Sicurezza stadi: quella tassa non è una soluzione
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Sicurezza stadi: quella tassa non è una soluzione

Già approvato dalla Camera e prossimo all'attuazione, il ddl del governo porterà più problemi di quelli che pensa di risolvere

Il mondo del calcio si sta levando contro la decisione del Governo di far pagare ai club italiani la cosiddetta “tassa per la sicurezza negli stadi”. Una misura che pare creare più problemi di quanti ne voglia risolvere. In un momento di crisi economica come quella che sta attraversando l’intero Paese, oltre che il sistema calcio italiano, attribuire le spese di polizia alle società per guadagnarsi gli applausi della folla non rappresenta certo il modo migliore per far fronte a quella che, comunque, costituisce un’emergenza concreta se pensiamo ai tristi episodi che ogni settimana si verificano dentro e fuori dai nostri impianti.

Tuttavia, al di là delle polemiche che si susseguono in queste ore contro un decreto che ormai, dopo il sì della Camera, sembra ad un passo dalla sua attuazione, ciò che sarebbe da capire è il motivo di questa decisione, oltre che la modalità con cui è stata intrapresa e, soprattutto, la credibilità del risultato auspicato. Ha ragione in questo senso il presidente Zamparini a fare riferimento al fatto che i club provvedono già alle spese per la sicurezza tramite il pagamento di tasse che ammontano complessivamente a un miliardo e duecento milioni l’anno.

Un servizio di sicurezza pubblica da far pagare ai club privati sarebbe (o sarebbe stato) da ripensare in altri termini, dal punto di vista economico come da quello giuridico. Altra cosa sarebbe, ad esempio, pensare a concordare un piano di investimenti per la ristrutturazione degli impianti e la messa in sicurezza da parte dei club (come già è avvenuto con il provvedimento che prevede la riqualificazione degli impianti, l’installazione dei tornelli e la formazione degli steward per i casi di emergenza, in buona parte a spese delle stesse società sportive). È anche in questa direzione che si sta muovendo la Virtus Lanciano, con il progetto relativo alla realizzazione di uno stadio di proprietà.

Inoltre, pagare ancora di più per il lavoro delle forze dell’ordine non risolverà certamente il problema dei disordini negli stadi: più agenti per più tempo in azione non rappresentano una soluzione valida per fronteggiare i disordini dei violenti della domenica, a prescindere da chi paga. Senza contare che gli steward presenti in campo ogni settimana hanno un potere di intervento di gran lunga inferiore ai loro colleghi stranieri, a tutti gli effetti "pubblici ufficiali" in campo. I cittadini, in tutto ciò, pagano già le tasse che contribuiscono alla retribuzione delle forze dell’ordine, così come le società.

Pensare di addossare ai club le spese degli straordinari in occasione di questi “eventi sportivi” che, a quanto pare, riguardano solo il calcio, crea solo critiche e polemiche come quelle che si leggono dappertutto in questi giorni, riducendosi ad un messaggio distorto secondo cui la politica “toglie ai ricchi per non togliere ai poveri”. Ciò riguarda indistintamente tutte le società, anche quelle che si ritroveranno a pagare quell’1-3% del ricavo dei botteghini – se non dell’intero fatturato – per contesti in cui di straordinari non c’è proprio esigenza.

Più utile sarebbe stato un provvedimento per prevenire i disordini, o per punire in maniera più concreta coloro ai quali, alla fine dei giochi, non interessa proprio nulla del calcio se non creare il panico e generare il caos cittadino ogni settimana, in barba allo sport, quello vero, l’unico che ne risentirà dopo una scelta incoerente ai danni del calcio.

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Valentina Maio

Classe 1982, sono nel mondo del pallone dal 2008. Tifosa e Presidente della Virtus Lanciano, ne ho sposato una delle bandiere e ci ho fatto tre figli. Per me la Virtus è una questione di famiglia.

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