Riforma elettorale, ora o mai più
ANSA /Alessandro Di Meo
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Riforma elettorale, ora o mai più

Dai 5stelle alla minoranza Pd alle insidie per Forza Italia per il secondo turno: tutte le mine sotto l'Italicum minacciato dai franchi tiratori. E incombe il diktat del Colle

Esulta Forza Italia, esulta il Pd. Denis Verdini, plenipotenziario azzurro per la riforma della legge elettorale, si dice sicuro di non temere i franchi in aula. Ma lo storico accordo raggiunto sabato 18 gennaio e rimodulato nella versione definitiva nel pomeriggio di mercoledì 29 gennaio ora è atteso dalla prova del fuoco dell’aula di Montecitorio. E le mine rischiano di essere tante e imprevedibili  per l’intesa, la prima intesa extraparlamentare di una simile portata raggiunta nella storia repubblicana.

Il  testo, detto l’Ilalicum, è stato prima concordato nelle sedi dei partiti e i due contraenti principali Silvio Berlusconi e Matteo Renzi non sono né deputati né senatori, da questo incarico il Cav è stato fatto decadere il 27 novembre. In nottata la commissione Affari costituzionali dovrà varare il testo definitivo che domani 30 gennaio andrà in aula. L’ultima versione,  volta sempre a porre fine al ricatto dei piccoli partiti e a rafforzare il bipolarismo, prevede che la soglia per ottenere al primo turno il premio di maggioranza del 55 per cento sia innalzata dal 35 al 37 per cento e che la soglia per i partiti inseriti in una coalizione sia abbassata dal 5 al 4,5 per cento. C’è poi la cosiddetta norma “salva Lega” ancora allo studio, una norma secondo la quale al Carroccio scatterebbero comunque seggi se supera una certa quota almeno in tre regioni. Cosa che ha subito scatenato il malumore di Sel.

Il partito di Nichi Vendola, infatti, a differenza di quello di Matteo Salvini e Umberto Bossi, valutato al 10 per cento al Nord, è equamente distribuito su tutto il territorio nazionale e rischia di non superare il fatidico 4,5 per cento. Sono in tutto (ma questo fino al pomeriggio di giovedì 29 gennaio) 250 gli emendamenti che la commissione e poi l’aula dovranno smaltire. Il grosso, una sessantina, sono dei Cinquestelle che minacciano il Vietnam parlamentare, “be’ non lo scriva esattamente così, anche se noi promettiamo di dare battaglia”, dice a Panorama. it il deputato pentastellato, fedelissimo di Beppe Grillo, Alfonso Bonafede. E il suo collega Emanuele Cozzolino minaccia: “Questa riforma rischia di fare la fine di quella dell’articolo 138 della Costituzione che abbiamo affossato noi... In commissione l’altra notte uno dei nostri l’ha già chiamata l’Italicus...”.

Gli ultimi fuochi dei Cinquestelle? Potrebbe essere, ma certamente i grillini stanno già scaldando i muscoli per fare ostruzionismo contro una riforma che azzopperebbe il loro largo potere di interdizione, che di fatto appare, a giudicare dalla loro mosse, come la loro vera ragione sociale. Non si arrende neanche la minoranza Pd cuperlian-bersaniana. Alfredo D’Attorre,  Davide Zoggia, tutti fedelissimi di Pierluigi Bersani annunciano che daranno battaglia sia contro le liste bloccate sia contro la soglia di sbarramento al 4,5 per cento. D’Attorre: “In questo modo se nessuno degli alleati di Forza Italia la raggiungerà, il premio di maggioranza se lo prende tutto Berlusconi che passa da un 20 per cento a un 55 per cento”.

Anche l’ex viceministro Stefano Fassina è della partita: “Noi saremo responsabili, ma così non va”. Altra musica in Forza Italia: “Finalmente riforme al via” dice Anngrazia Calabria; “Vince il bipolarismo" dice Mariastella Gelmini. Ma Raffaele Fitto, in guerra con il metodo seguito nelle nomine dentro Fi, minaccia il voto contrario di una trentina di parlamentari. Lo stato maggiore azzurro però è soddisfatto. Ma Umberto Bossi, da vecchia volpe della politica, avverte: “Silvio, ha ceduto troppo, anche se il bipolarismo va salvaguardato, In questo modo rischia di far vincere Renzi e trovarsi  lui con 50 parlamentari a fronte di un  plotone di quelli di centrosionistra”.

Il Senatùr che con Salvini ha partecipato attivamente alle trattative, allude al rischio che corre il centrodestra quando si va al doppio turno, tornata in genere disertata dal popolo azzurro. E’ chiaro che aumentando la soglia dal 35 al 37 per certo il rischio di andare un’altra volta a votare diventa molto più concreto.  “Ma questo accade alle amministrative, non alle politiche e soprattutto alle prossime politiche, dove il nostro popolo sarà motivativatissimo dopo quello che hanno fatto a Berlusconi”, fa notare un parlamentare azzurro, vicino a Verdini. Al di là del percorso di mine che ora la legge elettorale rischia di trovarsi di fronte, tutto lascia pensare che sarà faticoso, ma che  la riforma alla fine  andrà in porto. Per poi  lasciare il posto alle modifiche costituzionali. Su tutto incombe la volontà di Giorgio Napolitano. Una cosa però sembra chiara: il governo ormai non ha più di un anno di vita. A meno di incidenti di percorso che in politica sono sempre all’ordine del giorno.       

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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