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Calcio

Mondiale 2034. Infantino ha deciso: vincono i soldi dell'Arabia Saudita

Il ritiro dell'Australia ufficializza quello che era chiaro da mesi. Così gli arabi si stanno prendendo il calcio senza trovare opposizione nemmeno alla Fifa

L'ultimo atto è stato solo una formalità burocratica. L'Australia ha ufficializzato il ritiro dalla corsa per l'assegnazione del Mondiale 2034 rendendo così ineluttabile quello che era chiaro da tempo: tra undici anni si tornerà nel deserto per giocare la Coppa del Mondo di calcio. Inverno o estate ce lo faranno sapere, con calma. L'esperienza in Qatar evidentemente è stata davvero il massimo possibile ("Edizione migliore di sempre" l'ha definita il numero uno della Fifa, Gianni Infantino) è quindi si può replicare. Amen.

Gli australiani hanno scritto di aver fatto un passo indietro "dopo aver preso in considerazione tutti i fattori" e chissà, forse qualche leggerissimo sospetto di essere sfavoriti nella contesa gli era venuto già il 4 ottobre scorso, giorno in cui Gianni Infantino aveva consegnato il Mondiale del 2030 a una moltitudine di paesi lanciando un bando di candidatura a quello successivo praticamente blindato. Assegnando il mundial del centenario a Spagna, Portogallo (Europa) e Marocco (Africa) con tre partite in Uruguay, Argentina e Paraguay (Sud America), per il principio di rotazione la Fifa aveva aperto per il 2034 solo a paesi di Oceania e Asia.

A Melbourne e dintorni qualche dubbio sarà venuto, dal momento che nemmeno qualche ora dopo l'Arabia Saudita aveva ufficializzato la sua candidatura tirando fuori da qualche cassetto una massiccia campagna di comunicazione, pronta all'uso. E così Infantino, che non aveva avuto alcun ruolo nella sciagurata decisione di spedire il Mondiale in Qatar, atto conclusivo dell'era Blatter poi travolto dagli scandali, passerà alla storia come l'uomo che ha spalancato le porte al bis nel deserto.

Dove, pezzo dopo pezzo, i sauditi si stanno comprando tutto il calcio che conta investendo a fondo perduto miliardi di euro per acquisire club e campioni da importare in un campionato il cui appeal rimane scarsissimo. Per ora. Poi si vedrà, visto che la Saudi League non ha nessuna intenzione di fermarsi e che gli undici anni che ci separano dal 2034 - l'assegnazione ufficiale ormai è un atto solo formale - minacciano di spostare l'asse della geopolitica del pallone dall'Europa alla penisola arabica.

Nessuna censura morale, i soldi contano e dei dollari che piovono a cascata dall'Arabia Saudita ne stanno beneficiando in tanti nel Vecchio Continente e per discutere di diritti umani - a proposito, notizie dal Qatar post Mondiale? - ci sarà tempo. Di sicuro rimane che Gianni Infantino ha blindato tutto il pacchetto fino al 2038. Un'eternità. Non è detto che tutti siano contenti; in Sud America, ad esempio, hanno spiegato che la formula delle tre partite su un Mondiale maxi a 48 squadre piace fino a un certo punto e che spingeranno per poter organizzare la fase a gironi.

Possibilità? A occhio poche, vicine allo zero. Ragioni di geopolitica e di pesi all'interno sul pallone mondiale. Le stesse per cui oggi il denaro arabo comanda senza alcuna regola. Investimenti senza ritorno, finanziati direttamente dal fondo sovrano senza alcuna necessità di dover restituire un qualsiasi equilibrio di bilancio. In linea teorica qualcosa che dovrebbe spingere a richieste di allineamento alle regole che valgono per gli altri. Nella realtà nulla di nulla. Da qui al 2034 c'è spazio perché tutti provino a prendersi la loro parte.

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Giovanni Capuano