federico buffa sky talks telecronache
Getty Images
Calcio

Federico Buffa, l'artigiano al servizio dello sport

Ha raccontato negli ultimi vent'anni storie sportive a volte poco conosciute, ora prova con 'Federico Buffa Talks' a innovare ancora linguaggio.

L'ultimo obiettivo è anche il più ambizioso: lasciare che siano i protagonisti dello sport a raccontarsi mettendosi a loro disposizione. Stimolandoli, ascoltandoli per far emergere il lato più nascosto di carriere sotto gli occhi della grande folla. Federico Buffa prova a scrivere un nuovo codice di narrazione delle vicende agonistiche e 'Federico Buffa Talks', ultima produzione di Sky Sport con anche Federico Ferri che ne è il direttore, sposta l'asticella più in alto rispetto alle fasi precedenti.

Gregorio Paltrinieri, Filippo Tortu e altre storie portate alla ribalta utilizzando un linguaggio diverso. E' un periodo florido per gli amanti della narrazione sportiva: Buffa rappresenta il punto più alto e anche l'osservatorio migliore per provare a comprendere l'evoluzione del linguaggio negli ultimi decenni e dove - se possibile - si potrà andare avanti ad evolverlo.

Quanto è cambiato in questi vent'anni il linguaggio di racconto dello sport?

"La comunicazione sportiva, come tante altre cose, ha dovuto guardare dall'altra parte dell'Oceano e poi adeguarsi alle esigenze di ogni singolo Paese. Lo sport si è spettacolarizzato, se compari una telecronaca degli anni Ottanta a una degli anni Novanta, riprese comprese, arrivando a oggi ti rendi conto che c'è un'evoluzione che viene dagli Stati Uniti che non puoi imitare fino in fondo. Il linguaggio è andato insieme a questa evoluzione, per diventare più moderno e agile, più vicino ai tempi della giocata. Quello che è stato sorprendente, però, è altro".

Cosa ha sorpreso in questo processo?

"Quello che Simona Ercolani ha fatto avendo a disposizione tutte le immagini dell'archivio Rai, immaginandosi per la prima volta un programma di narrazione sportiva che non avesse nulla a che fare con l'attualità. Da lì si è mosso qualcosa come in una slavina, arrivando all'idea che si potesse tornare a narrare lo sport come si faceva una volta per iscritto anche utilizzando la forma verbale. Io mi sono trovato all'interno di questo processo senza nemmeno averlo chiesto, perché avrei voluto continuare a essere un telecronista NBA".

Simona Ercolani con le sue "Sfide" è l'inizio di tutto?

"Ha avuto l'idea".

Con "Federico Buffa Talks" stai arrivando alla terza fase del tuo modo di raccontare sport. Perché?

"Era finita la parte narrativa tradizionale. C'è stato il momento della narrazione, forse durato troppo. Ora Sky mi ha proposto questo nuovo approccio che non è raccontare storie mettendosi in una posizione terza, ma qualcosa di diverso: i protagonisti dello sport vengono a raccontarsi".

Spesso dietro un campione c'è un personaggio che deve solo emergere con la sua storia

"Abbiamo avuto la fortuna di avere Gregorio Paltrinieri che, se non succede nulla, sarà il prossimo portabandiera ai Giochi. Un uomo spettacoloso, che ha avuto la cosiddetta crisi di mezza età non a 40-50 anni come tutti ma nel mezzo della sua carriera agonistica. Ha praticamente cambiato sport perché un conto è nuotare in piscina e un conto è farlo in mare aperto, contro gente più grossa di te che vuole fisicamente impedirti di doppiare le boe. Ha vinto e sono rimasto colpito dal suo racconto, di quando da piccolino si faceva da un'isola all'altra delle Eolie alle 7 del mattino con il padre che lo seguiva".

Poi Filippo Tortu, l'uomo dell'ultimo centimetro nella staffetta d'oro a Tokyo

"Ha una crisi dopo non essere riuscito a raggiungere la finale nei 100 metri, inizialmente non vuole correre la staffetta e invece ha una seconda chance. E spiega il suo rapporto con la velocità. Non è abituale sentire un atleta parlare di sé in questo modo e questo mi porta a un altro concetto: dal punto di vista narrativo è più semplice parlare con sportivi non legati al mondo del calcio, hanno ancora quella mancanza di alterigia che hanno i calciatori. Sono più pronti, spontanei, con meno vincoli".

