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Dalla benedizione allo smartphone: Papa Bergoglio ha rivoluzionato usi e costumi consolidati in Vaticano. Come Matteo Renzi vorrebbe fare con la politica italiana

Permette, Santità, un selfie? Sul sagrato di San Pietro né il presidente eletto né il monarca di stirpe, resistono alla tentazione. E Papa Bergoglio si concede. Con santa pazienza, si concede. Con allegria, soprattutto. Da quando l’anno scorso un gruppo di scout di Piacenza strappò al Santo padre il primo selfie, è stato un crescendo. Fino alla "consacrazione" definitiva sul sagrato, e niente scout stavolta, ma capi di Stato e pensosi ambasciatori. Dove una volta si invocava la benedizione, si sottoponeva la supplica, si aspettava l’esortazione, adesso si posiziona lo smartphone.

"Permette, Santità?". Sempre permette. A Matteo Renzi il selfie non piace di meno. Anzi. A richiesta, la sua faccia sbuca tra quelle di Dolce e Gabbana, tra i visitatori di Vinitaly, tra i passanti intorno a Palazzo Chigi. "Permette, presidente". Sempre permette, pure lui. Nell’improbabile ipotesi che Bergoglio sia renziano, lo stesso Papa e premier risultano – si capisce, con le dovute differenze – spesso accostabili. Per gesti, modi di fare, scelte già fatte. Se Renzi ha rottamato il vecchio apparato del Pd, Francesco sta terremotando l’apparato della Chiesa. E se il primo ha dovuto affrontare (e piegare) tipi come D’Alema e Veltroni, il secondo ha fatto calare il sipario su protagonisti come il cardinale Bertone, si sottolinea una certa freddezza con il presidente della Cei cardinale Bagnasco, ha dirottato verso sedi periferiche ex potenti di Curia, ha negato la porpora ad arcivescovi di diocesi di primaria grandezza.

Un sovvertimento di abitudini secolari. E se nel suo "governo del muretto" Renzi ha fatto segnare il debutto a sorpresa di giovani come Boschi, Madia, Mogherini, Papa Francesco ha innalzato alla segreteria di Stato monsignor Parolin, il vescovo che aveva invocato "maggiore democratizzazione nella Chiesa", ha chiamato quello della diocesi più piccola, monsignor Galatino, alla segreteria della Cei, ha chiesto le meditazioni per la Via Crucis a monsignor Bregantini, una vita in opposizione alle cosche criminali.

Se Renzi ha provato a smantellare il sistema delle auto blu, con vendita delle stesse su eBay, Francesco è andato oltre: l’auto blu l’ha abolita pure per se stesso, e in questi mesi si è visto transitare su Golf, su Ford, persino su Renault 4. "Massimo cinque per ministero" ha sentenziato il capo del governo. "A me fa male quando vedo un prete o una suora con un’auto di ultimo modello. Ma non si può!" ha scandito il Papa tra le ovazioni dei seminaristi.

Hanno una gestualità comune, Renzi e Bergoglio. E se stupisce vedere il capo del governo fare ok con l’indice alzato, figurarsi se lo fa il successore di Pietro. A parte i migliori rapporti di Francesco col suo predecessore Benedetto, mentre #enricostaisereno e il suo successore in cagnesco continuano a stare, stessa gamba tesa verso il pessimismo dal Pontefice e dal premier (seppure, va da sé, con linguaggio diverso). "Abbiamo smentito gufi e rosiconi!" è la certificazione di Matteo. "Non cediamo mai al pessimismo, all’amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno" è l’esortazione di Francesco. Del resto, senza aspettare le primarie del Pd, i profeti di sventura già nella Bibbia erano evocati. E se Renzi ha ben figurato con giubbotto di pelle ad Amici, ancora meglio ha fatto Bergoglio con mantellina e senza chiodo: nientemeno che la cover di Rolling Stone.

Simile il sottrarsi a impegni finora considerati irrinunciabili. Così Renzi salta la cena con i big di tutta Europa, "Ho molti dossier a Palazzo Chigi su cui lavorare", e clamorosa fu la defezione di Francesco al concerto per l’Anno della fede. La sua sedia bianca, vuota, al centro della sala: immagine mai vista prima. "Prioritari altri impegni" fece sapere, lasciando a bocca aperta una selva di prelati. Per non dire dello sport. "Faccio fatica a contenermi quando si parla della Fiorentina" ha ammesso Matteo, spesso con cravatta viola al collo. "Que alegria!" ha esclamato Bergoglio alla notizia della vittoria in Argentina del San Lorenzo de Almagro, la sua squadra del cuore che gli portò in dono l’originale della coppa della vittoria. Selfie tutto da incorniciare, questo, per Papa Francesco. Lo scudetto dei viola chissà quando Renzi riuscirà a innalzarlo a Palazzo Chigi. Nel caso, non c’è stata partita.

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