tutto per escludere dalla nostra vita. È il voyeurismo con sfumature sadiche di chi gode delle sciagure altrui».

Come è accaduto negli altri romanzi, qui Hosseini parla anche di se stesso, risalendo dalle radici del suo albero genealogico ai giorni nostri, in cui vive circondato dai «fortunati» come lui che dalle bombe sono fuggiti da piccoli. Forse anche per questo risulta credibile. «Il bestseller ha a che fare con la serendipità, che significa scoprire una cosa non cercata» spiega il critico letterario Filippo La Porta. «Questa imprevedibilità conserva l’ultimo, residuo elemento di utopia legato alla letteratura». Insomma, non servono a nulla ingegnose strategie di marketing. Né esiste l’algoritmo del successo. «A volte» dice La Porta «i bestseller intercettano preoccupazioni e fantasie sommerse, com’è il caso di Hosseini. L’unica prova certa che gli Stati Uniti nell’ultima decade sono stati coinvolti in due guerre in Medio Oriente è l’enorme successo dei suoi romanzi. Mescola melodramma e informazione condita di pathos: Un posto al sole e un saggio antropologico come Il crisantemo e la spada di Ruth Benedict».

Non dimentichiamo poi che le emozioni sono ancora appannaggio del pubblico femminile e che Hosseini conosce bene le sue lettrici. «Oggi, quando un editor deve decidere se pubblicare, la trama forte vince sulla bella scrittura e Hosseini di forza ne ha da vendere» chiosa Maria Paola Romeo, agente letterario. «L’altro aspetto determinante del filone Hosseini è che ha preso il posto dello sguardo lento di certa saggistica alla Tiziano Terzani. Per il pubblico mass market leggere Hosseini è un modo per conoscere pezzi di geografie lontane ed esotiche in forma narrativa». 

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Stefania Vitulli