Mettete dei fiori nei vostri bocconi
Costume

Mettete dei fiori nei vostri bocconi

Le infiorescenze commestibili sono una cinquantina. Molti pensano che servano ad abbellire i piatti, ma non è così. Ecco come i grandi chef li utilizzano per il loro sapore, le proprietà nutritive e, talvolta, persino curative.

Riso cosparso con finissima polvere ricavata dal rizoma di giaggiolo turchino; garofani bianchi, rosa, rosso porpora passati nel rosolio freddo e serviti allo spiedo. Rose rosse vellutate, dette «diaboliche», spampanate e fritte in olio bollente, come si fa per i carciofi alla giudia; zuppa zoologica in brodo caldo alla rosa; polibibita con liquore Campari, anice, essenza di rosa bianca. Sono solo alcuni piatti floreali della cucina futurista, applauditi da Marinetti, Farfa, Depero, Prampolini, Fillìa e altri artisti in eccentrici banchetti consegnati alla storia (si eseguivano partiture rumoristiche e i commensali venivano aspersi di profumi per stimolare l’aspetto olfattivo delle serate). Era avanguardia. I seguaci di Marinetti volevano non soltanto «uccidere il chiaro di luna», ma abolire la pastasciutta, considerata cibo da rammolliti.

Che cosa resta di quella rivoluzione culinaria? Molto, nell’architettura dei piatti, nell’accostare ingredienti insoliti, nei processi di cottura. Grande è il debito della cucina contemporanea di alto livello verso le bizzarre creazioni dei futuristi; i quali, oltre un secolo fa, gettarono le basi per l’odierno rinascimento dei fiori in cucina. Adoperati non banalmente per decorazione - il petalo adagiato su un carpaccio, una corolla messa ad arte nell’insalata -, ma proprio come focus di un piatto, per il sapore, le proprietà nutritive e, talvolta, curative. C’è un mondo intorno ai fiori eduli, dalla coltivazione alle ricette, ideate e adottate da grandi chef. E ci sono kermesse per fare il punto, assaggiare, condividere esperienze. Ad Alassio, nel Ponente ligure, con direzione artistica di Claudio Porchia, si tiene dal 12 al 15 aprile la quinta edizione del Festival nazionale della Cucina con i fiori. Obiettivo: promuoverne e valorizzarne l’uso. Con laboratori, degustazioni, incontri, escursioni veliche, visite nei giardini e parchi.

Per esempio Villa della Pergola, edificio e giardino - gioiello floreale, con rare piante esotiche - salvato dalla speculazione grazie a Silvia Arnaud e al marito Antonio Ricci, signore e padrone di Striscia la Notizia. Villa diventata un resort a cinque stelle, condotto da Alessandra e Francesca Ricci, con ristorante (il Nove) stellato. In mezzo ai fiori prosperano eccellenze. Porchia, maestro di cerimonie floreal style, presidente dell’Associazione Ristoranti della Tavolozza, sostiene che non è moda passeggera inserire nei menu denti di leone, crisantemi, fiordalisi, gladioli, verbene, viole, margherite e via elencando (sono una cinquantina le infiorescenze edibili). E aggiunge: «Non siamo di fronte a sperimentazioni di alta cucina, ma al recupero delle tradizioni contadine, che facevano largo uso di erbe e fiori. Li offriva la natura, perché rifiutarli? Ricordo che i fiori hanno uso millenario in Cina e Giappone. Da noi sono sempre più numerosi quelli coltivati in serre biologiche per finire nel piatto. Ogni fiore ha la sua particolarità. Il nasturzio dà un tocco piccante, la calendula sprigiona note amare che la consigliano con la carne, perfetti per i dessert i fiori di viola, quelli di borragine rimandano al cetriolo, gusto acidulo e agrumato regala la begonia. Regole cui attenersi: non utilizzare fiori provenienti da normali vivai, sono ricchi di chimica, e non raccogliere quelli nati nei parchi o lungo le strade delle città. Infine avviso che certe infiorescenze hanno effetto velenoso: azalee, ciclamini, iris, fiori d’oleandro, edera, mughetto e tabacco».

Ora che, grazie a Porchia, ci siamo fatti (quasi) una cultura, vediamo cosa combinano gli chef per farceli ordinare. Enrico Derflingher, lecchese, presidente di Euro-Toques International, a lungo cuoco dei reali britannici e per gli inquilini della Casa Bianca, firma il risotto con gambero rosso di Sanremo e fiori di nasturzio: piaceva alla regina Elisabetta. I nasturzi, coltivazione Ravera Bio di Albenga, vengono tritati per la mantecatura e alcuni petali vanno a decorare il riso fumante. Enrico Costanza, giardiniere culinario, consulente vegetale di grandi ristoranti, nome di MasterChef, mette in guardia sugli eccessi. «Attenti a infiorettare i piatti tanto per farlo. Bisogna saper scegliere. Adesso che è primavera consiglio fiori di sambuco, robinia e viola mammola». Fiori anche in pasticceria.

Giuseppe Amato, capo pasticcere del ristorante romano tre stelle La Pergola, guidato da Heinz Beck, ha creato una crostata al limone e fragole con nasturzio, la star dei fiori eduli. Paolo Griffa, una stella Michelin al Caffè Nazionale di Aosta, propugnatore della cucina gioiosa, ricorre ai fiori con regolarità. Nel Risotto Chagall il blu viene dai fiori di pisello, nella tartare di cervo finiscono semi di papavero, il latte di rose accoglie la cottura dell’animella, il dessert Flower Power è un tripudio di fiori con frutta di stagione e nel piatto Cartolina il blu del cielo è essenza di achillea millefoglie. Michelangelo Mammoliti, un fuoriclasse, con due stelle Michelin da Le Rei Natura a Serralunga d’Alba, nelle Langhe, non condivide l’idea di tendenza, per quanto riguarda la cucina floreale. Dice: «Ogni fiore che coltivo nella serra o nel nostro orto, o raccolgo perché spontaneo, ha una funzione ben precisa nel piatto, non è una moda. In questo periodo nascono i fiori selvatici di aglio orsino: andiamo a raccoglierli con i ragazzi della brigata. Li utilizziamo nel piatto Perle: gnocchetti di erbe, chiocciole rigatelle Aspersa Muller cotte con foglie di cannella, emulsione di ricotta di montagna affumicata e foglie di aglio orsino, aggiunte a crudo. Usiamo anche l’Erythronium dens-canis, cresce nel mio orto di casa, ad Almese, e la tossilagine, oltre ai fiori e ai capperi di cicoria selvatica». Dovesse tornare tra noi Marinetti, resterebbe deluso per la pastasciutta sempre più amata (altro che abolirla!), ma il successo dei fiori in cucina gli farebbe credere di aver saputo vedere, da futurista, nel futuro.

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Antonio Bozzo