USA: la proposta di legge che sotterrerà la privacy sui social
Attesa per il 2016 è già passata alla Commissione Intelligence del Senato. Pochi ne parlano, ecco cosa prevede
Piattaforme iper-popolate come Facebook, Twitter e YouTube potrebbero presto sottostare alla volontà di autorità e forze di polizia nella consegna dei dati degli iscritti a causa di una legge approvata la scorsa settimana da una Commissione del Senato statunitense. Si tratta di una misura inserita nella riforma dell’Intelligence americana che non è stata ancora votata dai membri del Senato ma che si prevede di adottare entro il 2016. L’obiettivo è quello di supportare i controlli su possibili minacce veicolate su tali siti e connesse con la promulgazione dello Stato Islamico e delle attività di altri gruppi di terroristi.
Come scrive il Washington Post, la legge imporrebbe alle compagnie di tenere un occhio vigile sugli utenti per comunicare tempestivamente ogni possibile post o discussione collegabile a minacce alla sicurezza nazionale, come l’Isis o Al Qaeda. Sebbene si tratti ancora di una proposta passata solo all’interno di una commissione del Senato, peraltro quella che l’ha promossa, è bene considerare le ipotesi avanzate dai detrattori, da chi che pensa che non sia questo il modo giusto di preservare la tranquillità di una nazione, la più potente al mondo, da cui dipende il futuro di gran parte del pianeta.
I contro
“Chiedere ai grandi nomi del web di monitorare proattivamente quello che i loro utenti fanno è come obbligare le compagnie telefoniche a tenere traccia delle chiamate, messaggi di testo e cronologia di ricerca di internet – ha detto un portavoce al giornale americano – considerando la mole di persone che visita queste piattaforme e che non fa nulla di male, quello che la legge vuole imporre è un’invasione della privacy in tutto e per tutto. E personalmente credo sia anche difficile da attuare tecnicamente”.
Non sarebbe infatti semplice per i vari Facebook e co. monitorare costantemente quello che pubblicano le persone, compresi testi, foto e video. È evidente che ogni azienda può assolutamente accedere ad ogni contenuto prodotto dai suoi iscritti, e quasi sicuramente lo fa periodicamente e a campione, ma legalizzare lo spionaggio sarebbe davvero troppo, soprattutto quando ha come fine quello di creare un ponte diretto con le autorità di polizia.
I pro
Eppure c’è chi non aspettava altro. “In alcuni casi non vi è sicurezza nel fatto che le imprese siano a conoscenza di minacce attuate dai propri clienti – ha detto Michael Leiter, ex direttore del Centro Nazionale Antiterrorismo degli USA – regole come queste implicano sempre un adeguato approccio al Primo Emendamento ma non vedo perché il binomio <vedo qualcosa, denuncio qualcosa> non possa valere anche per la tecnologia”.
Come la NSA
Secondo la norma ogni compagnia che opera online, compresi i servizi email come Google e Yahoo, e che sia in possesso di informazioni su attività di terrorismo “dovrà consegnare alle autorità gli elementi che indicano tali circostanze” senza potersi opporre o controbattere. Un’assenza di bilanciamento che rappresenta tutto ciò che ha guidato sinora le azioni della National Security Agency.