Ben Affleck, altro che 'bello e basta'...
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Ben Affleck, altro che 'bello e basta'...

L'affascinante attore e regista, premiato ai Golden Globe per Argo, sembrava una promessa non mantenuta, ma poi ha "svoltato" e con il suo talento ha convinto tutti. E in futuro, magari, lo ritroveremo al posto di Barack Obama

Non dev'essere noioso essere Ben Affleck. A quarant'anni appena compiuti, ha già vissuto tre volte: è stato una grande promessa di Hollywood, poi una cocente delusione e infine, con un colpo di reni spettacolare, si è tirato su per trasformarsi in una delle più belle certezze del cinema mondiale.

Sì, lo confesso, Ben mi ha stupito. Sembrava uno dei anti mascelloni hollywoodiani, che devono la fama a filmacci senz'anima e amori celebri (è stato fidanzato con Gwyneth Paltrow e Jennifer Lopez, prima di sposare la star di Alias, Jennifer Garner). Uno di quelli, per intenderci, che ti stanno antipatici non perché hanno successo, ma perché non se lo meritano. E invece... Altro che belloccio senza spessore: la notte scorsa ha vinto il Golden Globe come miglior regista, soffiandolo a quattro colleghi che si chiamano Steven Spielberg, Kathryn Bigelow, Ang Lee e Quentin Tarantino. Come? Raccontando una straordinaria operazione di intelligence della Cia, che nel 1979 salvò la vita a sei diplomatici americani, nascosti a Teheran subito dopo l'assalto dei rivoluzionari islamici alla loro ambasciata.

Con il suo bellissimo film, Argo, premiato anche come miglior pellicola, Affleck ha definitivamente varcato la soglia di un club molto esclusivo: quello dei grandi di Hollywood. Attenzione, però: la sua metamorfosi non si è consumata oggi. Già dirigendo Gone Baby Gone (interpretato da suo fratello Casey), nel 2007, e The Town, tre anni più tardi, l'eclettico ragazzo di Berkeley, California, aveva dimostrato di aver proprio “svoltato”, non solo nel modo di girare, ma anche nella scelta dei copioni. Basta commedie mediocri e avventure fracassone per maniaci della Playstation: nei suoi “nuovi” film c'è la vita vera, dura, aspra, in cui il lieto fine non è l'unica opzione, né la più probabile.

Quante volte, a proposito di questo o di quell'attore, vi siete sentiti raccontare che la sua storia era da film? Bene, stavolta è tutto vero. Non ci credete? Giudicate voi. Ben (classe 1972) sogna di recitare fin da bambino, quando gira a nove anni uno spot pubblicitario per Burger King. A scuola, poco tempo dopo, conosce Matt Damon: tra i due nasce un'amicizia a prova di bomba, che dura ancora oggi. Crescendo, gli aspiranti divi si fanno strada negli ambienti del cinema indipendente, ma poi gli spazi di manovra si restringono, e i sogni di gloria ristagnano. Nasce così l'idea di scrivere un copione da proporre alla major: il risultato è Will Hunting - Genio ribelle (1997), un film che rivolta le vita di Matt e Ben come un guanto. Non solo gli rende 300.000 dollari a testa, ma ottiene nove nomination e due premi Oscar. Uno va al grande Robin Williams (miglior attore non protagonista), l'altro proprio ai ragazzi prodigio, autori della miglior sceneggiatura originale. La scena è di quelle che non si dimenticano: premiati da Jack Lemmon e Walter Matthau, una coppia che farebbe tremare i polsi a chiunque, i due ragazzi sembrano sul punto di svenire.

Damon prende il volo, lavorando con Spielberg, Redford, Soderbergh. E Affleck? Anche lui sembra destinato a grandi cose, ma alla popolarità planetaria non corrisponde la qualità del lavoro: a parte un ruolo secondario nel premiatissimo Shakespeare in Love (accanto alla fidanzata Gwyneth Paltrow), il nuovo sex symbol inanella una serie di pellicole buone solo per ingrassare i produttori, dall'assordanteArmageddon all'indigeribile Pearl Harbor, letale mix di melodramma e kolossal bellico. Pieno di dollari e di alcol, Ben accetta il consiglio dell'amico Charlie Sheen (uno che di eccessi se ne intende) e si rintana in un rehab per disintossicarsi. All'uscita, si presenta con una nuova ingombrante fidanzata, Jennifer Lopez, che gli garantisce un assedio 24 ore su 24 da parte dei paparazzi, ma il suo fiuto nello scegliere i copioni non pare migliorato: di pellicole come Duetto a tre, Amore estremo, Paycheck e Jersey Girl avremmo sinceramente fatto benissimo a meno. Diverso è il discorso per Daredevil, un film che nella Affleck Story ha un ruolo importante: non perché sia bello, anzi, ma in quanto propizia l'incontro fatale tra l'attore e Jennifer Garner. La storia con la Lopez è ormai alla frutta, e i due non perdono tempo: nel 2005 si sposano e mettono al mondo Violet, la prima dei loro tre figli.

Sarà una coincidenza, ma insieme alla vita privata cambia radicalmente anche quella professionale: Ben vince la Coppa Volpi al Festival di Venezia 2006 con Hollywoodland, biografia agrodolce del celebre attore George Reeves, morto suicida nel 1959. Poi inizia a girare il primo film da regista (Gone Baby Gone, appunto) e il resto della storia lo sapete già.

Su, giù e ancora su: cosa c'è di più deliziosamente hollywoodiano? Oggi Affleck sistemerà sul caminetto il suo primo Golden Globe, consolandosi così della mancata nomination all'Oscar . Sui giurati dell'Academy, del resto, non c'è neanche gusto a infierire: sono gli stessi mentecatti che hanno ignorato Martin Scorsese per più di trent'anni. Roba da trattamento sanitario obbligatorio. Ci vuol altro per scalfire la credibilità del “nuovo” Ben: cineasta di successo, sostenitore del partito democratico e fondatore di un'organizzazione per lo sviluppo del Congo. Di lui si è parlato di recente perfino come di un possibile candidato al Senato, ma il diretto interessato ha smentito. "Per ora no, domani chissà...", ha risposto. L'idea di ritrovarlo domani al posto di Obama, diciamo la verità, è suggestiva. Forse, però, una quarta vita è troppo anche per lui...

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Alberto Rivaroli