La dépendance della Farnesina compie 85 anni, ma c'è maretta sullo Statuto
La palazzina del Circolo degli Esteri di Roma sul Lungotevere dell'Acqua acetosa
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La dépendance della Farnesina compie 85 anni, ma c'è maretta sullo Statuto

Il Circolo degli Esteri è una prestigiosa vetrina internazionale della cultura e dello stile italiani. Una mossa azzardata del suo presidente, in piena pandemia, solleva però forti obiezioni.

Non se ne è accorto nessuno, neanche i soci, ma fra poche settimane ricorre l'ottantacinquesimo anniversario del Circolo degli Esteri di Roma. Fondato nel maggio 1936 dall'allora ministro degli Esteri Galeazzo Ciano, oggi è una delle più importanti istituzioni culturali della capitale. Oltre che un vanto della Farnesina, di cui è una dépendance informale.

I diplomatici italiani ne vanno giustamente fieri, perché né i loro colleghi francesi, né quelli tedeschi, né quelli spagnoli possono contare su un'analoga risorsa. Solo i britannici possono vantare qualcosa di simile: il Travellers Club, fondato nel 1819 come luogo d'incontro per i gentleman «che avevano viaggiato fuori dalle isole britanniche a una distanza di almeno 500 miglia da Londra in linea diretta», in cui intrattenere visitatori stranieri e diplomatici di stanza nella capitale.

E se, nell'elegante palazzo al numero 106 di Pall Mall, i diplomatici londinesi mostrano orgogliosi il corrimano montato sulla scala per il claudicante principe Talleyrand, ambasciatore di Francia alla corte di San Giacomo, i loro corrispettivi romani mostrano l'ansa del Tevere di fronte al Circolo. In quella che oggi è un'oasi di pace, nel 312 dopo Cristo si svolse la battaglia di Ponte Milvio fra Costantino e Massenzio, nel corso della quale il secondo affogò nelle acque del fiume.

Negli ultimi mesi il Circolo degli Esteri è finito sulle pagine dei giornali per lo scompiglio provocato dall'inaspettata proposta di modifica dello Statuto da parte del suo presidente, Luigi Vignali. Uno sconveniente faux pas, per i felpati diplomatici abituati a vedere il Circolo associato a vertici internazionali, dignitari in visita e tavole rotonde con primi ministri.

Già, perché negli ultimi 20 anni il Circolo è diventato un luogo di incontro e di scambio tra ambienti italiani e stranieri, in altre parole una vetrina internazionale della cultura italiana e del made in Italy. «Una risorsa per la proiezione internazionale del Paese» lo definì Paolo Gentiloni, che lo frequentava abitualmente quand'era ministro degli Esteri. Un altro frequentatore era Giulio Andreotti, che interveniva alle cerimonie di commiato per i funzionari in partenza. In una di quelle occasioni, notò fra i presenti tanti suoi collaboratori e commentò ironico: «Vi invidio per il tempo che potete dedicare alle attività del Circolo».

Situato sul Lungotevere dell'Acqua acetosa di fronte alla collina di Villa Glori, poco lontano dal centro di Roma, il Circolo si estende su circa tre ettari. Composto dalla palazzina storica, nata come dopolavoro del ministero degli Esteri, ora può contare anche su una palazzina satellite acquisita nel 2006, quando il vicino circolo dell'Esercito chiuse i battenti. Immerso in un grande parco con maestosi pini marittimi, dispone di un ristorante all'aperto, di campi da tennis, di due piscine, di una palestra, di una sala fitness e di una parete da arrampicata.

Ma il suo core business non sono solo le pratiche sportive, pur importanti. Il sodalizio istituzionale della Farnesina è molto di più. Come ha scritto l'ex presidente Carlo Azeglio Ciampi, nominato nel 2007 socio onorario, il Circolo «vede crescere di anno in anno il suo ruolo di sede di importanti incontri diplomatici internazionali».