In trent'anni sono cambiati anche gli sportivi rispetto a quelli che faticavano a mettere insieme tre parole ai tempi del Processo di Zavoli...

"Giusto. Spesso li guardo per vedere cosa era la televisione di allora. I ritmi erano bassi, ho risentito la telecronaca di Carosio nella finale della Coppa dei Campioni in cui l'Inter batte il Real Madrid a Vienna e alla rete del due a zero lui dice solo "formidabile". Oggi non smetteremmo più".

Non è detto sia meglio oggi

"Bisognerebbe chiedere a chi percepisce".

Martellini chiuse la telecronaca di Italia-Germania 4-3, la partita delle partite, con una frase asciutta e di poche parole eppure che fa venire ancora oggi i brividi a risentirla

"Non avevo ancora 10 anni ed ebbi il permesso di vederla anche se era di notte. Ricordo la fatica di mio padre al gol del 2-1 della Germania: prese qualcosa contro la televisione e "No, con questi no". In quel momento non capii, poi ho pensato che era il 1970 e la guerra era finita solo da 25 anni ed è una cosa che metabolizzi solo più tardi. Martellini fece un telegramma di un fuoriclasse, uno che come premio di maturità del '36 chiese a suo padre di mandarlo a vedere le Olimpiadi di Berlino".

I calciatori non ti piacciono come personaggi?

"Fino al momento in cui Mauro Suma non mi ha chiesto di collaborare con Milan Channel, inizio anni Duemila, sono stato solo un tifoso e come tutti i tifosi soffrivo o avevo grandi gioie. Quando fai "una gita al di là del confine" e torni da questa parte vedi il calcio in un altro modo, non c'è soluzione. E le cose sono ulteriormente peggiorate, adoro il gioco ma non il suo mondo".

C'è un calciatore che ti piacerebbe raccontare tra quelli attuali o che hanno smesso da poco?

"Potendo, tu chi sceglieresti?".

Difficile, sono tutti molto stereotipati

"Chi è che è stimolante nel mondo contemporaneo? Poi aggiungo una considerazione prendendo come esempio Sinner, uno degli sportivi che oggi vanno più di moda: quando tra vent'anni si dovrà raccontare Sinner, cosa si potrà dire se tutte le sue partite saranno state viste? Dove è rimasta la parte in cui si può immaginare qualcosa? Cosa puoi raccontare? Quando parli del passato puoi ancora permetterti di avere uno spettatore che deve immaginare".

C'è spazio per fare ancora qualcosa di nuovo nel linguaggio dello sport?

"E' considerare anche il "levare"?".

A volte il racconto si fa anche per sottrazione, rispettando il silenzio

"Ci sono momenti di una partita, con i rumori di fondo che il telespettatore può sentire adesso, in cui i suoni di uno stadio sono sufficienti però è difficile tornare indietro. Non sarebbe una regressione anche se sarebbe interpretata come tale: l'iperdescrittività a volte non aiuta ma dipende anche da chi parla e come".

Ci sarà una quarta evoluzione del modo di raccontare di Federico Buffa?

"La mia vita è sempre stata molto casuale, ma non credo ci sia spazio. La terza potrebbe essere quella conclusiva. C'è qualcosa che avrei voluto fare: qualche anno fa siamo andati in Argentina a raccontare il Rosario, oggi autoproclamata capitale mondiale del futbol perché Messi e Di Maria sono nati lì. E' un posto particolare e volevo fare un progetto su più città: una sarebbe stata Teheran perché il derby tra Esteghlal e Persepolis, in uno stadio sempre pieno e in un mondo che non possiamo nemmeno immaginare, lo avrei raccontato con piacere. Narrare il calcio che non vedremo mai mi sembra bello, quello che non passerà mai alla grande platea".

Ci vediamo in onda.

Federico Buffa Talks con ospite Filippo Tortu è in onda da giovedì 15 giugno 2023 dalle 22.45 su Sky Sport Uno e NOW.

I più letti

avatar-icon

Giovanni Capuano