Abitudini e manie dei grandi scrittori
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Abitudini e manie dei grandi scrittori

Il genio spesso si accompagna a riti e manie che potrebbero sembrare curiosi, ossessivi o al limite della superstizione

Da un articolo di Maria Popova su Brainpickings.com sul libro Odd Type Writers (di Celia Blu Johnson), scopriamo alcune curiosità legate ai grandi scrittori nei loro rituali quotidiani.

Truman Capote non iniziava e non terminava mai un libro di venerdì, cambiava stanza d’albergo se il suo telefono aveva il numero tredici e non lasciava mai più di tre mozziconi di sigarette nel posacenere: quelli in più li infilava nella sua giacca.

Ai numeri era legata anche una mania di Jack London: 1.000 le parole scritte ogni singolo giorno della sua carriera.

Anthony Trollope, iniziava la sua giornata puntualmente alle 05:30 ogni mattina e scriveva 250 parole ogni 15 minuti. Stephen King deve raggiungere la quota giornaliera di 2.000 parole mentre Thomas Wolfe non si fermava fino a che non raggiungeva le 1.800 parole.

Tra le manie più curiose c'è quella di Friedrich Schiller, scoperta dal suo amico Goethe: “Una volta Goethe si sedette alla scrivania di Schiller e, in attesa del suo ritorno, si mise a buttare giù qualche appunto. A un certo punto, un odore opprimente si era insinuato nella stanza. Goethe, seguendolo, scoprì un casstto della scrivania piena di mele marce. Per lui l’odore era insopportabile ma per Schiller l’aroma in qualche modo era fonte di ispirazione e, secondo la moglie, non poteva vivere o lavorare senza di esso”.

Agatha Christie, invece, non lasciava marcire le mele, ma le mangiava nella vasca da bagno mentre ideava omicidi.

Virginia Woolf scriveva due ore e mezza ogni mattina su un tavolo alto 3 piedi e mezzo con un’angolatura che le permetteva di vedere il suo scritto da vicino e da lontano. Scriveva seduta o in piedi (per rivalità con la sorella Vanessa che in piedi dipingeva), aiutata dalla sua invenzione: una tavoletta di compensato cui aveva attaccato penne e inchiostro per avere sempre a portata di mano ciò che le occorreva per scrivere, senza interrompere il suo flusso creativo.

Altri scrittori, invece, consideravano i loro animali domestici come i veri ispiratori dei loro racconti. Come Edgar Allan Poe non si separava dal suo gatto Catterina che riteneva il suo “tutore letterario”: le sue fusa erano un segno di approvazione di ciò che stava scrivendo.

O l’amore per il pollame di Flannery O'Connor che si circondava di anatre, tacchini e quaglie.

Anche il modo di scrivere e l'abbigliamento sono testimoni di strane abitudini: James Joyce scriveva sdraiato sul letto a pancia in giù con una grande matita e vestito solo con un camice bianco (questo pare fosse anche legato a un suo problema di vista: era quasi cieco e i grandi pastelli lo aiutavano a vedere ciò che scriveva, mentre il camice bianco lo aiutava a riflettere la luce sulle pagine quando arrivava la notte).

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Leggendo il libro potrete scoprirne molti altri.

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Redazione