Europa: definiamo l'integrazione!
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Europa: definiamo l'integrazione!

Integrarsi significa trovare uno spazio vitale e di espressione delle proprie peculiarità all'interno di un sistema di riferimento

Le spiagge europee stanno vietando il burkini (cosa diversa dal burqa) ma la mossa più clamorosa l’ha annunciata in queste ore la Germania. Ecco cosa sta succedendo dalle parti della Merkel: delle contromosse per aumentare la sicurezza limitando l’integrazione, tra cui la proposta di vietare il velo in luoghi pubblici.

Non dimentichiamoci che nell’attuale contesto post-moderno complesso e multietnico che abbiamo messo in evidenza, noi società europea in questi anni, si è fatta strada la necessità di individuare processi sociali e culturali in grado di favorire la convivenza pacifica delle diverse etnie presenti nello stesso territorio. E in questa direzione sono nate una serie di politiche sociali volte, appunto, allo sviluppo dell’integrazione delle popolazioni con culture e costumi diversi.

La cancelliera Angela Merkel ha dichiarato che il burqa è un ostacolo all'integrazione e il ministro dell'Interno Thomas de Maizière ha il suo pieno sostegno nell'indicare eventuali divieti parziali. Questa è quella che in studi internazionali chiamiamo Integrazione Monistica.

Cos’è?

L’integrazione monistica, è quando la cultura dominante non lascia spazio alla diversità, assimilandola nel proprio sistema organizzativo.

Ma se le cose stanno così bisogna allora rendersi conto delle conseguenze che ne derivano. In particolare del fatto che un tale progetto d’integrazione è radicalmente contraddittorio, per non dire incompatibile, con l’idea e la prassi del multiculturalismo. Quel multiculturalismo che invece in Occidente moltissimi ancora considerano la linea guida da seguire nel rapporto con l’immigrazione: anche perché espressione del politicamente corretto. 

Come riuscire a ipotizzare, oggi, il dispiegarsi di queste dinamiche sia a livello individuale che collettivo?

Scorciatoie o rapide soluzioni non esistono. La società occidentale attuale attraversa una crisi di cui è impossibile profetizzare l’esito. I suoi riflessi inevitabilmente si proiettano su quel che forgia l’identità.

Tornando alla delicata tematica dell’integrazione, basata in gran parte proprio sul dialogo, che tipo di apertura comunicativa può esserci se non vi è nemmeno la possibilità di guardare negli occhi una persona? Nell’era moderna, in pieno 2016, è forse considerato peccato per una donna lasciarsi guardare negli occhi durante una conversazione civile?

Il mondo è cambiato e, con una rapidità che non può non sorprendere, continua a cambiare, ben più di quanto la volontà dei singoli individui pretenda di dominarlo. E’ mutata la composizione della popolazione che abita il nostro Paese: altre donne, altri uomini, provenienti da diversi territori del nostro pianeta hanno iniziato a farvi parte. Ciascuno apportandovi del proprio: la lingua, i costumi, le abitudini in una società sempre più multiculturale, una comunità nella quale i contatti tra gruppi etnici differenti si stanno intensificando.

Entrare in contatto con altri modi di vivere, di sentire, di rapportarsi alla realtà amplia le nostre prospettive e ci rende capaci di forme di adattamento sconosciute alla specie umana.

Il fatto di costituire una società basata sulla ricchezza multietnica potrebbe rappresentare per l’uomo in futuro un importante vantaggio evolutivo, che potrebbe rafforzare la grande capacità che l’uomo ha di far valere le sue parti psichiche cognitive nel suo gestire il mondo che lo circonda.

La prospettiva multiculturale ci rende capaci di comprendere che siamo tutti membri di un’unica comunità, che dovrebbe evitare i conflitti etnocentrici, ma soprattutto ci rende capaci di agire in funzione della salvaguardia del gruppo umano nella sua generalità. In una società come la nostra aperta alla multiculturalità si può parlare d'integrazione?

In particolare ci si dovrebbe chiedere cosa significa integrazione. Si dovrebbe riflettere sul fatto che integrarsi non vuol dire annullare le differenze, non vuol dire adattarsi a subire un processo di acculturazione e di inglobamento all’interno di una cultura dominante.

Integrarsi significa trovare un proprio spazio vitale e di espressione delle proprie peculiarità all’interno di un sistema di riferimento che non cancella le diversità, ma le esalta e le ricompone in un quadro multiforme e ricco.

Oggi si parla molto di tolleranza, ma non è detto che la nostra società sia pronta per l’integrazione vera e propria, che di sicuro è un passo decisivo e che si spinge più in là del semplice convivere all’insegna del reciproco tollerarsi.

Facciamolo insieme, questo passo. Tutti. Avviciniamoci, apriamoci, comprendiamo. Io sono pronto. E voi?

 


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Giuseppe Giulio

Napoletano, ma residente a Fiuggi. Laureato in Scienze Politiche per la Cooperazione e lo Sviluppo. Ha pubblicato nel 2009 una prima silloge in lingua inglese dal titolo “Northern Star” edito da Altromondo. Collabora con Roma Tre e UNICEF.

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