L'album del giorno: Amy Winehouse, Back to black
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L'album del giorno: Amy Winehouse, Back to black

Sono bastati due soli album, Frank del 2003 e Back to Black del 2006, per far entrare di diritto Amy Winehouse nell'Olimpo delle più belle voci "nere" di sempre, anche se Amy aveva la pelle candida, pur ricoperta da numerosi tatuaggi. Molti si saranno accostati alla sua musica probabilmente dopo la morte, avvenuta quel tragico 23 luglio 2011, magari dopo aver visto Amy, il docufilm di Asif Kapadia sulla vita della cantante. Nel film fa davvero male vedere una ragazza giovane, brillante e dotata di un talento straordinario buttarsi via con una relazione sbagliata e con un letale mix tra bulimia, droghe ed alcool, senza che né il padre, né il suo manager, più concentrati sull'aspetto economico, riuscissero a preservare una personalità così sensibile e fragile. "Era l'unica che cantava davvero in quello che io chiamo il "modo giusto"- ha sottolineato Tony Bennett, che insieme a lei ha inciso nel 2011 una magnifica versione di Body and Soul- Amy aveva una delle più belle voci jazz che abbia mai sentito, al livello di Ella Fitzgerald e Billie Holiday".

Mentre Frank (titolo scelto come omaggio a Frank Sinatra) aveva la sua forza e, al tempo stesso, il suo limite in un mix di generi e di atmosfere, rivelando comunque una voce già prodigiosa, il successivo Back to Black era un album straordinariamente maturo per un'artista appena ventitreenne, un lavoro coeso, emozionante, vintage e moderno al tempo stesso grazie al tocco magico dei produttori Mark Ronson e Salaam Remi. Uscito il 27 ottobre 2006 in Inghilterra, l'album ha venduto finora 20 milioni di copie in tutto il mondo, aggiudicandosi cinque Grammy Awards, tre per la canzone Rehab nelle categorie "Record of the Year", "Song of the Year" e "Best Female Pop Vocal Performance", uno nella categoria "Best New Artist" e uno per l'album nella categoria "Best Pop Vocal Album". Ciò che colpisce immediatamente di Back in Black, al di là della voce senza confini della Winehouse, è il suo perfetto equilibrio tra R&B fine anni Cinquanta, soul anni Sessanta e ritmiche hip hop del Duemila, unendo in modo davvero originale gruppi come The Ronettes e The Shangri-Las ad artisti urban come Nas e Ghostface Killah. A Nasir Jones, grande amico della cantante, con la quale condivideva lo stesso giorno di nascita (il 14 settembre, ma con dieci anni esatti di differenza tra i due, rispettivamente classe 1973 e 1983) e la medesima passione per il rap old school, è dedicata l'irresistibile Me and Mr. Jones, una sorta di versione black di Me and Bobby McGee, con una progressione armonica da antologia, che in origine si chiamava Fuckery, in cui la cantante contestava scherzosamente all'amico di averle fatto perdere il concerto di Slick Rick, uno dei padri nobili del rap. Nas ha ricambiato il favore incidendo con Amy due brani indimenticabili, Like Smoke e Cherry Wine, perfetti anelli di congiunzione tra soul e hip hop. Anche You know I'm not good ha un'irresistibile ritmica hip hop, tanto che è stata poi incisa, sull'onda del successo dell'album, in una versione remix con Ghostface Killah, uno dei migliori rapper del Wu Tang Clan.


Amy Winehouse - Rehabwww.youtube.com


Un altro aspetto che rende unico Back To Black è il contrasto tra il linguaggio sboccato e diretto della cantante di Camden Town, che si esprime senza filtro sulle sue vicende sentimentali e personali, e la raffinatezza degli arrangiamenti musicali, dominati dagli ottoni e dal pianoforte. Emblematico, in tal senso, è l'effervescente singolo apripista Rehab, in cui Amy racconta con sincerità disarmante, su un groove irresistibile di fiati, basso e handclap, i suoi ben noti problemi di dipendenza, tanto che la prima strofa recita: "Hanno cercato di mandarmi al centro di riabilitazione, ma io ho detto no, no, no". In Addicted racconta con ironia e senza giri di parole il suo stretto rapporto con la marjuana: "Quando fumi tutta la mia erba, amico/ devi chiamare lo spacciatore/ Così io posso prendere la mia e tu la tua". Il soffice rocksteady di Just friends, con i suoi irresistibili ritmi in levare, è una carezza prima dello schiaffo emotivo della title track Back to black, minuzioso racconto di una relazione travagliata, quella di Amy con l'ex marito Blake-Fielder Civil, su un minaccioso muro del suono alla Phil Spector, con una drammaticità funerea in cui si respira quasi il presagio della morte. L'ascolto di Love is a Losing Game, una ballad commovente in grado di sciogliere anche un iceberg per il suo malinconico calore, è vivamente sconsigliato se siete appena stati lasciati dal partner, un tema ripreso anche in Wake up alone, di cui restano indimenticabile i versi "Sto sveglia, pulisco casa così almeno non bevo/ mi muovo in modo da non pensare ai pensieri".

Una delle canzoni più memorabili di Back to Black è la straordinaria Tears dry on their own, con un chorus che si scolpisce immediatamente nella memoria, una canzone così onesta e vissuta che ci sembra quasi di vedere sgorgare dal vivo le lacrime delle cantante, intaccando così il suo perfetto eyeliner a là Cleopatra. "Ho scritto un album di cui sono davvero orgogliosa su una brutta situazione che ho attraversato. C'è dentro tutta me stessa", ha dichiarato nel 2006 Amy quando è uscito il disco, disponibile anche in una special edition in 2 cd e due LP con The Ska Ep, sentito omaggio ai ritmi in levare caraibici tanto amati dalla cantante londinese, come Valerie degli Zutons, Monkey man di Toots & The Maytals, Hey Little Rich Girl degli Specials, Cupid di Sam Cooke e il demo originale di Love is a losing game. Back to Black è un album che dà ogni volta sensazioni contrastanti: da un lato la gioia di ascoltare, per 35 minuti che passano velocissimi, senza mai un secondo di noia, un disco vibrante e inebriante, ricco di calore e di bellezza; dall'altro resta il retrogusto amaro per la fine traumatica di una giovane vita, che in pochi anni ha regalato così tanta bellezza alla musica pop. Per questo, Back to Black resta un testamento artistico di inestimabile valore.

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Gabriele Antonucci