Un esempio per tutti, la colazione di lavoro spesso citata da Massimo D'Alema nell'ottobre 2007 con i colleghi Bernard Kouchner e Miguel Ángel Moratinos «per discutere della preparazione di una nostra missione congiunta in Libano». Perché, come ha commentato Lamberto Dini, ministro degli Esteri per cinque lunghi anni, «è soprattutto il carattere di prolungamento ideale e materiale della Farnesina, quale sede istituzionale per gli incontri internazionali, che costituisce il vero "valore aggiunto", esclusivo e impareggiabile, del Circolo degli Esteri, oggi più che mai ospitale enclave per la vera e propria attività di politica estera».

Il Circolo è anche un luogo dove «l'arte è al servizio della diplomazia» e la «diplomazia è al servizio dell'arte». Il suo patrimonio artistico, parte di una vasta collezione comprendente pitture e sculture dei grandi maestri italiani del Novecento, lo rende un unicum nel panorama dei circoli romani. «La collezione d'arte del Circolo è un esempio della mirabile produzione artistica a contemporanea italiana» ha detto l'ambasciatore degli Stati Uniti Ronald P. Spogli.

Tra gli autori delle opere figurano Giorgio De Chirico, Pietro Cascella, Sandro Chia, Arnaldo Pomodoro e Mimmo Paladino. «È molto esteso il popolo muto, quello dell'arte, che abita gli spazi esterni e interni del Circolo» ha scritto il critico d'arte Achille Bonito Oliva. «Cosa fanno di notte arte povera, transavanguardia e nouveau realisme? Forse parlano fra di loro, si scambiano di posto, per tornare puntualmente nel proprio la mattina dopo».

Nella clubhouse dei diplomatici, aperta anche alla società civile, è presente una biblioteca, che vanta una collezione di volumi scritti dai diplomatici italiani e la serie dei Documenti diplomatici pubblicata dal Ministero degli Affari Esteri. La sua vocazione culturale è anche supportata da accordi di partenariato con importanti istituzioni culturali. Italiane, come l'Accademia di Santa Cecilia e la Società geografica italiana, e straniere, come l'Accademia americana e la Biblioteca Hertziana per la Storia dell'arte.

La palazzina dell'Acqua acetosa ospita anche il festival di cortometraggi CineMAE, un evento unico nel suo genere, che ha attirato personaggi del calibro di Gillo Pontecorvo, Ferzan Ozpetek e Pupi Avati. Per non parlare delle mostre, dei concerti, dei recital in musica e in prosa, delle conferenze, dei dibattiti e delle presentazioni di libri, che prima del Covid si svolgevano più volte al mese.

Il risultato di questo «vivere il Circolo» ha attirato un crescente numero di soci, oltre 1.400, che vanta diplomatici italiani e stranieri, dipendenti della Farnesina e autorevoli rappresentanti del mondo scientifico, economico e culturale. In particolar modo per i diplomatici stranieri di stanza a Roma, la palazzina sul Lungotevere è diventata un luogo alternativo all'abitazione e all'ufficio. «Ne ho fatto la mia seconda casa» ha detto l'ambasciatore del Marocco, Abouyoub Hassan, che come tanti suoi colleghi usava il Circolo anche per incontrare esponenti della società civile. «Un ambiente ideale, dove il tempo libero si trasforma in tempo utile» ha aggiunto il cardinale Giuseppe Bertello, che lo frequentava negli anni in cui era Nunzio apostolico in Italia.

«Al Circolo il mondo è ospite a casa di amici» ha sintetizzato l'ambasciatore della Repubblica Federale di Germania Michael Steiner. Tanto che, nel pranzo di fine missione a Roma, l'ambasciatore di Francia, Yves Aubin de La Messuzière, ha ricordato la serata del 9 luglio 2006, quando al Circolo aveva seguito la finale del campionato mondiale di calcio tra Italia e Francia.

E pensare che alla fine degli anni Novanta il Circolo navigava in pessime acque, gravato di forti debiti accumulati negli anni. Artefici della sua rinascita stati sono i fratelli Vattani, l'ambasciatore Umberto, che lo ha guidato 11 anni, e l'ambasciatore Alessandro, presidente per sette.

«Dal gravoso debito si creò l'opportunità per la rinascita dell'intera struttura» ricorda Umberto Vattani, che ha dedicato molta attenzione alle giovani leve del ministero. «Altri due eventi furono determinanti per il rinnovamento e la rivalutazione del circolo: il Vertice del G7 tenutosi a Genova nel 2001 e la Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione Europea nel 2003. Entrambe le circostanze richiesero al Paese un'intensificazione dei negoziati e degli incontri con le delegazioni europee e internazionali e il Circolo degli Esteri divenne un luogo di ospitalità meno formale e più disteso. Furono creati due nuovi padiglioni per riunioni di lavoro e conviviali. Oggi ne approfittano anche i Capi missioni dei Paesi africani per loro incontri e per celebrarvi le loro feste nazionali».

Oggi la presidenza è nelle mani di Luigi Vignali. E recentemente sono emersi dei malumori. «Vignali ha accantonato gli incontri con gli ambasciatori stranieri per dare spazio ai tennisti» è stato lo sfogo dell'ambasciatore Antonio Badini. «L'ha fatto diventare il circolo degli sconosciuti. In passato era un luogo di rappresentanza dove si ascoltavano le lingue del mondo. Oggi vi si parla solo il romanesco».

Ma il casus belli è stata la proposta di modificare lo Statuto. Come si legge in lettera del presidente del 5 gennaio scorso, la riforma mira ad «attirare nuovi soci e dare linfa alle attività della nostra associazione». In realtà, secondo molti soci, Vignali avrebbe fatto quest'operazione con un altro obiettivo: potersi ripresentare alle elezioni. La riforma nasconderebbe un escamotage per aggirare il limite dei due mandati stabilito nello statuto del 2016 e consentire all'attuale presidentedi ricandidarsi l'anno prossimo, nella speranza di fare un terzo mandato.

«Il presidente del Circolo Vignali sta tentando un autentico blitz, per stravolgere a suo piacimento lo Statuto» denuncia un comunicato diramato il 25 gennaio dal Socies, i Sostenitori del Circolo Esteri, gruppo che riunisce numerosi soci. «E fa questo senza alcun preavviso e, soprattutto, senza alcun dibattito preliminare con i soci».

Vincenzo Camponeschi e Stefano Mortari, che firmano il comunicato per conto del Socies, rivelano che la «riforma dello Statuto, dichiarata urgentissima (...) ha per unico scopo, peraltro mal dissimulato, la perpetuazione di Vignali alla guida del Circolo, cosa questa non consentita dallo Statuto oggi in vigore».

E non è finita. La riforma introdurrebbe anche riduzioni della quota sociale e un condono per i soci morosi. «Ma il nostro è un circolo istituzionale» osservano i membri, «a cui ci si iscrive come si aderisce a un'associazione di categoria, a un sindacato o a un club culturale. La quota è per definizione uguale per tutti».

Un'altra proposta ha fatto alzare più di un sopracciglio: con la riforma, i viceministri e sottosegretari del ministero degli Esteri che hanno servito in passato e che figurano tra i soci onorari verrebbero messi alla porta. «A parte l'odiosità della decisione» commentano i soci, «l'espulsione di queste personalità, vicine alla Farnesina, non può che indebolire la natura istituzionale del Circolo».

Obiezioni di peso, di cui Panorama avrebbe voluto parlare con il presidente Luigi Vignali, per offrirgli la possibilità di replicare. Lo ha cercato invano, senza ottenere risposta.

circolo esteri

Sala da pranzo con opere di Sandro Chia alle pareti.

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Elisabetta Burba